19 Aprile 2023 - 8.41

Cani e gatti “detraibili”

Da adolescente, ahimè tanti anni fa, assistetti ad una scena che sembrava una barzelletta, o di quelle da pubblicare fra le vignette della Settimana Enigmistica.

Era pomeriggio e stavo giocando a carte con un mio zio che di professione faceva il veterinario. Suona il campanello, e si presenta un signore che chiede una visita per un animale di sua proprietà, con qualche problema fisico. Alla richiesta dello zio di che bestia si trattasse, il signore senza scomporsi disse “un leone”.   A mio zio, diventato improvvisamente cereo, spiegò che lui era il proprietario di un piccolo Circo, e che il suo leone non stava bene. 

Alla replica dello zio “ma lei è matto…,!”, seguito dalla precisazione che lui era abituato a curare mucche, cavalli, pecore e capre, il “circense” insisteva su un “obbligo di cura”, che mio zio rifiutava con veemenza.

Inutile dire che a nulla servirono le rassicurazioni del signore circa l’ “innocuità” e la “bontà di carattere” del felino; mio zio fu irremovibile nel rifiuto e poco dopo, messo alla porta sia pure cortesemente l’ospite, riprendemmo la nostra partita a carte.

Questo episodio mi è ritornato alla mente leggendo, pensate un po’, del trattamento fiscale delle spese veterinarie, perché sorridendo mi chiedevo se il leone in questione ai fini reddituali fosse da considerarsi fra gli “animali di affezione”, o fra i “beni produttivi”.

Non so se lo sapete, ma secondo Euromonitor in Italia ci sarebbero oltre 64 milioni di animali d’affezione, di cui quasi 30 milioni di pesci, più di 16 milioni di cani e gatti, circa 13 milioni di uccelli, e oltre 3 milioni e mezzo tra piccoli mammiferi e rettili.

Come si vede a farla da padroni nelle case degli italiani sono pesci, cani e gatti, ma a quando risulta da ricerche specializzate, sempre più persone decidono di prendere come animali da compagnia creature esotiche quali ad esempio  puzzola americana, petauro dello zucchero, suricato, camaleonte, drago barbuto, serpenti, gechi, tartarughe, iguana, porcellini d’india e quant’altro.

E’ evidente che gestire un animale richiede tempo, attenzione, e anche denaro, soprattutto quando si presentano problemi di salute.

Per questi motivi ormai da tempo lo Stato consente di detrarre dal 730 parte delle spese sostenute per prestazioni professionali del medico veterinario, per analisi di laboratorio, e interventi presso cliniche veterinarie.

Va precisato che si tratta delle spese sostenute per la cura di animali legalmente detenuti (registrati) per la pratica sportiva, o a scopo di compagnia.

Va da sé che non possono essere detratte spese sostenute per animali detenuti con finalità economica, cioè destinati all’allevamento, alla riproduzione o al consumo alimentare, né per la cura di animali di qualunque specie allevati, o detenuti nell’esercizio di attività commerciali o agricole.

Stabilito per quale tipo di animali sono ammesse le detrazioni (e fra questi non c’è sicuramente un leone), va specificato che l’ importo massimo per le spese sostenute per il veterinario è pari a 550 euro l’anno,  indipendentemente dal numero degli animali da compagnia posseduti, importo da cui va comunque decurtata una franchigia di 129,11 euro. 

Concorrono a formare la spesa detraibile anche gli acquisti di medicinali ad uso veterinario, con o senza obbligo di ricetta, nelle farmacie e nelle parafarmacie, con l’avvertenza che non rientrano nel beneficio della detrazione gli integratori alimentari umani ed i mangimi speciali per animali da compagnia, anche se prescritti dal veterinario, “poiché non sono considerati farmaci, bensì prodotti appartenenti all’area alimentare”.

Fatti i conti della serva, i proprietari di animali da compagnia possono recuperare al massimo circa 80 euro l’anno.

Infatti dall’importo massimo indicabile nel 730, pari a 550 euro, viene detratta la franchigia di 129,11 euro, e ne consegue che la detrazione fiscale del 19% sull’imposta lorda Irpef viene calcolata al massimo su un importo di circa 421 euro.

Come vedete si tratta dello stesso meccanismo che regola la detraibilità delle spese mediche per i cittadini; solo che per le spese veterinarie esiste il tetto dei 550 euro per anno.

Non va poi dimenticato che dal 1 gennaio 2020 le spese veterinarie danno diritto alla detrazione fiscale soltanto se sostenute con mezzi tracciabili (bancomat, carta di credito, carta prepagata, bonifico, assegno). 

Ma ci sono delle eccezioni. Sono infatti detraibili le spese sostenute in contanti quando si tratta dell’acquisto di medicinali, di dispositivi medici o di  prestazioni sanitarie rese da strutture pubbliche o private accreditate al Servizio sanitario nazionale. È il caso ad esempio dell’acquisto di medicinali da banco (ad esempio, antipiretici o antidolorifici) o di un medicinale omeopatico sia che ciò avvenga in farmacia, parafarmacia, sia al supermercato. In ogni caso, per ottenere la detrazione del 19%, è necessario conservare lo scontrino fiscale “parlante” con il codice fiscale dell’acquirente che vuole fruire dell’agevolazione.

Questo quello che consente lo Stato ai possessori di animali in termini fiscali, ma le problematiche sul tema non si riducono certo ad un problema di soldi.

Tornando ad esempio all’aneddoto iniziale del leone indisposto, è evidente che animali feroci del genere sia pressoché impossibile che possano vivere in cattività in ambienti diversi dagli zoo (l’utilizzo nei circhi è stato abolito con Legge 13 luglio 2022), ma credo sia comunque importante riflettere prima di mettersi in casa un animale esotico.

A parte che non capisco come ci si possa affezionare ad un serpente a sonagli o a un’ iguana, ma questo è certamente un mio problema, penso che ci si debba chiedere preventivamente chi potrà curarli qualora dovessero ammalarsi.

Perché contrariamente a quello che si pensa comunemente, la laurea in veterinaria non rende esperti in tutte le specie possibili. 

Non tutti i veterinari hanno scelto di approfondire lo studio di specie diverse da cani e gatti, e di conseguenza non sono in grado di prendersi cura di altri piccoli mammiferi, uccelli o rettili.

Sono passati molti anni è vero, ma lo zio veterinario cui accennavo, curava esclusivamente grandi animali (mucche, cavalli, pecore), e mai si sarebbe “abbassato” (diceva lui) a seguire un cane o un gatto.

Il mondo è andato avanti, è vero, ma le specie esotiche e non convenzionali continuano ad avere caratteristiche anatomiche e fisiologiche, esigenze di alimentazione e gestione, patologie e terapie, che differiscono profondamente da cani e gatti. 

Ecco perché chi vuole un animale esotico o non convenzionale, deve mettere in conto prima di adottarlo se c’è a portata di mano un veterinario esperto in grado di seguirlo. E se non ce n’è uno a una ragionevole distanza, riflettere bene se si è disposti a percorrere parecchia strada per fare visitare la “bestiola”.

Alla fine credo che la scelta meno impegnativa resti quella di optare per un cane o un gatto, che da millenni fanno parte della vita quotidiana della specie umana.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
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