24 Marzo 2023 - 8.54

Sarà anche carta igienica…ma….

Quando si vuole sminuire la portata di un documento, di un atto, lo si assimila alla carta igienica, che non sto qui a spiegarvi cosa sia e per che cosa la si utilizzi.

E così infatti si è espresso, paragonando appunto alla carta igienica il mandato di arresto internazionale per crimini di guerra emesso dalla Corte Penale Internazionale dell’Aja a carico di Vladimir Putin, l’ex Presidente Russo Dimitri Medvedev, il cui ruolo è ormai ridotto a quello di un cortigiano cui toccano le minacce roboanti di attacchi nucleari, le accuse di complotti, i piani fantascientifici.

Al di là di tutto siate certi che il mandato ha infastidito e preoccupato il Cremlino, perché restringe le aree geografiche in cui il Presidente russo potrà recarsi, lo degrada a livello internazionale al ruolo di criminale, e limita anche  la possibilità di azione dei suoi eventuali interlocutori. 

Prima di continuare i nostri ragionamenti credo sia utile capire cosa sia questo organo di giustizia sovranazionale. 

Le origini della Corte Penale internazionale sono da far risalire al periodo della seconda guerra mondiale,  quando vennero istituiti dei Tribunali militari internazionali. 

Il primo fu chiamato a giudicare i capi nazisti   nel Processo di Norimberga, mentre il secondo fu quello che celebrò il Processo di Tokyo. 

Come Tribunali militari, la loro competenza giurisdizionale si limitava allora ai crimini di guerra.

Dopo un iter travagliato lungo decenni, dopo numerose conferenze internazionali,  si arrivò nel 1998 su iniziativa dell’ONU all’approvazione dello Statuto della Corte, con 120 voti favorevoli, 7 contrari, 21 astenuti, e con la firma dell’Atto finale, aperto a tutte le delegazioni partecipanti (160).

Come accennato, la Corte Penale Internazionale  ha sede all’Aja, non è un organo dell’Onu (e quindi non va confusa con la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, anch’essa con sede all’Aia),  e la sua competenza è limitata ai crimini più seri che riguardano la comunità internazionale nel suo insieme, vale a dire il genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra (cosiddetti crimina iuris gentium), e di recente anche il crimine di aggressione  (art. 5, par. 1,Statuto di  Roma).

Attualmente sono 123 i Paesi che hanno sottoscritto lo Statuto di Roma, che riconoscono così la Corte Penale internazionale e quindi le sue decisioni, ma tra questi non ci sono Stati Uniti, Cina, India e Israele, e  non c’è più neanche la Federazione Russa, che ha ritirato la firma nel 2016.

Va sottolineato che neanche l’Ucraina ha sottoscritto lo Statuto di Roma, nonostante oggi plauda al mandato emesso a carico del nemico Putin!

Personalmente trovo inestetico e arrogante che questi Stati vogliano sottrarre i propri governanti al controllo ed alla eventuale incriminazione per crimini contro l’umanità, ma a ben guardare si tratta di Paesi che nel corso degli anni non sempre si sono comportati bene (o stanno comportandosi bene) nei confronti di certi popoli o di certe minoranze. 

Ma tornando allo zio Vladimir, il mandato di arresto per lui e per Marija Alekseevna Lvova-Belova, commissaria per i Diritti dei bambini presso il Cremlino(sic!), è basato sull’accusa  di deportazione e trasferimento illegale di una popolazione, in questo caso i bambini ucraini.

E’ evidente che uno degli obiettivi della Corte Penale Internazionale, nel rendere pubblico il mandato di arresto, è di fare di Putin un “paria internazionale”, impedendogli di recarsi in buona parte dei Paesi del mondo. L’altro è la speranza di sollevare le élite russe, invitandole a sbarazzarsi del loro Presidente. Ma è un calcolo la cui fattibilità è tutta da dimostrare, in quanto i capi politici e militari potrebbero essere anch’essi ritenuti responsabili di numerosi crimini internazionali. 

Come è noto, il mandato di arresto è soltanto l’inizio di un procedimento che sarà lungo, e che potrebbe anche non portare mai alla cattura degli accusati; ma non è né la “carta igienica” di cui parla il Cremlino, né un’azione dissennata che allontana la pace, come sostengono molti filorussi. 

E che si tratti comunque di una cosa seria lo dimostra la reazione dello stesso Putin che, come primo atto dopo la notizia del mandato, ha messo tra le sue tante e impresentabili condizioni per un, al momento improbabile, negoziato con l’Ucraina,  anche di essere sollevato da qualsiasi accusa internazionale.

Questa è la riprova che il mandato di cattura lo ha infastidito e preoccupato, e non solo perché offusca la sua immagine di leader, degradandola a livello planetario, ma anche perché limita i contatti con gli altri leader mondiali (chiamare al telefono un ricercato per crimini di guerra è impensabile per qualsiasi Capo di Stato), e poi perché in 123 Paesi il Presidente russo non potrà più andarci, a meno che non intenda sfidare il rischio di essere arrestato; e  tra questi ci sono paesi amici quali il Brasile, il Venezuela e anche il Tagikistan. 

Questi 123 hanno l’obbligo di arrestarlo,  ma  anche i restanti che non hanno sottoscritto lo Statuto di Roma potrebbero comunque farlo.

Per non dire che un criminale internazionale non può essere un valido interlocutore in una eventuale fase di trattative, ed in presenza del mandato di cattura non potrebbe neppure firmare un trattato di pace.

Tutto questo il Cremlino lo sa bene, e per questo ha reagito in maniera scomposta; paragonando il mandato alla carta igienica, e insultando a livello personale il Procuratore Generale della Corte, contro il quale ha anche avviato un’indagine (sic!).

Va detto poi che la Corte non può fare un processo in contumacia, quindi  per un giudizio servirebbe la cattura di Putin.

Al momento ha ragione lo zar Vladimir a sentirsi al sicuro entro i confini di Santa Madre Russia, ma le cose al mondo possono cambiare,  e anche se i soliti esperti ci stanno già spiegando che la Russia non è la Serbia, la fine di Milosevic è iniziata proprio con la pubblicazione del mandato di arresto spiccato dalla Corte per la ex-Jugoslavia.

Ironia della storia, in una fase che ormai ha il sapore dell’archeologia politica, ci sono le immagini di un discorso che Putin fece nel 2005  all’Aja, proprio alla Corte di Giustizia, in cui sosteneva con ostentata convinzione la  importanza storica di questa istituzione, il suo rilievo internazionale, la sua missione di migliorare il mondo.

Sicuramente non poteva immaginare di non poterci più mettere piede in quella sede di giustizia, se non con gli schiavettoni ai polsi.

Sic transit gloria mundi!

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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