29 Luglio 2022 - 9.33

Elezioni politiche. Il Centro destra ha trovato la “quadra”

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“Chi ben comincia è a metà dell’ opera”, recita un vecchio adagio.

E stando a quanto è stato reso noto, nonostante i tanti dubbi dei giorni scorsi, mercoledì le forze che costituiscono la coalizione di Centro destra hanno trovato la “quadra” relativamente alle liste (che poi vuol dire sostanzialmente i collegi uninominali) e alla designazione del premier in caso di vittoria alle urne.

Direi che si tratta di un segnale importante, perché significa che “à droite” Meloni, Salvini e Berlusconi nella vittoria ci credono, e sono disposti a mettere l’obiettivo finale davanti ai meri interessi di bottega, e quindi a smussare le divergenze che inevitabilmente ci sono, comprese le ambizioni personali dei laeder.

Tutto questo mentre “a gauche” continuano ad imperversare le divisioni, in primis relativamente ai rapporti con quel che resta del Movimento 5Stelle.

L’impressione è che da quelle parti si sia ancora in alto mare, con Bersani che avverte di non demonizzare Conte, Calenda che sembra un novello Amleto indeciso se allearsi con il Pd o correre da solo, e Renzi che appare sempre più disposto a rifiutare alleanze giudicate “innaturali”.

La mia impressione è che, pur con profonde diversità di vedute relative ad esempio alla politica estera ed all’Europa, sia molto più facile tenere assieme su un obiettivo comune Lega, FdI e Forza Italia, rispetto ad un arcipelago “progressista” dove mi chiedo veramente cosa possa accomunare un liberale come Calenda ad un esponente della sinistra radicale come Fratoianni.

Non meraviglia quindi che, oggi come oggi, a sinistra a prevalere siano i “veti”!

Ci torneremo comunque nei prossimi giorni per capire come evolverà la situazione.

Ma tornando al Centrodestra, al vertice tenutosi a Montecitorio, e non nelle ville di Berlusconi per dimostrare la serietà del momento, hanno partecipato tutte le anime della coalizione; Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, i leader delle formazioni centriste Lorenzo Cesa, Maurizio Lupi, Luigi Brugnaro, Antonio De Poli (ma c’erano anche Antonio Tajani, Licia Ronzulli per FI, Giancarlo Giorgetti e Roberto Calderoli per la Lega).

Non si è fatta l’alba, come spesso succede in questi casi, ed in sole quattro ore sono stati sciolti tutti i nodi.

Preferisco partire dai 221 collegi uninominali in cui il centrodestra correrà unito; la ripartizione sarà la seguente: 98 a FdI, 70 alla Lega, 42 a FI-Udc, e 11 alle formazioni centriste alleate.
A quanto è trapelato, l’accordo è stato propiziato da un atteggiamento accomodante della Meloni, che ha accettato che i “posti” fossero assegnati sulla base delle medie dei sondaggi proposte da Lega e Forza Italia, che “pesavano” FdI intorno al 20%, quindi qualche punto percentuale in meno di quanto attribuito al partito dai sondaggi attuali.
Quindi molta “generosità” e disponibilità mostrate dalla Meloni, nonostante non siamo mancati i tentativi di sottostimare i sondaggi del suo Partito a vantaggio degli altri.
Si racconta ad esempio che l’attempato Berlusconi abbia chiesto e ottenuto che i collegi uninominali fossero assegnati sulla base di una media dei sondaggi che tenesse conto anche del fatto che “Forza Italia è in crescita e con me in campo, con le mie uscite in tv, potrà arrivare al 20 per cento”.
Non si può certo dire che il buon Silvio, 86 anni a settembre, non abbia ancora un forte ego, ed una grande considerazione del peso elettorale della sua persona!
Venendo all’altra grande questione in ballo, quella dell’indicazione del premier, Giorgia Meloni, sottolineando che FdI quando aveva minori consensi le ha sempre rispettate, ha riproposto con determinazione agli alleati il rispetto delle precedenti regole, che stabilivano che l’indicazione del premier spettasse al Partito che avesse ottenuto un voto in più degli altri.
Sul punto la Meloni ha vinto, ma non stravinto come avrebbe voluto, in quanto non ci sarà alcuna campagna elettorale all’insegna di “Meloni premier”, essendo prevalsa la linea di Salvini e Berlusconi, secondo cui il capo del Governo verrà indicato solo dopo che gli italiani si saranno espressi nelle urne.
Giorgia Meloni ha incassato, anche se qualche sospetto forse le è rimasto, se è vero quanto riferito che ci sarebbe stato un qualche momento di tensione quando si è trattato di scrivere il comunicato finale.
In particolare un passaggio avrebbe dato luogo a qualche discussione, perché FdI avrebbe voluto che fosse inserita la dicitura “l’esponente indicato dal partito che avrà preso più voti”, non semplicemente il generico “da chi ha preso più voti”, passato alla fine.
Evidentemente la Meloni ha il timore che la dicitura “chi ha preso più voti” potrebbe essere interpretata anche come “gli eletti di Lega e Forza Italia insieme”.
Come vi accennavo, nonostante le tensioni che hanno preceduto il vertice decisivo, alla fine le nubi si sono dipanate, ed a questo punto il Centro destra si potrà concentrare sulla campagna elettorale.
Tutto bene quindi?
A voler essere maliziosi qualche dubbio resta, perché l’incontro di mercoledì sarebbe stato l’occasione ideale per chiudere anche le divergenze sulle prossime scadenze elettorali in tre Regioni importanti.
Parliamo del Lazio, il cui Governatore Luca Zingaretti si dimetterà qualora fosse eletto al Parlamento, della Sicilia dove resta pendente il tema del mandato bis per Nello Musumeci, su cui insiste la Meloni, e adesso anche della Lombardia dove ormai è quasi scontro aperto tra Attilio Fontana e Letizia Moratti.
Ma come è noto “non tutte le ciambelle riescono col buco”, ed il tavolo nazionale di coalizione ha deciso di non affrontare il tema delle regionali, rimandandolo a data da destinarsi.
Umberto Baldo

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