4 Aprile 2023 - 8.39

Par tèra, par mar: San Marco!

Certo che noi italiani siamo insuperabili nel dividerci su tutto, nel montare polemiche che finiscono pure nei “giornaloni” nazionali”, anche relativamente a tematiche che a mio avviso hanno a che fare più con il folklore che con la politica.

A cosa mi riferisco?

Ad esempio alle discussioni che sono nate quando Luca Zaia ha manifestato la volontà di dotare il Veneto di un proprio “Inno”.

Non è un’idea nuova in realtà.

Nel 2009 era stata l’Associazione Veneto Nostro a invitare l’allora governatore del Pdl, Giancarlo Galan, ad adottare l’inno di Brunelli composto sulle note di Juditha Triumphans, un’opera scritta da Vivaldi nel 1716 per celebrare la riconquista di Corfù, ultima frontiera della potenza marittima della Serenissima assediata dagli ottomani.

Nove anni dopo, ci riprovò  l’indipendentista Antonio Guadagnini, ma per far approvare la proposta, presentata nella commissione Affari Istituzionali, occorrevano 26 voti. 

Ne arrivarono 25, in quanto all’appello mancò il leghista Fabiano Barbisan, che a sorpresa si astenne. 

Questa volta si è scelta la strada meno impervia, quanto a maggioranza richiesta, della legge regionale ordinaria, e la proposta firmata dal Capogruppo della Liga Veneta Giuseppe Pan e da altri consiglieri ha già ottenuto l’ok della Commissione Cultura, e a breve arriverà in Consiglio regionale per l’approvazione definitiva.

A favore della proposta si sono espressi ovviamente i consiglieri della Lega-Liga Veneta; contro i membri di opposizione Pd e Veneto che vogliamo. 

I consiglieri di Fratelli d’Italia, che le volte procedenti erano contrari, in questa occasione si sono astenuti,  il che in politica equivale ad un via libera.

Tecnicamente il progetto prevede che sia la Giunta regionale ad individuare testo e musica, stabilendo in quali ricorrenze e cerimonie debba essere eseguito, e anche le modalità di esecuzione, nel rispetto del cerimoniale di Stato per l’inno nazionale della Repubblica Italiana.

Comunque per la scelta dell’inno è stato raccomandato che venga istituita una apposita Commissione. 

A provare a mettere qualche bastone fra le ruote potrebbe essere Vanessa Camani del Pd, correlatrice di minoranza, la quale ha annunciato emendamenti da parte delle opposizioni, in considerazione, ha spiegato: «della valenza politica e ideologica» del provvedimento, e degli «ampi margini di discrezionalità” lasciati alla Giunta regionale.

Dal punto di vista strettamente “musicale” l’indicazione sarebbe quella di scegliere tra “motivi esistenti” o di “nuova ideazione”, anche se si è capito che i leghisti immaginano un brano “identitario”, magari in lingua veneta, ma non strumentalizzabile politicamente, e non “contro” gli inni d’Italia e d’Europa, bensì ad integrazione. 

Venendo a qualche considerazione, io penso che Luca Zaia ed i suoi uomini avrebbero potuto tranquillamente scegliere un altro momento per tornare alla carica con l’ “Inno del Veneto”, magari dopo la conclusione dell’iter per l’Autonomia differenziata, che nonostante il clima apparentemente disteso sono certo troverà molti ostacoli quando si affronteranno i problemi veri, che sono sempre quelli relativi alle risorse, agli schei” per dirla alla veneta. 

Quanto all’opposizione, nel 2018 l’ostruzione più dura arrivò dall’esponente di LeU, Piero Ruzzante, che presentò 37 emendamenti pur di bloccare l’iter, e così si esprimeva: “È una proposta inaccettabile. Chiunque lo ascolti capisce subito che si tratta di un inno di partito; l’inno degli indipendentisti”.

Vedremo a breve i toni degli esponenti regionali del Partito Democratico, ai quali consiglierei di non prendersela troppo a cuore, perché di inni “identitari” ne è piena l’Europa.

Ad esempio in Francia sono ormai una consuetudine in Alsazia, Bretagna, Corsica e Provenza. In Germania, basti pensare al Bayernhymne, che dal 1946 rappresenta il länder più esteso della Germania, e se li suonano e se li cantano anche gli stati di Amburgo, Baden-Wüttemberg, Hesse e Saarland. 

Hanno un loro inno le province olandesi e gli stati federati austriaci, e un pò tutte le Comunidades Autónomas spagnole.

E non costituirebbe un “unicum” neanche nella nostra Italia, dato che già cinque regioni hanno i loro personalissimi canti cerimoniali: tre a statuto speciale, come Sicilia (“Madreterra”, di Vincenzo Spampinato, scelto nel 2003), Valle d’Aosta (“Montagnes Valdôtaines”, composto da Alfred Roland nel 1832, ufficiale dal 2006) e Sardegna (“Su patriotu sardu a sos feudatarios”, scritto da Francesco Ignazio Mannu nel 1794 e adottato nel 2018). 

Poi dal 2014 c’è anche “Lombardia, Lombardia”, firmata Mario Lavezzi e Giulio Rapetti Mogol.

Ed il proprio inno da circa 15 anni ce l’hanno pure le Marche, con un  brano senza titolo di Giovanni Allevi e Giacomo Greganti.

Per questi motivi, a proposito di questa “ansia da inno”, mi sento di parlare di folklore.

A meno che, ma sono sicuro che non è così, qualcuno non pensi ad un inno veneto che possa avere la stessa valenza di “El Segadors”, inno nazionale della Catalogna,  di “Scotland the Brave”, inno nazionale scozzese, di “Eusko Abendaren Ereserkia” della Comunità basca, tanto per fare qualche esempio; perché quelli citati sono  inni che accompagnano concrete rivendicazioni autonomiste di queste regioni.

Ma francamente sembrano quasi preistoria politica gli anni caldi in cui Umberto Bossi a Venezia invitava le signore a “mettere il tricolore nel cesso”, e qualunque manifestazione leghista iniziava e si chiudeva con l’inno della Padania libera “Và pensiero”.  

Sicuramente qualche nostalgico di quei tempi, con la camicia verde ben stirata nell’armadio assieme al fazzoletto con il “Sole delle Alpi” ci sarà ancora, ma ormai siamo all’amarcord.

Non vedo più queste tensioni, visto che dall’indipendenza e dai tanko, si è passati alla più praticabile e tranquilla autonomia differenziata.

Quindi aspettiamo sereni il nuovo inno di noi Veneti, relativamente al quale fra i più accreditati sembra ancora essere  “Na bandiera, na léngoa, na storia”, tratta dal citato pezzo di Vivaldi Juditha Triumphans.

Che chiude con queste parole Viva! Viva! Viva! Libartà!  Senpre! Senpre! Senpre! Libartà!  , spesso anche con l’urlo finale: Par tèra, par mar: San Marco!

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Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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