22 Marzo 2023 - 8.22

Cara Elly, le piazze arcobaleno non sono la “politica”!

“Scopa nuova scopa meglio” recita un vecchio proverbio.

E normalmente un cambio al vertice, sia di una società che di un Ente, o anche di un Governo, determina un cambio di passo, una ventata di aria nuova.

Ciò è ancora più vero per i Partiti, ormai simili ad oligarchie sclerotizzate, in quanto un Nuovo Segretario almeno in una prima fase prova ad imporre la propria agenda, la propria linea politica.

Lungi da me pensare che Elly Schlein sia arrivata alla guida del Partito Democratico per una casualità, magari per una favorevole congiunzione astrale.

Credetemi nessun leader arriva al vertice per una fatalità; normalmente si arriva perché si è capaci di fare politica.

La ragazza, mi permetto di chiamarla così dall’alto dei miei anni, ha dimostrato di saper giocare al meglio le proprie carte.

Ha capito prima degli altri che il vento stava cambiando in senso favorevole alle donne, ha capito che l’elettorato di sinistra (non gli iscritti al Pd però) era stanco dei vecchi arnesi che lo hanno fin qui governato e voleva una faccia nuova, ha capito che contrapponendosi ad un’altra donna leader indiscusso della destra, e per di più Premier, le si apriva davanti un’autostrada.

Ha accettato la scommessa, si è mossa bene nel corso della campagna per le primarie, e ha vinto, il che in politica alla fine è tutto ciò che conta.

Inutile dire che il bello per lei viene adesso, perché da un lato deve dimostrare che i suoi anatemi contro “capicorrente e cacicchi” alla fine si tradurranno nel loro contenimento, ma soprattutto che, passata la “fiera delle parole” delle primarie, è in grado di esprimere una linea politica tale di rendere il Pd competitivo per la guida del Paese.

Da vecchio liberale confesso che sono un po’ condizionato (non in positivo eh!) dal suo look, o outfit come si usa dire adesso,  da “centro sociale”, che mi ricorda tanto i miei anni verdi nel 1968, quando due parole guidavano l’agire politico dei giovani: assemblea e manifestazione.

Ed in effetti le prima uscite pubbliche di Elly si sono orientate verso le cosiddette piazze arcobaleno, gioiose nei colori e nei propositi, in una permanente festa di popolo in cerca di diritti.

Quindi si intuisce che il Partito che ha in mente  Elly Schlein  è un Pd  poco di centro e molto di sinistra, molto più movimentista, ispirato all’ideologia woke (un’ ideologia populista di sinistra), che di conseguenza darà molto risalto a temi come la questione LGBTQ, e la legalizzazione delle droghe cosiddette leggere.

Ma che avrà tra i suoi cavalli di battaglia anche quella forma di ambientalismo integralista che non tiene conto dell’uomo, l’immigrazionismo, e l’idea dell’imposta patrimoniale. 

Quindi un modello di sinistra che non ha nulla a che vedere con la “Terza Via” del Labour di Tony Blair,  o con la socialdemocrazia  dei Felipe Gonzales e dei Willy Brandt, o con il Partito Democratico degli Obama o dei Clinton; l’obiettivo è di  fare del Pd un  partito radical-populista di sinistra, aperto al mondo dei centri sociali e di quella sinistra movimentista che sta fuori dal Parlamento.

Ovvio che  questa riedizione “gauchista” del Pd modello Schlein veda il rientro di qualche “figliol prodigo” di Articolo 1,  generi “crisi di coscienza” in quegli esponenti cattolici che non possono accettare ad esempio l’utero in affitto o le adozioni dei gay, e susciti le preoccupazioni del “Chavez de noaltri” Giuseppe Conte, che già si vedeva alla guida della sinistra italiana, e al quale al momento non resta che sfruttare con innegabile cinismo le difficoltà della Schlein con il mondo pacifista relativamente al sostegno militare all’Ucraina.

