27 Febbraio 2023 - 8.51

PILLOLA DI ECONOMIA – Giorgia Meloni alla guerra delle “poltrone”

Ci sono cose nella vita che non si imparano sui libri.  Una di queste è come funziona la politica.

Io per molti anni, ma parliamo della Prima Repubblica, ho militato, anche in ruoli di responsabilità, nel Partito Repubblicano Italiano.

I giovani sicuramente non ne hanno mai sentito parlare, ma i “diversamente giovani” si.  

Un Partito di area liberal-democratica, che negli anni della Dc, del Pci e del Psi, non ha mai raggiunto le dimensioni di un partito di massa.

E imparai subito che quando si trattava di spartire il “potere” i numeri contavano, eccome se contavano.

Ricordate sempre che, allora come adesso, per le Forze politiche il potere non  sta solo nei Ministeri, e qualunque poltrona viene considerata importante per piazzare un proprio aderente, o quanto meno un “amico”.

Normalmente si parla al riguardo di “posti di sottogoverno”, ma badate bene che fra questi ci sono poltrone di grande importanza.

Capite che in quest’ottica noi del Pri difficilmente riuscivamo a “conquistare” qualcuna di queste poltrone “di peso”; perché come vi dicevo alla “fiera dei posti” tutto veniva spartito sulla base dei dati elettorali.

Bene, ricordo che per una volta avevamo ottenuto un posto di un certo rilievo in un Ente padovano, per il quale avevamo indicato un amico professore universitario molto competente in quella materia.

Ad un certo punto, nell’ambito della gestione dell’Ente,  questi fece qualche scelta che io approvavo, ma che invece non era condivisa da altri maggiorenti del Partito.

Non dimenticherò mai che uno di questi un giorno mi disse: “Ricordati che il professore occupa quel posto ANCHE perché è bravo”.

Capite bene che in quell’ ANCHE sta tutta l’arroganza della politica di voler condizionare anche la gestione degli Enti a partecipazione pubblica, attraverso gli uomini piazzati ai vertici.

In altre parole il messaggio era: il professore può pure essere bravissimo nel suo campo, ma se il Partito non faceva il suo nome  quel posto se lo sognava, e di conseguenza è là per fare ciò che vogliamo noi.  

Questo passaggio mi è tornato in mente in questi giorni leggendo  delle tensioni che ci sarebbero nell’attuale maggioranza di governo relativamente alle nomine da fare nelle grandi Partecipate pubbliche.

Non stiamo parlando del “dopolavoro di Roccacannuccia” (che comunque i Partiti non butterebbero via, credetemi), bensì dei vertici di “cosucce” tipo Enav, Enel, Eni, Leonardo, Poste, Terna (chiamate anche nell’ambiente “Le sei sorelle”), più una sessantina di controllate.

Alcune sono aziende giganti; tanto per capirci Poste ha 121 mila dipendenti, Eni 31 mila, Enel 66 mila.

Stiamo parlando di almeno 80 super-poltrone  nei Cda, fra cui Presidenti e Amministratori delegati.

Capite bene che di fronte a questa “torta”, a tutto questo “Ben di Dio”,  il clima politico non possa che  diventare  rovente.

Ma la partita questa volta travalica anche il consueto “mercato delle vacche”, perché Lega e Forza Italia vogliono non solo ricordare a Giorgia Meloni che  sono anche loro della partita, ma nel contempo fare pressioni su di lei per decapitare Presidenti e Ceo “non allineati politicamente”, al fine di imprimere una sterzata nelle  scelte e nelle alleanze internazionali di almeno un paio di “Sorelle”, di cui si critica implicitamente l’orientamento atlantista o comunque favorevole al rafforzamento materiale della coalizione anti Putin (penso alla politica africana dell’Eni e alle future commesse di Leonardo).

Ovviamente è stata costituito un gruppo di lavoro formato da uomini e donne designati dai Partiti, con il compito di fare proposte e soprattutto trattare sui nomi.

Data la posta in gioco, a quanto trapela le tensioni e le pressioni sono tali che la premier sembra sia intenzionata a non sottostare ad alcun “diktat”, ed intenda scegliere da sola almeno gli Ad di Eni, Enel e Poste.

E sembra anche che voglia mettere in campo tutto il suo peso, tanto da minacciare di rimettere il proprio mandato: “Sulle nomine mi gioco la reputazione. Nessuno deve condizionarmi o mettere veti”.

Si vocifera che lo scontro più feroce sia sull’Ad di Eni Descalzi, che Meloni vorrebbe confermare.  

La premier ritiene Claudio Descalzi una “pietra angolare”, e tanto  per essere più chiara avrebbe detto: “Chi indebolisce lui, vuole indebolire me. Io non apro un suk”.

In alternativa a Descalzi pare che Lega e Forza Italia abbiano in mente una vecchia conoscenza, Paolo Scaroni, ma questa proposta viene valutata dai Fratelli d’Italia come una provocazione: “Ha operato per anni in Russia. In questo momento non sarebbe opportuno”.

E qui torna inevitabilmente in campo l’aneddoto che vi ho raccontato circa il famoso “ANCHE”.

Mi spiego meglio.

E’ evidente che Lega e Forza Italia vedono questa partita delle nomine come facente parte dello “Spoil System” (pratica politica, nata negli Stati Uniti d’America tra il 1820 e il 1865, secondo cui gli alti dirigenti della pubblica amministrazione  cambiano con il cambiare del governo), e non stupisce quindi che pongano con forza la questione  che, a loro avviso, ci sono troppi manager di sinistra, o comunque scelti da sensibilità politiche lontane da questo Governo.

Ecco la logica dell’ANCHE:  secondo cui un Ad di una grande Azienda pubblica deve essere politicamente allineato con il Governo di turno.

Giorgia Meloni, che da quando è Presidente del Consiglio sembra stia invece cercando di superare in alcuni ambiti le logiche di schieramento, non la vedrebbe così, ed al riguardo sembra abbia dichiarato “Non mi importa se siano di sinistra, mi importa che siano bravi”.

Ricordate sempre che la partita delle nomine è quanto di più “machiavellico” ci possa essere, un gioco ad incastro in cui spesso un Partito sembra puntare su una poltrona, quando in realtà mira ad un’altra.

Allo stato dell’arte sembra che la Meloni sarebbe disposta a cedere agli alleati sulle Presidenze delle tre società, ma non sugli Ad. 

Ed i tre nomi li avrebbe già in testa: Descalzi verrebbe confermato all’ Eni, Del Fante alle Poste, e Donnarumma si dovrebbe spostare da Terna all’Enel.

Al momento nulla è ovviamente deciso, e probabilmente siamo solo alle prime schermaglie di un confronto che potrebbe disturbare, e non poco, la premier Giorgia Meloni.

Perché in gioco c’è la sua centralità, conquistata alle urne, e la questione, credetemi, viene monitorata anche dalle Cancellerie degli altri Stati.

Vedremo come saprà uscirne.

Umberto Baldo 

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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