15 Marzo 2022 - 8.49

Putin non ha cancellato il Covid!

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Nei primi giorni dell’attacco russo all’Ucraina sui social si era diffuso un post in cui si annunciava “il premio Nobel 2022 per la medicina a Vladimir Putin, per aver fatto guarire il mondo dal Covid in sole 48 ore”.
Al di là del sarcasmo, non si può negare che dal 24 febbraio il virus sia sparito dalle prime pagine dei giornali, per essere relegato in qualche “notiziola” nelle pagine interne.
Ad una lettura affrettata del fenomeno, questa repentina “evaporazione” del Covid dalle nostre vite sembrerebbe dare ragione a coloro che hanno sempre accusato la politica di aver fatto terrorismo sociale, limitando le libertà individuali a colpi di Green Pass, per poi allentare la presa per concentrarsi sui bollettini di guerra, sullo spettro del nucleare, sulle difficoltà economiche prossime venture che ci attendono.
Purtroppo non è così.
E lo testimoniano i numeri che da alcuni giorni stanno arrivando dal “fronte epidemico”, che mostrano che i tassi di positività sono di nuovo in crescita.
Ma perchè ci siamo dimenticati del virus, e di tutto quello che abbiamo passato negli ultimi due anni?
Lo scoppio della guerra ha sicuramente influito, costringendoci a guardare gli orrori che arrivano dall’Ucraina, ma non credo sia stato solo questo, perchè a ben guardare c’è stato un cambiamento nell’ “epidemia percepita”.
Fondamentale in questo cambiamento è stata la comunicazione del Governo sulla fine delle restrizioni, che ha agito su di noi come un interruttore.
Si è in sostanza diffusa la sensazione che il pericolo fosse tramontato, e che fosse iniziata la fase della fine dei divieti.
Fine dello stato di emergenza, abolizione dell’obbligo del green pass, e prima o poi forse dell’obbligo vaccinale, riapertura delle discoteche, stadi che stanno via via tornando alla piena capienza; tutti segnali che ci hanno autorizzato ad abbassare la guardia prima del tempo.
E lo abbiamo visto tutti questo cambio di passo.
Ricordo che subito dopo l’abolizione dell’obbligo delle mascherine all’aperto, passeggiando per il centro di Padova, ma era così ovunque, constatai che le persone con la mascherina indossata erano ancora la quasi totalità. Ma solo una settimana dopo, ad indossarla erano veramente pochi.
E progressivamente sono venute meno un po’ tutte le misure precauzionali, a partire dal distanziamento.
Basta andare per bar o ristoranti per rendersene conto!
Certo c’è la voglia di sentirsi finalmente fuori dal tunnel, ma la verità è che Putin potrà anche riuscire a piegare gli ucraini, ma sicuramente non ha cancellato il Covid.
Che continua a circolare, con continue mutazioni (fra cui Deltacron, e Omicron 2), approfittando anche del fatto che il nuovo clima da “liberi tutti” ha di fatto impantanato la campagna vaccinale, che non è riuscita a scalfire lo zoccolo duro dei No Vax, e creando per di più qualche problema nel chiudere il ciclo delle tre dosi con chi ha fatto le prime due.
Volenti o nolenti, nonostante gli italiani siano fra i popoli con la più alta percentuale di vaccinati, nel nostro Paese ci sono ancora almeno sette milioni di persone che non hanno fatto neppure la prima dose; e fra questi 1,7 milioni di over 50, e 2,3 milioni di bambini fra i 5 e gli 11 anni.
E queste sono le persone più a rischio, perchè sono quelle fra le quali il virus può circolare senza ostacoli.
A questo punto non si tratta di voler lanciare allarmi a tutti i costi!
Negli ospedali fortunatamente, ma soprattutto grazie ai vaccini, la situazione è ancora sotto controllo, ma non si può nascondere che da una situazione di calo consistente della curva siamo passati a un aumento di casi settimanali del 20% (per esempio, ieri 14 marzo si sono avuti 228 ricoveri in più rispetto al giorno precedente, con un indice di contagiosità al 14,8%).
E se questo trend dovesse confermarsi, i nuovi contagi potrebbero salire di un quarto ogni sette giorni.
In altre parole, il messaggio che deve passare è che è ancora troppo presto per rientrare nel pieno della normalità, per riprendere baci, abbracci e strette di mano.
Quello della caduta troppo affrettata delle precauzioni individuali, e della conseguente risalita dei contagi, non è un dato solo italiano.
Omicron 2 sta determinando un nuovo aumento dei casi in tutta Europa, anche se nessun paese registra al momento segnali preoccupanti nei propri ospedali. In Inghilterra la risalita è iniziata circa 10 giorni prima che in Italia, verso la fine di febbraio, e attualmente i casi sono oltre i 65 mila quotidiani. Anche in Danimarca e in Francia le infezioni stanno risalendo da inizio marzo, come pure in Germania, che in questo momento registra la situazione in Europa più preoccupante con oltre 300 mila casi giornalieri, un dato stratosferico anche per un Paese di 80 milioni di abitanti.
Ma quello che fa pensare sono le notizie che arrivano dalla Cina.
E’ vero che in quel Paese hanno sempre perseguito la drastica politica del “contagio a zero”, ma in questi giorni si parla di numeri che non si vedevano dal 2020, dai giorni di Wuhan per capirci.
Da Hong Kong e Shenzhen al sud a Shanghai sulla costa est e su fino all’estremo nord-est della provincia di Jilin, l’Impero del Dragone si ritrova, dopo due anni di successi in termini di numeri nella gestione del coronavirus, a combattere, a colpi di lockdown, con una nuova ondata di Covid che sperava di non dover affrontare più.
L’occhio del ciclone è Hong Kong, che ormai conta il tasso di morte per milione di abitanti più alto al mondo, con immagini scioccanti diffuse sui social che mostrano cadaveri dentro sacchi grigi nelle stanze del Queen Elizabeth Hospital, a terra, accanto ai pazienti intubati, visto che gli obitori sono ormai pieni.
E non va dimenticato che stiamo parlando di un Paese con le frontiere praticamente sigillate.
Per concludere, nessuno vuole fare il menagramo, né tanto meno si auspica di tornare alle restrizioni imposte dall’alto.
Ma per evitare di trovarsi con una nuova ondata magari all’inizio dell’estate, è sufficiente un po’ di autodisciplina, di prudenza individuale.
Basta insomma continuare ad indossare la mascherina nei locali chiusi, tenere la distanza di sicurezza, e igienizzare le mani.
Lo abbiamo fatto per due anni, non sarà qualche mese in più a fare la differenza.
Anche per evitare che alle inevitabili pesanti conseguenze economiche conseguenti alla guerra, sia aggiungano quelle di una eventuale ripresa della pandemia.

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