Su questo tema spinoso per adesso la Shlein si sta muovendo come una equilibrista sulla fune, in un abracadabra dialettico in cui si dice sì al «sostegno all’autodifesa» del popolo ucraino mediante «tutte le forme di assistenza necessarie», (è chiaro il riferimento all’aiuto militare ma senza citarlo), ma con una contestuale accentuazione dello sforzo diplomatico, dove peraltro è tutto da dimostrare che questo sforzo sia effettivamente possibile specie dopo l’incriminazione di Vladimir Putin da parte del Tribunale dell’Aia. 

Per il resto la formula vincente della Schlein sembra basata sulla vaghezza, sui “non detto”, sul movimentismo.

Su alcuni temi scottanti e di stretta attualità, sarà anche colpa mia, ma  faccio fatica a capire quale sia la sua linea politica.

La legge sull’autonomia differenziata delle regioni? “Mai”, diceva, senza però sentire il bisogno di dover spiegare quale sia la sua proposta alternativa a quella della Lega e della destra, visto che la Costituzione in senso autonomista è stata la sinistra a cambiarla. 

“No al precariato”!    Altro mantra, come se qualcuno al mondo fosse favorevole al precariato; ma anche qui senza spiegare che idea abbia lei della flessibilità nel mondo del lavoro, se non lo sparare a zero contro il Job Act di Renzi. 

“Transizione ecologica”.   Fantastico, ovviamente Sì, ma sarebbe opportuno che ci dettagliasse quali sono le politiche che consentono di tenere insieme ambientalismo e crescita economica. Prima o dopo dovrà ad esempio spiegare se Roma dovrà dotarsi di un termovalorizzatore, o se invece è meglio che l’immondizia resti per le strade.

“Accoglienza”, certo, “porte aperte a chiunque voglia venire in Italia”, senza però mai spiegare con quali risorse far fronte all’invasione. 

Tasse, progressività e patrimoniale.  Bene, ma senza poi chiarire come sarebbe una riforma fiscale di sinistra.  Senza spiegare come affronterebbe il problema che nel 2022 lo Stato ha incassato 544,5 miliardi di imposte, per il 40 per cento derivanti dall’Irpef, per il 14 dall’Ires e altre imposte dirette, per il 30 dall’Iva e il 16 da altre indirette. E che su circa 42 milioni di dichiaranti, 24 milioni denunciano un reddito complessivo inferiore ai 20.000 euro annui coprendo l’8,5 per cento del gettito, e che a dichiarare più di 100.000 euro annui sono mezzo milione di contribuenti che coprono il 20 per cento del gettito totale.  Come la mettiamo? Cosa diciamo ai Kulaki dell’Irpef, ai nababbi da 35 a 50mila euro l’anno?   Che il modello è la Cambogia di Pol Pot o l’Ucraina di Stalin? 

Certo in questa fase agitare la piazza funziona. 

Ma qui ed ora. In questo momento in cui bisogna recuperare nei sondaggi, annichilire Giuseppe Conte, rianimare la sinistra pasionaria e catatonica. 

Va bene. Ma poi?

Se la strada è quella vista finora il Pd sicuramente crescerà nei sondaggi, ma semplicemente riportando a casa parte dei voti in libertà che erano andati ai grillini e ad altre formazioni di sinistra. 

Ma per diventare un Partito in grado di correre per vincere le elezioni serve altro che un travaso senza crescita; è necessario uscire dallo steccato della sinistra estrema per coinvolgere altri elettori, magari anche moderati, e questi non si accontentano certo degli slogan, dei decreti Zan, dei diritti Lgbtq e del sostegno a qualunque rivendicazione, per non dire che se si vuole vincere anche al Nord qualcosa di convincente bisognerà pur dire anche al mondo produttivo.  

E non per l’abusata manfrina secondo cui “le elezioni si vincono al centro”, ma perché per vincere bisogna prendere molti più voti di quelli che solitamente incassa la sinistra. 

E credetemi che non sarà facile per la Schlein, se continuerà a immaginare che le piazze arcobaleno siano la “politica”.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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