2 Marzo 2022 - 10.08

Per il mondo della musica non è il momento di tacere!

di Alessandro Cammarano

(nella foto: la foto pubblicata dal soprano russo Anna Netrebko sul proprio profilo Instagram, subito cancellata, nella quale viene acclamata assieme al maestro considerato ‘filo-Putin’ Valerij Gergiev)

Il rapporto tra artista e politica è questione sulla quale si dibatte da sempre, spesso con contrapposizioni nette tra linee di pensiero che il più delle volte corrono parallele.

Chi scrive appartiene a coloro che reputano che la cultura debba necessariamente “sporcarsi le mani” prendendo posizioni decise ed eventualmente scomode – in un senso e nell’altro – nei confronti della politica e della società.

Le vicende tragiche che scuotono il mondo in queste ore – e che a giudicare dalle notizie martellanti e sempre più drammatiche non termineranno nel breve periodo – costringono imperativamente a schierarsi.

L’invasione dell’Ucraina – che per inciso è storicamente il nucleo primigenio della Rus’ che in Kiev ebbe il suo centro principale nel IX secolo e che della Russia attuale è sorella naturale – oltre ad essere un abominio da condannare senza gli immancabili “sì ma …” tanto cari a coloro i quali fanno del benaltrismo il loro stile di vita è tristemente anche metro per misurare chi ha il coraggio di esprimere le proprie idee e chi invece decide di far finta di non vedere.

La musica non fa eccezione e proprio la musica – tra le arti la più facile da diffondere – ha visto nascere polemiche e contrapposizioni a non finire.

Quello che sta succedendo intorno e fra le stelle di massima grandezza nel panorama musicale russo sta assumendo proporzioni – anche per via dell’enorme risonanza sui social media – davvero gigantesche.

Il primo a finire nel mirino è stato Valerij Gergiev, meraviglioso direttore e membro influente del cerchio magico di Vladimir Putin: impegnato nelle recite della “Dama di picche” alla Scala di Milano è stato allontanato da podio dopo che il sindaco Sala gli aveva chiesto una posizione di condanna all’invasione russa dell’Ucraina e avendo ricevuto un silenzio eloquentissimo.

Da qui la cancellazione dei concerti previsti alla Carnegie Hall di New York, il licenziamento dalla direzione del festival di Verbier e dalla Filarmonica di Monaco, infine i due concerti che avrebbe dovuto tenere in agosto al Festival di Lucerna insieme alla sua orchestra del Teatro Marinskij. Nei loro comunicati ufficiali tutte queste istituzioni hanno motivato la loro decisione a seguito del rifiuto di Gergiev di condannare l’invasione dell’Ucraina.

Apriti cielo! I sostenitori della “superiorità dell’artista in quanto tale, qualunque cosa accada” si sono scatenati stracciandosi le vesti in nome della libertà negata e della grettezza intellettuale di chi ha operato questa scelta che per inciso trovo perfettamente condivisibile.

Un’altra celebre star, Anna Netrebko, ha scelto invece un atteggiamento più sottilmente pilatesco che si va trascinando da qualche giorno e con repentini cambiamenti di sfumature.

Dando forfait alle recite milanesi dell’”Adriana Lecouvreur” in programma nei prossimi giorni con un secco “sto benissimo ma non vengo a cantare” smentendo il teatro aveva cavallerescamente annunciato la sua assenza adducendo motivi di salute.

La Netrebko aveva diffuso nei giorni scorsi un comunicato che aveva fatto ben sperare e nel quale testualmente affermava “Prima di tutto: sono contraria a questa guerra. Sono russa e amo il mio Paese ma ho molti amici in Ucraina e la pena e il dolore ora mi spezza il cuore. Voglio che questa guerra finisca e che la gente possa vivere in pace. Questo è ciò che spero e per cui prego”.

A questo – e il sospetto che la manina di Gergiev si sia insinuata è più che legittimo – è seguito un altro post, degno del peggior doroteo, che recita “Obbligare artisti, o qualsiasi figura pubblica, a dar voce alle loro opinioni politiche in pubblico e a denunciare la loro patria non è giusto. Questa dovrebbe essere una libera scelta. Come molti dei miei colleghi, io non sono un politico, non sono un’esperta di politica. Sono un’artista e il mio scopo è unire le persone divise dalla politica”.

Peccato che più di un artista, e non solo nell’Unione Sovietica di Stalin e Beria, abbia pagato con la vita il suo impegno politico; se la sua idea era di unire direi che non c’è riuscita, anzi.

Penultimo atto della vicenda la sua cancellazione di due recite alla Opernhaus di Zurigo dopo che il teatro svizzero, pur apprezzando la presa di posizione – per altro sollecitata – del soprano contro la guerra l’abbia giudicata insufficiente. Da qui, con altro comunicato la Netrebko ha annunciato un abbandono delle scene riservando a tempi migliori il suo ritorno. Un po’ malignamente il sito Slippedis.com chiosa con un “Per quanto lunga sia la loro assenza, sembra improbabile che lei e suo marito Yusif Eyvazov recuperino mai lo status di élite di cui hanno goduto a lungo nei principali teatri d’opera del mondo”.

Ultimo atto: sul suo profilo Instagram era apparsa una foto con Gergiev – sempre lui – accompagnata da un post che recitava testualmente “Ho detto che sono contro questa insensata guerra di aggressione e mi appello alla Russia perché termini immediatamente la guerra, per la salvezza di tutti noi! Abbiamo bisogno di pace! #friendship”. Una posizione chiara, finalmente, sparita però poche ore dopo – del post resta solo la fotografia con il direttore-zar – e il profilo passato da pubblico a privato su invito. Una posizione il soprano l’aveva dunque presa, la censura del suo paese sembrerebbe aver fatto il resto.

Chiaro da subito il pensiero di altri artisti, dalla direttrice d’orchestra ucraina Oksana Linyv al mezzosoprano lettone Elina Garanca che hanno immediatamente condannato l’invasione e insieme con loro più di un musicista russo – dal pianista Kissin al violinista Spivakov e insieme con loro attori e intellettuali russi – che non ha esitato a schierarsi decisamente contro la guerra e contro Putin.

Il giovane direttore russo Andrej Boreyko, nelle ore in cui il sindaco di Milano chiedeva conto a Gergiev della sua posizione – dirigeva l’inno ucraino prima di iniziare il suo concerto con l’Orchestra Verdi.

La testimonianza più forte è venuta comunque da Elena Kovalskaya, direttrice del moscovita Teatro Statale Meyerhold, che dimettendosi dall’incarico scriveva “Amici, in segno di protesta contro l’invasione russa dell’Ucraina, mi dimetto. È impossibile lavorare per un assassino e riscuotere uno stipendio da lui”, seguita da una risposta ufficiale del Teatro che recita “L’attacco della Russia ora è in tragico conflitto con la nostra missione. Non possiamo tacere su questo”.

Esatto. La cultura non può sottrarsi dal prendere posizione. Schierarsi è imperativo.

Alessandro Cammarano

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