10 Agosto 2022 - 9.47

PILLOLA DI ECONOMIA – La prima truffa italiana basata sui bitcoin è made in Veneto

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Era scontato che prima o poi capitasse anche in Italia!

Circa un mese fa la Federal Trade Commission statunitense aveva reso noto che nei 14 mesi tra gennaio 2021 e marzo 2022 la stima delle truffe realizzate utilizzando le criptovalute ammontavano a più di 1 miliardo di dollari.

Possibile che mancasse all’appello la creatività italica?

E quando mai!

Ed infatti è successo, e guarda caso con la New Financial Technology, una società nata nel 2020 a Silea, nel trevigiano, ma con sede legale a Londra, e ramificazioni anche a Stoccolma e Dubai.

Nella “Marca Trevigiana” sembra siano interessati circa 200 investitori, ma si stima che in tutta Italia siano circa 6.000 le persone (fra Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia, Lazio ecc.) che sono state attirate dal fascino discreto delle criptovalute, e dalla promessa di rendite altissime.

Già perché la società garantiva rendite “mensili” (sic!) del 10% grazie ad un algoritmo in grado di analizzare il mercato, ed individuare le migliori opportunità di investimento.

In pratica la New Financial Technology prometteva guadagni grazie ad un semplice meccanismo di arbitraggio fra valute.

Per fare un esempio, un bitcoin in un determinato momento può valere qualche dollaro in più o in meno su una piattaforma piuttosto di un’altra. Giocando su queste differenze di valore la NFT si garantiva guadagni e distribuiva utili.

Il “giochino” è durato circa quattro anni, ma a partire dal 2022 il crollo delle criptovalute, e la volatilità del mercato legato ai bitcoin e affini, ha cambiato tutto.

Anche per la New Financial Technology evidentemente, in cui gestori hanno improvvisamente pensato di rendersi irreperibili, non prima di aver emesso un bel comunicato su Telegram in cui si dice che “La società si è trovata ad affrontare problematiche interne non previste, e quindi ha deciso di effettuare un riassetto tutelando per primo il capitale depositato dai clienti, programmando una restituzione”. E proseguendo: “C’è tutta l’intenzione di rifondere ogni investitore per il flottante in lavorazione”.

Già, se non che è noto che “di buone intenzioni e lastricato l’Inferno”.

Il messaggio comunque metteva in chiaro inequivocabilmente che di fatto i prelievi da parte degli investitori erano bloccati.

Di quanti soldi parliamo?

Difficile dirlo, ma le stime parlano di una somma fra i 50 ed i 100 milioni di euro, anche se le verifiche, il condizionale è d’obbligo vista la dovuta presunzione di innocenza, forse le dovrà fare qualche Pubblico Ministero.

Gli avvocati dicono che probabilmente venerdì verrà depositata una denuncia collettiva in Procura.

Se si sia trattato del solito “Schema Ponzi”, in cui gli interessi dei clienti vengono pagati non con rendite ma con i soldi portati con una catena ininterrotta da altri investitori, ce lo diranno le cronache future, e vi dico la verità che la cosa mi emoziona poco.

Perché quel che mi interessa invece è sottolineare che a rendere possibili tali situazioni non è l’abilità dei gestori, bensì l’ ignoranza e l’avidità delle persone.

Che quando due o tre anni fa hanno affidato i loro soldi alla New Financial Tecnology (furbi i fondatori ad utilizzare una ragione sociale in inglese, che dà sempre una pennellata di internazionalità) non si sono posti l’unica domanda che dovevano porsi: “Ma come è possibile che in un mercato a tassi negativi questi “geni della finanza in salsa blockchain” possano garantire interessi mensili del 10%?

Sarebbe bastato essere meno avidi, e adesso non sarebbero alle prese con le ansie e le angosce di aver perso i loro soldi.

L’importante è che queste “volpi” non immaginino adesso di rivolgersi allo Stato per essere rimborsati, magari accampando fantomatiche carenze di controlli delle Autorità di vigilanza, come avvenuto in occasione del fallimento di alcune Banche.

Non stupitevi, perché in un Paese “normale” il solo pensarlo sarebbe una follia, ma cosa volete, il momento potrebbe anche essere magico ed irripetibile per i nostri poco avveduti investitori, perché in campagna elettorale i nostri Demostene in cambio di qualche voto sono disposti a promettere anche la mitica “luna nel pozzo”.

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