27 Febbraio 2023 - 11.47

L’orso dei Berici e altri animali fantastici della tradizione popolare: tra burla e leggenda

Animali fantastici e dove NON trovarli… di Alessandro Cammarano

Qualche giorno fa l’agenzia ANSA, mica la Gazzetta di Roccaspaccata, riportava la seguente notizia: “Un orso di taglia media è stato avvisato in località Monte Palu’ nel comune di Lonigo (Vicenza) una zona che si trova prossimità di altri due comuni del Vicentino: Alonte e Val Liona. La polizia forestale – riporta una nota inviata dai sindaci di tre Comuni e pubblicata sui social – dopo un sopralluogo ha confermato la presenza di impronte. I primi cittadini invita tutta la popolazione alla massima cautela ed attenzione, precisando che in caso di incontro “si consiglia di evitare movimenti bruschi, di non gridare e, possibilmente, di mantenere la calma e rimanere immobili, allontanandosi molto lentamente. In ogni caso di avvisare il 112”. Il flash è stato prontamente ripreso dalla stampa locale e il caso è ovviamente “montato”, fino alla deflagrazione. Il palmipede “di taglia media” – dunque più tipo orso dal collare che non un grizzly – è stato cercato intensamente fin quando non si è compreso che si trattava semplicemente di un cagnone peloso e inoffensivo: da Yoghi a Fido in un battito di ciglia.

A onor del vero Tviweb aveva riportato i fatti seguendo un correttissimo principio di cautela, usando il condizionale e lasciando spazio al dubbio e alla necessità di ulteriori verifiche: abbiamo avuto ragione.

A questo punto l’indagine vera andrebbe condotta concentrandosi sugli intrepidi avvistatori della belva mellivora, con il sospetto che un’ombra di troppo abbia annebbiato la capacità di percezione e acuito oltremodo la fantasia.

L’episodio berico non è il primo e non sarà l’ultimo; da sempre l’uomo è convinto di vedere creature più o meno fantastiche intorno alle quali si costruiscono narrazioni tanto fantasiose quanto affascinanti.

Lasciando perdere l’antichità classica – quando si combatteva contro l’Idra di Lerna o si rispondeva agli indovinelli della Sfinge, cercando di non farsi pietrificare dallo sguardo di Medusa – concentriamoci sul presente con qualche incursione nel passato più prossimo.

Il “mostro” più antico è senz’altro Nessie, ovvero il simpatico mostro di Loch Ness: il primo a citarlo fu, nel VI secolo il monaco irlandese Adamnano di Iona descrisse in una sua opera, Vitae Sancti Columbaeun fatto avvenuto oltre un secolo prima. a dar retta ad Adamnano, nel 566 il monaco irlandese San Columba di Iona si trovava nella terra dei Pitti con i suoi compagni, quando incontrò dei residenti locali che seppellivano un uomo vicino al fiume Ness. Essi spiegarono che l’uomo stava nuotando nel fiume quando fu attaccato da una “bestia d’acqua” che lo sbranò e lo trascinò sott’acqua, nonostante i loro tentativi di salvarlo in barca. Columba allora mandò un seguace, Luigne moccu Min, a nuotare nel fiume. La bestia gli si avvicinò ma Columba fece il segno della croce e ordinò: “Non andare oltre. Non toccare l’uomo. Torna indietro subito”. Allora la creatura si fermò come se fosse stata “tirata indietro con delle funi” ed i due fuggirono. In seguito gli uomini di Columba ed i Pitti resero grazie per questo avvenimento, che interpretarono come un miracolo.

Da lì fino al 1930 più nulla, poi una marea di testimonianze, foto, filmati, interviste: insomma Nessie lo avevano visto tutti.

Certo che il povero mostro, sempre solissimo, dovrebbe avere passato da qualche secolo i mille anni di età, il che è fisiologicamente impossibile, ma per i sostenitori della sua esistenza il particolare è irrilevante del tutto e intorno al lago scozzese è nata una fiorente industria di souvenir mostreschi.

Buon secondo arriva lo Yeti altrimenti detto l’”abominevole uomo delle nevi” – roba da far rabbrividire le vestali del politicamente corretto e del “culture cancel” – di cui le popolazioni himalayane riferiscono da sempre. Il povero essere peloso è stato “visto” pure da un bel numero di escursionisti, ma bisogna tenere conto che l’aria rarefatta e le basse temperature possono giocare brutti scherzi, nonostante impronte e strane ossa ritrovate.

Popolarissimo anche il cugino americano, vale a dire il Big Foot o Sasquatch che dir si voglia: nemmeno di questo, nonostante trappole e videocamere piazzate ovunque, c’è traccia, però pure lui lo hanno incontrato tutti.

In Africa si troverebbe un altro mostro acquatico, il Mokele Mbembe, la cui prima descrizione fu data da un missionario francese, l’abate Proyar, 1766, che lo descrisse come un ibrido tra un elefante, un ippopotamo e un leone, con un collo di giraffa e una lunghissima coda da serpente. Questo animale avrebbe avuto quindi la pelle liscia di colore grigio/bruno, con una mole da elefante, una testa piccola e un collo elastico lungo dai due ai tre metri. Questa ed altre descrizioni farebbero pensare ad un dinosauro tipo apatosauro. I pigmei dicono che avrebbe quattro zampe possenti che producono impronte facilmente visibili. Resta da capire che cosa bevano i pigmei.

Grazie a quel genio della comunicazione che è Roberto Giacobbo, autore e conduttore di “Voyager” che poi è la versione italiana di “Enigmi alieni”, abbiamo imparato a conoscere tutta una serie di animali usciti direttamente dai Bestiarii medievali – quelli dove si davano per esistenti la Manticora e l’Unicorno, per intenderci – e che secondo il divulgatore romano vivono tra noi.

Il suo scoop più grande riguardò, alcuni anni fa, il famigerato Chupacabras centroamericano: ore di trasmissione a cercare tracce, a intervistare vecchietti che lo avevano incontrato, testimonianze di ovini sopravvissuti miracolosamente, per arrivare finalmente allo scheletro del terribile predatore che alla fine somigliava tantissimo a quello di un puma o di un altro carnivoro simile. L’effetto mescal è sempre dietro l’angolo.

Un capitolo a parte meriterebbero gli alligatori nelle fogne di New York e i pitoni che infestano i grattacieli di Miami, passando per le pantere nella più nostrana pineta di Castelfusano, ma è tardi, mi hanno chiamato a studiare delle ossa enormi scovate in Sardegna: se non sono di un gigante speriamo che almeno vadano bene per il brodo.

Alessandro Cammarano

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