27 Luglio 2022 - 16.35

La legge elettorale, questa sconosciuta… (qualche spiegazione)

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di Umberto Baldo

Quando andiamo ad assolvere il nostro dovere di cittadini-elettori, l’unica cosa che ci viene richiesta è di apporre una croce sul simbolo del Partito che in quel momento valutiamo più affine alle nostre idee politiche.

Dopo di che, a scrutinio avvenuto, consultiamo su giornali e media le tabelle con i risultati, gioendo o rammaricandoci per gli stessi.

Poco o nulla sappiamo in genere di quello che avviene fra questi due momenti, e mi riferisco in particolare ai meccanismi in base ai quali si arriva ad assegnare i seggi parlamentari, che vengono regolati da un’apposita normativa detta Legge elettorale, norma fondamentale perché è quella che garantisce la democrazia rappresentativa.

Inutile discettare qui sulla frequenza con cui in Italia cambiamo le leggi elettorali rispetto alle democrazie più mature, ma in fondo anche questa è la peculiarità di un sistema politico instabile, in cui la maggioranza cerca sempre di perpetuare il proprio potere cambiando in corsa le regole del gioco.

Poiché credo sia invece importante avere almeno un’idea di come funzionano le elezioni, cercherò di darvi qualche indicazione al riguardo, avvertendovi fin da subito che si tratta di materia piuttosto ostica, da addetti al lavori, tanto che mi è addirittura capitato di scoprire che anche qualche “onorevole” aveva una conoscenza alquanto lacunosa e superficiale dei tecnicismi elettorali.

In primis bisogna partire da alcuni concetti di base, non conoscendo i quali sarebbe inutile andare avanti.

La prima cosa da sapere quando si parla di legge elettorale è la differenza tra “sistema proporzionale” e “sistema maggioritario”.

Semplificando al massimo si può dire che nel sistema elettorale maggioritario vince il singolo candidato che ottiene il maggior numero dei voti, nel proporzionale l’elezione di un parlamentare si gioca sul numero dei voti assegnati ad un partito o ad una lista.

Quindi in linea generale si può affermare che le leggi elettorali possono basarsi su uno di questi due sistemi, o su un ibrido tra i due, come è il caso della nostra attuale normativa, nota con il nome di “Rosatellum”.

Altro concetto fondamentale per la comprensione è quello di collegio elettorale, che in parole povere corrisponde a ciascuna delle parti in cui viene diviso il territorio italiano al fine di eleggere deputati e senatori.

Occorre poi distinguere fra collegio uninominale, nel quale si presenta un solo candidato per ogni partito (o coalizione), e collegio “plurinominale” in cui si presentano più candidati (listino bloccato).

A questo punto, ricordando che la riforma costituzionale del 2019 ha quasi dimezzato il numero dei parlamentari (da 945 a 600) rendendo necessario un completo ridisegno dei collegi elettorali, con la nuova mappa i collegi uninominali, assegnati con il sistema maggioritario sono 221 (147 alla Camera e 74 al Senato), mentre quelli plurinominali sono 367 (245 alla Camera e 122 al senato). Per quadrare i conti bisogna aggiungere 12 collegi esteri (8 alla Camera e 4 al Senato).

Va detto che il meccanismo della legge elettorale è del tutto simile sia per la Camera che per il Senato, a parte per ciò che attiene l’assegnazione dei seggi che, per Costituzione, al Senato deve avvenire su base regionale.

Non aspettatevi che vi spieghi passo passo il meccanismo di attribuzione dei singoli seggi, perché è talmente astruso che vi verrebbe il mal di testa.

Basti dire, semplificando al massimo, che nei collegi uninominali, quindi a sistema maggioritario, vince il candidato che prende anche un solo voto in più degli altri candidati.

Per i collegi plurinominali (quindi a sistema proporzionale) i deputati vengono eletti in proporzione ai voti ricevuti dei loro Partiti in tutta Italia.

Accontentatevi di questo perché se mi addentrassi nel meccanismo di assegnazione materiale dei seggi sulla base di risultati nazionali (meccanismo dei resti) mi mandereste subito a quel paese.

Sappiate comunque che forse vi ho rivelato il 70% dei meccanismi della legge elettorale, perché qualora voleste approfondire altri temi, quali le soglie di sbarramento, i listini bloccati e qualche altra tecnicità, non vi resta che andare a consultare un manuale di diritto elettorale.

Spero comunque di avervi chiarito che il nostro è un sistema elettorale “misto”, con un mix di uninominale e proporzionale, e su questa base di partenza forse è più facile capire perché lo scontro fra i Partiti, o se preferite fra le Coalizioni , si sta già concentrando sui “collegi uninominali”.

Sui quali non a caso è già guerra aperta nella coalizione di Centro Destra, con FdI che rivendica la maggioranza dei posti sulla base dei sondaggi favorevoli (e anche dei risultati alla ultime amministrative), e pensate quanto questo possa piacere alla Lega relativamente ai collegi del Nord.

Con i dati che vi ho fornito, spero sia chiaro che sulla quota proporzionale dei seggi (assegnata sulla base dei voti di lista a livello nazionale) il PD e la sinistra, che sulla carta partono sfavoriti nei sondaggi, abbiano ben pochi margini se non quello di cercare di recuperare consensi, e limitare i danni il più possibile.

Diverso il discorso per quanto attiene invece i collegi uninominali, perché se pur il centrodestra è avanti a livello nazionale, sono ancora molto numerosi i territori in cui l’equilibrio è incerto o addirittura in bilico, a volte per pochissimi voti.

In questi collegi giocheranno da un lato la caratura dei candidati, il tipo di coalizione, e l’accennato ridisegno degli stessi per la mutata composizione delle Camere.

In altre parole, sia a destra che a sinistra sono sempre meno i collegi che fino ad ora erano considerati “sicuri”, e per questo il risultato delle elezioni del 25 settembre dipenderà molto da chi riuscirà a conquistare i collegi uninominali “contendibili”, che secondo You Trend sarebbero almeno 67 (43 alla Camera e 24 al Senato).

Non pensiate che esageri, in quanto per il Segretario del Pd Enrico Letta potrebbe essere sufficiente conquistare al Senato almeno 30 collegi uninominali, sperando ovviamente che i sondaggi che danno il centrodestra in vantaggio alla prova delle urne siano meno negativi per la sinistra.

Non basterà per governare, ma potrebbe essere sufficiente per rendere più ardua la formazione di una cospicua maggioranza “a droite”.

Ad ogni buon conto è buona regola in una competizione elettorale non dare mai nulla per acquisito, e dare ai sondaggi il giusto peso.

Per evitare ad esempio di fare la fine della mitica “gioiosa macchina da guerra” a su tempo messa in piedi da Achille Occhetto, che alla prova dei fatti risultò un’armata Brancaleone.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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