Campionesse sì, ma non sopra le legge

Nei giorni scorsi mi è capitato di leggere su un quotidiano locale una lettera al direttore che diceva pressappoco così: «In merito al caso delle nuotatrici italiane accusate di furto in un aeroporto straniero, come sarebbero andate le cose se le atlete fossero state straniere e l’episodio fosse avvenuto in Italia?
Bella domanda.
La mia risposta sarebbe stata un’altra domanda: «E se invece delle due medagliate ci fossero state due ragazze qualsiasi?».
Lo dico con un filo di malizia: ho la netta sensazione che le nostre autorità diplomatiche non si sarebbero precipitate con la stessa velocità a risolvere la grana, e le due ragazze qualunque sarebbero ancora là, a spiegare in inglese stentato ai poliziotti asiatici la differenza tra “souvenir” e “furto”.
Perché, inutile girarci attorno, qui parliamo di due atlete medagliate, volti noti, fiori all’occhiello del nuoto italiano.
E allora ecco che la diplomazia si mette a fare i 50 stile libero, bruciando ogni record di velocità pur di riportare a casa le due “malcapitate”.
Perché in Italia, e forse ovunque nel mondo, funziona così: se hai un nome che fa titoli sui giornali, hai più chance di uscire indenne da un duty free che da una vasca olimpica.
Il caso, lo conosciamo: Benedetta Pilato e Chiara Tarantino, due nuotatrici di punta della nazionale, in vacanza a Bali, e poi di passaggio a Singapore per il volo di rientro.
Lì la Tarantino sarebbe stata ripresa dalle telecamere in un Duty free nel mentre infilava nella borsa dell’amica alcuni oggetti, oli essenziali o profumi, non pagati.
La polizia interviene, sequestra i passaporti, e le due finiscono in un pasticcio che rischiava di diventare molto serio.
A rimettere le cose a posto ci ha pensato la diplomazia italiana, attivata con una rapidità che definirei “olimpica”.
Certo sapere almeno come siano andate veramente le cose sarebbe utile, soprattutto alla luce del fatto che la Pilato con un suo messaggio sui social sembra scaricare la responsabilità dell’accaduto sulla compagna Tarantino.
E giova ricordare che tutto quello che al momento trovate scritto su giornali e social non viene da atti ufficiali, verificabili, bensì da cronache giornalistiche, da valutare con la dovuta prudenza.
Non mi interessa l’aspetto penale della vicenda (a mio avviso a Singapore la giustizia non ha certo tempo da perdere con boccette di profumo rubate), quanto il lato simbolico.
Perché qui non parliamo di due cittadine qualunque, ma di due atlete che indossano la maglia azzurra, e in un caso persino la divisa della Guardia di Finanza.
E questo cambia tutto.
Lo sport è sì medaglie, sponsor e prime pagine, ma è anche responsabilità, disciplina, esempio.
Pilato, per dire, ha ricevuto il Collare d’oro al merito sportivo, la più alta onorificenza del CONI.
E allora, non si può liquidare la storia “all’italiana”, con le solite attenuanti generiche, i comunicati pietisti, l’avvocato che spiega le fragilità personali, ed i giornali che minimizzano.
Se sei un campione, ti piaccia o no, diventi automaticamente un modello.
Anche in aeroporto, anche in vacanza, anche senza cronometro e medaglie al collo.
A questo proposito, ho trovato ridicole le lamentele sulle perquisizioni alle ragazze: come se in un aeroporto tipo Singapore la polizia dovesse chiedere “permesso aaa Naazzziiiooone” prima di fare il proprio lavoro.
Da quelle parti chi sbaglia paga, senza salvacondotti patriottici.
Che la cosa non possa finire a tarallucci e vino lo hanno capito anche in Federnuoto, tanto che Cesare Butini, direttore tecnico delle nazionali azzurre maschili e femminili, ha fatto capire che la vicenda non verrà lasciata cadere come se nulla fosse successo: “Onestamente provogrande amarezza per un comportamento che non giova a nessuno e che di certo nuoce al movimento in generale. Nel mio ruolo avrò modo di sicuro di parlarci edirò sia a Chiara che a Benedetta Pilato che hanno fatto una grande stupidaggine. Questo perché entrambe sono dei portavalori, anche quando non indossano la tuta azzurra“.
In quest’ultimo passaggio sta a mio avviso il nocciolo della questione.
Se sei un atleta olimpico, diventi automaticamente un modello per le giovani generazioni, per tutti i ragazzi e tutte le ragazze, e lo devi essere sia quando sei in piscina, sia quando sei in una discoteca o in un aeroporto; e se indossi una divisa dello Stato, lo sei ancora di più
Altrimenti il messaggio che rischia di passare è che “se vinci medaglie tutto ti è permesso”, e non può essere così.
E allora, quale morale? Che lo sport non è solo medaglie e interviste, ma è soprattutto comportamenti.
E per questi motivi, comunque la si giri, questa resta una brutta pagina.
Umberto Baldo













