30 Ottobre 2023 - 8.56

I nemici di Israele non sono a destra, ma a sinistra!

Il termine Sionismo (da Sion, antico nome di Gerusalemme) è stato coniato alla fine del XIX secolo per indicare l’ideologia politica ed il movimento nazionalista  che intendeva restituire una terra e una patria agli ebrei della diaspora. 

Quindi dal punto di vista letterale sionismo non è la stessa cosa dell’odio antiebraico (antisemitismo), che vuole distruggere il popolo ebraico, cancellandolo dalla faccia della terra. 

In teoria si potrebbe essere antisionisti senza per questo essere antisemiti. 

Tuttavia, oggi, sempre più spesso, non siamo di fronte alla legittima critica alla politica di Israele, ma ad uno scivolamento verso i cliché antisemiti del passato.

Ho iniziato con questa distinzione di tipo semantico, perché la guerra in corso, conseguente al proditorio attacco di Hamas del 7 ottobre, e le reazioni che ne stanno seguendo, riportano drammaticamente di attualità il tema del millenario odio verso gli ebrei (meglio esser precisi, perché anche gli arabi sono semiti).

Il problema è che, guardando alle piazze in Europa, negli Usa, in Australia, in Asia, le manifestazioni di questi giorni sono formalmente “per la pace”, ma una pace declinata in cartelli e slogan del tipo “Hamas Hamas gli ebrei nei forni a gas”.

E così negli imponenti cortei di Londra si invocava la sparizione di Israele; a Barcellona, un albergo di un ebreo israeliano è stato assaltato durante le proteste; a Parigi una coppia di ebrei ha visto bruciata la porta della propria casa, su cui era esposta la tradizionale mezuzah; in Polonia, i cartelli raffiguravano un cestino della spazzatura contenente la stella di Davide, buttata via per “tenere pulito il mondo”; a Berlino, è stata lanciata una molotov contro una sinagoga e stelle di Davide sono state disegnate con lo spray sulle case di alcuni ebrei, come facevano i nazisti per i loro bersagli; a Mosca, in modo simile è stato segnato un ristorante; a Vienna, raduni davanti alla sinagoga con tentativi di strappare la bandiera israeliana.

Guardando a queste che io considero nefandezze dettate da ignoranza e stupidità mi sono chiesto: possibile che in tutto il mondo si stiano contemporaneamente affermando posizioni tipiche della destra nazista?

La risposta l’ho trovata osservando bene coloro che in Italia partecipano alle manifestazioni  spesso spacciate “ a favore della pace”, ma in realtà pro-Palestina ed anti-Israele (e mi dispiace per i cattolici che, mi auguro in buona fede, si prestano a questa mistificazione nelle piazze antisemite).  

E constatando che non si tratta del popolo della destra!

Perché, a parte qualche ineliminabile gruppuscolo minoritario, ma di fatto del tutto isolato, la destra italiana bene o male i conti con il passato razzista ed antisemita li ha fatti.

Un processo cominciato già dai tempi di Giorgio Almirante, molto criticato per questo da Julius Evola, per arrivare nel 1995 alla cosiddetta “svolta di Fiuggi” (quella che decretò la fine del Msi e la nascita di Alleanza Nazionale), il congresso  che terminò con un documento nel quale si fissava nero su bianco la “condanna esplicita, definitiva e senza appello verso ogni forma di antisemitismo e di antiebraismo, anche qualora siano camuffati con la patina propagandistica dell’anti-sionismo e della polemica anti-israeliana”.

Tale svolta fu definitivamente suggellata nel 2003 dal viaggio penitenziale di Gianfranco Fini a Gerusalemme, con la visita allo Yad Vashem.

Ho ripercorso questo processo per puro amore di verità, perché è inutile girarci attorno, la minaccia per gli ebrei oggi viene da sinistra, le cui punte di diamante sono i gruppuscoli della gauche radicale. 

Il motivo a mio avviso è che nelle sinistre, non solo italiane in verità, non è mai stato fatto un lavoro culturale approfondito, ed una riflessione articolata, sulle cause lontane della crisi mediorientale. 

A meno che non si ricorra, come molti ancora fanno, ai cliché dell’antisionismo e della cancellazione dello Stato di Israele.

Di conseguenza a mio avviso risultano non solo antistoriche, ma addirittura patetiche, le posizioni di chi afferma: “io non sono contro gli ebrei, sono contro lo stato ebraico ed il sionismo!”.

