26 Febbraio 2024 - 10.21

Il fastidi del Centro Storico di Vicenza: tra il serio e il faceto

di Alessandro Cammarano

Centro Storico, gioie e dolori; tra mostre capaci di catturare l’attenzione e il gradimento del pubblico non solo vicentino, festival musicali di alto livello, un teatro che funziona a pieno ritmo e un sindaco giovane che promette iniziative per rivitalizzare la città e, dall’altro lato, una delinquenza un po’ stracciona – spaccare vetrine dei bar per rubare venti euro è semplicemente da disperati – ma purtroppo presente e in queste ultime settimane particolarmente attiva.

Chi scrive è da poco tornato ad abitare nel cuore della città, recuperando in poche ore lo spirito ZTL che fa parte del suo patrimonio genetico, il tutto con estrema felicità.
Snob?, no, Radical chic?, non direi; semplicemente amante del poter uscire a piedi, di trovare sotto casa praticamente tutto quello che mi serve, incontrare per strada amici e conoscenti e magari far saltare fuori un aperitivo imprevisto o un caffè estemporaneo.

Tutto bene? Tutto perfetto?

Ovviamente no, perché qualche fastidiuccio c’è e credo di non essere il solo a provarlo.

L’elenco che segue è ovviamente politicamente scorretto, un po’ classista e decisamente antipatico, ma, temo, condiviso da molti.

Il centro, ed in particolare Corso Palladio, è percorso quotidianamente da persone che lavorano e sbrigano commissioni e che devono subire ad ogni piè sospinto l’assalto, spesso non troppo amichevole, di fantomatici raccoglitori di offerte per organizzazioni parecchio ombrose nei nomi e nei fini.

L’approccio avviene provando a metterti in mano un pacchetto con delle cartoline – cartoline nel 2024?! – seguite dall’immancabile “Ciao! sei di Vicenza?”.

Al che verrebbe da rispondere “E a te che ti frega?”, ma siccome sei educato ti limiti ad un cortese “Scusa, ma vado di fretta perché ho un impegno”; al che il fastidioso questuante ti apostrofa con un irridente “Guarda che non ti mangio mica” – chi insegna il marketing a questi scappati di casa? –, e a quel punto si è costretti a piantare il muso duro replicando con un secco “l’associazione per la quale tenti spillarmi cinque euro non esiste e tu fai parte, scientemente o no, di una rete di truffatori”. Di solito non replicano, ma i più mefitici tentano l’inseguimento beccandosi a questo punto un insulto da portuale.

Poi ci sono i tossici storici, che da alcuni anni si rivedono, temo per via della ricomparsa dell’eroina.

Alcuni non si reggono in piedi, li riconosci subito perché fanno parte del panorama urbano; ti approcciano con un “buongiorno professore” o con “maestro…” seguito dal solito “Gheto un euro per un panino?”, taluni di loro sono rimasti un po’ indietro e formulano la richiesta in lire, tanto per dire.

Venendo ai cittadini “normali”, quelli che lavorano, spicca l’urlatore telefonico che usa lo smartphone come un walkie-talkie, in viva voce, probabilmente perché un cugino “che sa” ha detto loro che le radiazioni del cellulare friggono il cervello, cosa per altro difficile visto il limitato numero di neuroni di cui dispongono.

Gli altri passanti sono dunque costretti a sciropparsi intere conversazioni telefoniche tra madri apprensive e figli ribelli, oppure tra professionista e cliente, che è anche peggio perché si carpiscono informazioni ben più che sensibili, ma tant’è e guai a parlare.

Tremende anche le vecchie – spesso alla soglia del secolo – che si spostano in gruppi, come delle gang giurassiche, fermandosi all’improvviso in punti grande passaggio e diventando delle forche caudine viventi.

Sconsigliato chiedere permesso, si rischia l’insulto pesante.

La variante di questi blocchi può essere adottata anche sulla porta dei numerosi caffè, soprattutto di quelli maggiormente frequentati, o all’ingresso dei negozi.

Anche il pubblico del doppio appuntamento settimanale col mercato presenta aspetti al di là del disagio.

La sioretta che chiede sussiegosa al cortesissimo titolare del banco di prodotti lattiero caseari “vorrei quel formaggio che mi ha dato sotto natale” ricevendo uno sguardo smarrito visto che sono passati due mesi e fiumi di clienti.

Il povero commerciante chiede “Mi aiuti a capire” e come risposta riceve un “era quadrato”; a questo puntosi insinua in lui l’improvvisa voglia di farsi monaco ortodosso e di rifugiarsi in una meteora del monte Athos.

L’ultima categoria è anche la più esecrabile, ovvero quella dei padroni di cani che non raccolgono le deiezioni – cacca per il volgo – dei loro animaletti, lasciandole così alle suole delle scarpe di che passerà di lì a poco.

Contrà Do Rode e Contrà Frasche del Gambero sono dei veri vespasiani canini e no, e pestare una merda non porta fortuna, fa solo girare le scatole.

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