Cani con il pelo blu avvistati a Chernobyl da volontari e ricercatori

In Ucraina, nella zona di esclusione che circonda ancora la centrale nucleare di Chernobyl, continuano a vivere branchi di cani randagi, discendenti degli animali domestici presenti al momento del disastro del 26 aprile 1986. Volontari e ricercatori che operano nell’area hanno recentemente osservato uno strano fenomeno: diversi cani presentano un pelo blu, un evento mai documentato prima.
L’associazione “Cani di Chernobyl” ha condiviso su TikTok immagini dei cani con la loro insolita colorazione, immagini diffuse anche dal New York Post. I cani appaiono sani e attivi, il che esclude inizialmente malattie gravi o deformità. Il mantello blu è uniforme, senza segni di colorazione artificiale o contaminazione superficiale. Secondo i rappresentanti dell’associazione, i cani non presentavano questa colorazione una settimana prima, suggerendo un cambiamento molto improvviso.
La comunità locale ha ipotizzato una possibile contaminazione chimica esterna, senza un legame diretto con la radioattività, ma la teoria non è stata ancora confermata. L’associazione, che conduce regolari campagne di sterilizzazione, non è ancora riuscita a catturare nessuno dei cani colpiti. Quando sarà possibile studiarli, gli esperti potranno indagare sulle cause di questo fenomeno.
Sebbene le variazioni bluastre siano recenti e non indichino segni di radioattività, è noto che le radiazioni ionizzanti possono causare mutazioni genetiche danneggiando il DNA. Nella zona di Chernobyl, mutazioni della melanina, il pigmento responsabile del colore del pelo, sono state osservate anche in anfibi come la rana Hyla orientalis, che negli anni ha sviluppato una pigmentazione più scura, probabilmente come protezione dalle radiazioni.
Non è la prima volta che cani con il pelo blu vengono avvistati. Nel 2021, TF1info aveva riportato un caso simile in Russia, nella regione di Nižnij Novgorod, a sei ore da Mosca. Anche in quel caso, la zona era nota per essere stata il più grande centro chimico dell’Unione Sovietica, portando gli osservatori a ipotizzare contaminazioni chimiche come causa della colorazione insolita.













