12 Maggio 2021 - 16.11

Chi si ricorda il mitico Cisco dei ‘caramèi’?

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di Alessandro Cammarano

È da qualche tempo che non torniamo sul “Come eravamo”, presi come siamo stati – a dire il vero finalmente un po’ meno visti i vaccini che procedono spediti – dall’affrontare i vari aspetti della pandemia e delle conseguenze che questi hanno su ciascuno di noi.

Vicenza offre un meraviglioso bouquet di spunti per ricordare a chi ha più di quarant’anni un pezzo del proprio vissuto e a coloro che ne hanno meno di conoscere personaggi e abitudini caratteristiche di una città che era viva e inventiva e, pur cedendo alle lusinghe dei franchising, è stata capace per molti anni agli assalti della massificazione dell’offerta commerciale che piano piano ha reso le vie del centro esattamente uguali a quelle di qualsiasi altra città.

Certo, potersi comprare lo stesso paio di mutande a corso Palladio o a Oxford Street passando per via della Vite e rue de Rivoli può essere una soddisfazione per alcuni e una sicurezza per molti; per chi scrive è una comodità e niente più, unita al fastidio di veder scomparire insegne storiche sostituite da logo commerciali stranoti e stranoiosi; si facesse almeno come a Lisbona o – rimanendo più vicini – a Lucca, dove è obbligatorio mantenere le vecchie targhe, spesso in stile Liberty o Déco, delle attività storiche anche se la bottega di gioielliere o la cappelleria si sono trasformate nell’ennesimo negozio di ottica o nel venditore di bigiotteria.

Ma restiamo sul pezzo: oggi si parla di dolci “d’antan” – che si può tradurre con un più terragno “de ‘na volta” – quelli che si compravano all’uscita da scuola o quando si andava a giocare a Campo Marzo o ai Giardini Salvi.

Chi ha la mia età, ovvero ha doppiato la boa del mezzo secolo, non può non ricordarsi del mitico Cisco e del suo spettacolare espositore – una vetrinetta di cristallo e ottone antica già all’epoca e montata su un treppiede coevo – stracolmo di “caramei”. Per i non pratici dell’argomento il “Caramei” sono spiedini di frutta secca – uvette, albicocche, prugne, fichi, noci… – rigorosamente monogusto e avvolta da un caramello insieme morbido e croccante.

Cisco era strategicamente posizionato fuori delle scuole – tanto da far pensare che in realtà si trattasse di una decina di cloni capaci di dare un effetto di locazione multipla stile “Ai confini della realtà” – all’orario di uscita degli studenti, capace di scatenare deliri alimentari inimmaginabili.

Oltre a quelli di frutta secca – resterà sempre il mistero di come si potessero infilzare nello stecco i gherigli di noce senza che si spezzassero – il “carameo” più gettonato e innovativo era quello di peperoncini verdi sottaceto, sublime connubio di agrodolce che avrebbe fatto invidia a Cracco e Barbieri ed era riservato ad un pubblico dal palato allenato.

Le mamme dei più piccoli erano quasi sempre costrette a cedere, magari affidandosi al compromesso di “lo compriamo e lo mangiamo dopo pranzo…”: allora Cisco incartava l’agognato stecco in foglietto di carta oleata capace di preservare intatto il caramello.

Discorso diverso per i più grandi; adolescenti che ne ingurgitavano cinque o sei e stimati professionisti che acquistavano furtivi l’oggetto del desiderio. Insieme agli stecchi del desiderio anche deliziosi croccanti di bagigi, altro che le barrette al sesamo-quinoa-favadicacao.

Non solo “caramei”, ma Cisco aveva anche il carretto dei gelati, che faceva concorrenza a quello altrettanto fantastico di Brustolon.

Se i “caramei” erano “all season” il gelato compariva con la primavera, anch’esso in punti cruciali della movida infantile: il parco giochi di Viale Roma, piazzale De Gasperi e altri selezionati luoghi di svago per i più piccini. La caratteristica peculiare del gelato nel carretto era il costante “mash-up” dei vari gusti – per la verità di solito ridotti a cioccolato, limone, arancia, fragola, crema e cioccolato – che, vista l’esiguità dello spazio in cui erano conservati con conseguente ridotta possibilità di movimento del porzionatore e forse anche per lo “sguarattamento” causato dalle peregrinazioni pomeridiane del carretto, finivano per diventare un unico gusto dalle più disparate variegature. Ricordo coni limone e fragola con bellissime venature di cioccolato, o ancora coppette crema e cacao striate di arancia. Niente da fare, erano già avanti con le combinazioni.

Cisco ci ha lasciati nel 2018 alla bella età novantacinque anni, ma, come tutte le persone che amano il proprio lavoro e i loro clienti, vive nel ricordo di molti ragazzini di allora per i quali dimenticare la sua gentilezza e il suo sorriso nel porgere il “carameo” è cosa impossibile.

Alessandro Cammarano

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