8 Ottobre 2025 - 9.17

Cinque secoli dopo lo scisma di Enrico VIII, una donna sul seggio di Canterbury

Capisco che la notizia non farà tremare i polsi ai più, e che forse sia meno “coinvolgente” della crociera della Flotilla.
Eppure ha una valenza storica enorme: dopo cinque secoli, una donna siederà sul seggio più alto della Chiesa d’Inghilterra. 

Sì, proprio quella Chiesa nata non tanto per un’illuminata riflessione teologica, quanto per un matrimonio andato storto, e per divorzio-ripudio negato dal Papa.  

Quando Enrico VIII si stancò della prima moglie e Roma gli disse di no, lui reagì da vero sovrano britannico: tagliò i ponti con il Papa, fondò la propria Chiesa e si incoronò “governatore supremo”. 

Uno scisma, più che un’eresia, che diede vita all’anglicanesimo: una via di mezzo fra cattolicesimo e protestantesimo, ma con un occhio di riguardo alla liturgia ed alle tradizioni apostoliche. 

Infatti, pur attuando lo scisma, Enrico VIII era stato un grande sostenitore della religione cattolica contro il protestantesimo, e considerava Martin Lutero un eretico.

Fondata sulla sacralità delle Sacre Scritture, sulle tradizioni della Chiesa apostolica e sulla successione apostolica, sulla dottrina teologica cristiana per cui i Vescovi sono i successori degli Apostoli, la Chiesa d’Inghilterra riconosce come unico capo il Sovrano inglese.

A differenza della Chiesa Cattolica che riconosce Sette Sacramenti, quella Anglicana riconosce solo il Battesimo e l’Eucarestia, ma celebra anche gli altri, considerandoli Sacramentali.

Il Sacerdozio, ovvero il Sacramento dell’Ordine, non è riservato agli uomini, ma aperto a uomini e donne in tutti e tre i gradi: diaconato, presbiterato ed episcopato. 

Non è richiesta l’osservanza del celibato; i sacerdoti possono sposarsi e avere figli.

Così come i protestanti luterani, calvinisti e anabattisti, gli anglicani considerano il Battesimo  un segno della benevolenza di Dio e della rigenerazione dell’uomo grazie alla Fede, quindi senza alcuna implicazione col peccato originale o con le tentazioni del diavolo.

Anche se la Chiesa Anglicana non ha una struttura gerarchica rigida come quella Cattolica, l’Arcivescovo metropolita della Provincia ecclesiastica di Canterbury, che copre i due terzi d’Inghilterra (fondata nell’anno 597, è la cattedra vescovile  inglese più antica), viene riconosciuto come primate di tutta l’Inghilterra, e di fatto come  il leader religioso della Chiesa.

Il re rimase comunque il capo, una sorta di  Papa, diciamo così, in versione laica, e da allora la Chiesa d’Inghilterra continua a riconoscere il sovrano come guida suprema (Supreme Governor).
L’arcivescovo di Canterbury ne è invece il primate spirituale: un “primo tra pari”, custode di una tradizione antica, e con un ruolo simbolico di peso mondiale. È lui, tanto per intenderci, che incorona i Re e le Regine d’Inghilterra.

Ed è proprio su quella cattedra che, per la prima volta, siederà una donna.
Si chiama Sarah Mullally, ha 63 anni, ed è stata vescovo di Londra. 

Un tempo infermiera nel Servizio Sanitario Nazionale  dove dice di aver scoperto “l’amore di Dio nel prendersi cura degli altri”, è diventata presto la più giovane Capo dell’Ufficio Infermieristico del Governo britannico. Poi, a 37 anni, ha deciso di cambiare corsia, non quella dell’ospedale, ma quella della vita, ed ha preso la via del sacerdozio.

Ordinata nel 2001, è salita rapidamente i gradini della gerarchia ecclesiastica: vescova di Crediton, poi di Londra, e adesso chiamata da Re Carlo III a guidare l’intera Comunione Anglicana.

“È una grande responsabilità, ma la affronto con fiducia e pace, come sempre sotto la guida di Dio”, dichiarò nel 2018, appena consacrata a San Paolo.

Dal 2014 le donne di confessione anglicana possono essere ordinate vescovo, ma una primate donna non c’era ancora stata. 

È un segnale potente, in un Paese dove la religiosità, come ovunque in Europa, si sta assottigliando: nel censimento del 2021 solo il 48% si è detto cristiano, e appena il 12% membro attivo della Chiesa d’Inghilterra ( segnalo che in Scozia, Galles e Irlanda del Nord le chiese sono autonome).

Eppure l’istituzione conserva un peso pubblico enorme.

È la “Chiesa ufficiale” del Regno, legata a doppio filo alla monarchia. 

Ma non pensate  sia un club tranquillo: il Sinodo anglicano è spesso un’arena di scontri tra progressisti e conservatori, divisi su temi come l’inclusione LGTBIQ+ e la benedizione delle coppie omosessuali.

La scelta di Mullally, comunque, non è un colpo di testa. 

Ci è voluto quasi un anno perché la Crown Nominations Commission for Canterbury arrivasse al nome giusto. 

A guidarla, ironia della sorte, è stato un ex capo dei servizi segreti interni, Lord Jonathan Evans, già direttore dell’MI5. (d’altra parte, anche nella Chiesa serve qualcuno che fiuti gli intrighi…).

Formalmente, la nomina di Re Carlo dovrà essere approvata con i due terzi dei voti dalla Commissione Reale per le Nomine, ma nessuno si aspetta sorprese. 

La decisione, in realtà, è stata presa dal governo Starmer e poi ratificata da Buckingham Palace.

L’intronizzazione di Sarah Mullally è prevista per gennaio, con una cerimonia solenne in cui, come tradizione vuole, renderà omaggio al monarca.
E così, cinque secoli dopo Enrico VIII, una donna siederà nel luogo dove tutto cominciò per un capriccio regale.
La storia, a volte, ha un’ironia tutta sua.

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