E’ forse comodo negarlo, ma è evidente che il sionismo non può essere disgiunto dell’ebraismo, perché fin dai tempi di Ben Gurion e di Golda Meir il sionismo non ha mai avuto alcun carattere capitalista od imperialista, ma era l’estrinsecazione del desiderio, ed io direi del diritto dopo la Shoah, del popolo ebraico di avere una propria terra dopo due millenni di persecuzioni e pogrom. 

Non è un mistero che a sinistra non si annoverino particolari simpatie verso il governo di Tel Aviv sia che governi il conservatore Likud, sia che al potere vi siano forze di sinistra, come non è mistero che diversi leader della sinistra contemporanea abbiano in passato, anche da posizioni di governo, manifestato vicinanza ad Organizzazioni  terroristiche come Hezbollah o Hamas.

E ogni anno confesso che mi indigno nel sentire i fischi che i gruppi di sinistra muniti di bandiere palestinesi indirizzano alla Brigata Ebraica durante le parate del 25 aprile.

E mi fa ancora più male che, a parte qualche frase di circostanza, non ho mai sentito condanne serie e definitive da parte dei leader della sinistra contro questi fischi ignobili. 

Uno dei problemi è che a partire dagli anni 80, la memoria collettiva della Shoah si è progressivamente affievolita, generando quello che gli studiosi definiscono come l’antisemitismo secondario, in base al quale si arriva a paragonare il sionismo al nazismo, e a descriverlo come “colonialismo combinato con furti e omicidi”.

Dato il sentiment filo palestinese presente in molte componenti della sinistra, soprattutto in quella cosiddetta antagonista, va senz’altro apprezzata la netta scelta di Elly Schlein (e non era scontata!) di posizionare il  Pd  dalla parte di Israele, che “ha tutto il diritto di difendersi”, ribadendo che il punto è “isolare Hamas” e distinguere “tra palestinesi e terroristi”, avvertendo proprio per questo di “evitare una strage a Gaza”.

Non ho capito quindi il perché del suo dissenso sull’astensione dell’Italia all’Onu, visto che il documento proposto e votato dall’Assemblea non citava neppure per inciso l’eccidio compiuto da Hamas il 7 ottobre.

Se qualcuno di voi sta pensando che io sia “di destra”, si sbaglia di grosso, perché in realtà io sono sulle stesse posizioni di molti intellettuali israeliani ed ebrei progressisti, che hanno denunciato il loro dolore per la “mancanza di solidarietà ed empatia” dimostrata dalla sinistra globale. 

Parliamo di lettere scritte da personaggi della caratura di David Grossman e Michael Walzer,  oltre che dal leader dell’opposizione israeliana Yair Lapid  che ha chiesto alla “sinistra radicale globale”:  “Quanti ebrei devono morire prima che smettiate di incolparci per tutto ciò che accade? In quel terribile sabato di due settimane fa ne sono stati assassinati 1400. Quanti ve ne servono? Diecimila? Sei milioni? …”

Vi riporto un passaggio di una di queste lettere aperte:  “Noi, accademici, leader di pensiero e attivisti progressisti con sede in Israele e impegnati per la pace, l’uguaglianza, la giustizia e i diritti umani, siamo profondamente rattristati e scioccati dai recenti eventi nella nostra regione. Siamo anche profondamente preoccupati per la risposta inappropriata di alcuni progressisti americani ed europei riguardo agli attacchi contro i civili israeliani da parte di Hamas, una risposta che riflette una tendenza preoccupante nella cultura politica della sinistra globale”.

E’ chiaro che la sinistra israeliana ha ora toccato con mano di non poter contare sulla solidarietà e sulla comprensione dei “compagni”  europei ed americani.

Ma io ritengo che ciò non sia un male, perché  spero che questa volta il velo dell’ipocrisia e dei distinguo pelosi sia destinato a cadere per sempre. 

E così, proprio dopo aver visto quelle manifestazioni e quelle piazze, e aver sentito quei tanti “Si, ma….” in bocca a gente che si dichiara di sinistra,  sono molti  gli ebrei e gli israeliani che sono ormai consci di non avere mai realmente avuto degli amici,  e che si stanno rendendo conto che lo Stato di Israele è oggi più che mai una necessità, visto che forse lo slogan “never again” non ha mai avuto alcun valore.

Umberto Baldo

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