6 Novembre 2025 - 12.01

Il bidet come metafora nazionale: perché l’Italia resta diversa

Viviamo tempi in cui nessuno riesce più a tenersi un’emozione per sé.

Tutto finisce in pasto ai social: dal compleanno del gatto al tramonto con hashtag “nofilter”, fino alla torta della nonna rifatta con risultati spesso da querela. 

Figuriamoci, poi, se può restare segreto un viaggio: appena atterrati, ecco valanghe di foto, video, stories, geolocalizzazioni, location, piscine e tutto quanto fa spettacolo.
Ma attenzione: dietro il fiume di immagini di palme e cocktail, si nasconde una verità scomoda. 

Noi italiani, dopo tre giorni all’estero, cominciamo a dare segni di crisi da astinenza. 

Da espresso, da spaghetti e …….da bidet.

Sì, il nostro caro, insostituibile, fedele amico di ceramica.
Quel “mezzo cavallo bianco” sul quale ci sentiamo un po’ tutti principi, almeno per 30 secondi al giorno.

Ora, non fingiamo pudori che non abbiamo: lo sappiamo benissimo tutti che, all’estero, il momento dell’arrivo in hotel è sempre lo stesso. 

Apri la stanza, guardi il letto, la vista, il minibar… poi vai in bagno e sbam! lo shock culturale. 

Dove diavolo è il bidet?
Ti guardi intorno sperando che sia nascosto, pieghevole, mimetizzato. Niente.
Solo un triste binomio lavandino–wc. 

Ed è lì che scatta la disperazione: “E adesso come faccio?”.

Lo so, è un tema “delicato”, ma insomma: siamo adulti, vaccinati e, soprattutto, dotati di apparato digerente. 

Fingere che non esista il problema è pura ipocrisia.
Il bidet, per noi figli del Belpaese non è un optional: è una questione identitaria.
Un po’ come la moka o il caffè corretto al bar: puoi anche farne a meno per qualche giorno, ma poi cominci a vedere tutto grigio.

Gli stranieri, invece, lo guardano come se fosse un’installazione di arte contemporanea. 

In certi Paesi, che sono poi la stragrande maggioranza, il bidet è ancora considerato “oggetto misterioso”. 

Per loro è come un UFO di ceramica atterrato nel bagno.

Non ci crederete, ma su You Tube ci sono manuali dal titolo ”How to use a bidet”, completi di schemini e dimostrazioni pratiche (senza pubblico, per fortuna).
E sempre più spesso trovo sui social qualche “Casanova italico” che chiede al mondo “ma le inglesi, francesi ecc, non lo usano il bidet?”

Evidentemente la domanda è la conseguenza di qualche esperienza erotica poco gradevole.

Eppure, il bidet ha una storia gloriosa.
Nasce nella Francia del XVII secolo: Maria de’ Medici, con il suo sangue italiano, se ne fece installare uno per uso personale. 

Agli albori era nato come un oggetto portatile, da conservare sotto il letto accanto al tradizionale vaso da notte. Si diffuse all’inizio fra la nobiltà e l’alta borghesia. Non a caso un dipinto di Louis-Leopold Boilly ritrae una giovane aristocratica alle prese con la toilette intima a cavalcioni di un bidet (il ritratto è noto con il titolo “La Toilette intime ou la Rose effeuillée).

L’inventore? Sembra un certo Christophe Des Rosiers, che probabilmente non immaginava che la sua creatura sarebbe stata a lungo confusa con un attrezzo da bordello

Già, perché i primi bidet di Versailles finirono proprio lì, dopo che i nobili li avevano snobbati. Da quel momento, in Francia il bidet divenne sinonimo di peccato carnale.
Liberté, égalité, fraternité… ma niente bidet.

Ed è ancora così. 

In Italia invece è andata diversamente.
La regina Maria Carolina di Napoli ne volle uno nella Reggia di Caserta, e i funzionari piemontesi che lo trovarono lo descrissero come “uno strano oggetto a forma di chitarra”.
E noi, popolo pratico e pulito, lo adottammo con entusiasmo, fino al decreto ministeriale del 1975 che lo rese obbligatorio in ogni casa.
Altro che chitarra: qui suonava l’inno all’igiene nazionale.

Nei Paesi anglosassoni, invece, il bidet è rimasto vittima della cattiva fama. Gli americani lo scoprirono a Parigi nel ’45, entrando nelle case chiuse. 

Da allora, nell’immaginario collettivo, il bidet rimase “lo strumento del vizio”.
Il paradosso? 

Quelli che mandano sonde su Marte, non hanno ancora capito come ci si lava decentemente il… posteriore.

Uno straniero non usa il bidet perché, dice, si fa ogni giorno la doccia. 

Anche noi italiani ci facciamo la doccia, ma non la facciamo ogni volta che usiamo il bagno… e qui potrebbe scapparci un sorriso beffardo.

Ma qualcosa sta cambiando.
Girando per la Spagna, ma anche per il Portogallo e la Grecia, potrete constatare ad esempio che ormai lo si trova in quasi tutti gli hotel.

La dotazione è comunque ancora molto carente in Gran Bretagna e nei paesi del nord Europa. Ma è soprattutto negli Stati Uniti che è in atto una sorta di mini rivoluzione del costume. 

Dal 2010 infatti le vendite sono aumentate di almeno il 10% l’anno, e nel 2016 se ne sono venduti il 30% in più dell’anno precedente. 

All’inizio ad essere conquistati sono stati soprattutto uomini e donne fra i 55 ed i 70 anni, ma negli ultimi anni il bidet sta sta diventando trendy anche fra i millenials.

Il cambiamento di approccio è in parte dovuto alla forte medicalizzazione della società americana. I medici hanno infatti cominciato ad imputare alla scarsa igiene la diffusione di malattie come la prostatite batterica, le infezioni alle vie urinarie, le emorroidi e certi problemi gastro-intestinali. 

E poi c’è la questione ambientale: si calcola che ogni americano consuma 40 rotoli di carta igienica all’anno. 

Con il bidet, si risparmierebbero foreste intere.
Insomma, anche la Terra ringrazierebbe.

Alla fine, il bidet non è solo un accessorio da bagno: è un modo di pensare; mi spingerei a definirlo una sorta di weltanschauung  dell’igiene intima.
È la prova che l’Italia non è solo arte, cucina e moda, ma anche civiltà quotidiana.
Come ebbe modo di scrivere la  BBC, è “un simbolo universale della supremazia igienica italiana”.
E diciamocelo: se questo non è patriottismo, poco ci manca.

Perciò, quando viaggiamo e ci ritroviamo in un hotel con bagno minimalista, niente panico.

Sospiriamo, sopravviviamo con le salviettine, e ci ripromettiamo:
“Appena torno a casa… la prima cosa che faccio è…”
E non serve aggiungere altro; chi è italiano, ha già capito.

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