2 Settembre 2020 - 10.01

Trieste batte Vicenza 4-0

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Di Alessandro Cammarano

“Vicenza città bellissima”, come recita un vecchio adagio, ma talmente piena di magagne che la bellezza troppo spesso rimane nascosta.

Senza peccare di esterofilia basta spostarsi di poco più di centocinquanta chilometri verso Est e si arriva a Trieste, dove l’atmosfera che si respira è di ben altra qualità.

Vabbè, Trieste è stata la capitale sul mare dell’Impero Asburgico, è crocevia di culture e popoli, ha un’identità marcatamente mitteleuropea, però ha anche la popolazione più anziana d’Italia e tra città e provincia gli abitanti arrivano a 240.000 contro i gli 860.000 di Vicenza e provincia.

Vicenza dovrebbe essere volano di cultura, punto riferimento per storia e arte; invece nel confronto con il capoluogo giuliano soccombe miseramente.

Ma andiamo per punti, come in una partita di calcio.

Vicenza è piena di bar, quasi tutti sistemati maluccio – compresi quelli del Centro Storico – e spesso con personale al limite della decenza tanto da far pensare che all’ombra dei Berici la gentilezza non alberghi con facilità. Se poi non ci fosse stato il Covid col conseguente massiccio ricorso al distanziamento sociale, i plateatici sarebbero compressi e affollati su modello “metropolitana di Tokyo all’ora di punta”. Non un caffè “elegante”, tutto è “modaiolo-anonimo” o “Ikea-triste”. A Trieste, e non solo in Piazza Unità d’Italia, non c’è un singolo bar dove non venga voglia di fermarsi; personale cortese, sorriso a portata di mano, il vicino – ma non troppo vicino – di tavolo, spesso habitué, quasi sempre disposto a fare due chiacchiere. Ci si sente a casa.

Città anziana Trieste, si diceva, ma le mule ultraottuagenarie sono inossidabili e all’aperitivo al Tergesteo o agli Specchi non rinunciano neppure se si devono spingere la sedia a rotelle una con l’altra, ghignando come adolescenti malandrine. Anche i bar dei giovani, basta andare nei dintorni di Palazzo Revoltella, sono allegri e popolati di ragazze e ragazzi che hanno voglia di divertirsi e non di fare i fighetti.

Trieste 1 Vicenza 0

A Vicenza e dintorni impazzano le catene di Fast Food un tanto al chilo; a Trieste ci sono i “buffet” storici e frequentatissimi sia dagli autoctoni che dai turisti dove si servono specialità locali – comprese quelle di derivazione austriaca e slovena – con classe e a prezzi competitivi. Se posso avere del pesce fritto strepitoso o dei bolliti sublimi non ho necessità di cercare burger sintetici. Tra l’altro i “buffet” sono pressoché sempre aperti e a disposizione e i camerieri non ti guardano come uno zombie se ordini testina e lingua con cren e crauti alle quattro del pomeriggio. Vicenza avrebbe da proporre risotti superlativi, formaggi e salumi da favola, ortaggi tipici; invece no, tutti a mangiare pulled-pork prefabbricato perché praticamente nessuno offre un’alternativa. Da notare che basta spostarsi a Bassano o Thiene perché l’atmosfera e l’offerta gastronomica cambi a favore della qualità e della valorizzazione dei prodotti locali.

Trieste 2 Vicenza 0.

La Città di Palladio – che se la vedesse adesso si sentirebbe non proprio a suo agio – non presenta di fatto nessun concetto di uniformità nell’arredo urbano. Sembra che negli anni si sia semplicemente provveduto ad un progressivo accatastamento casuale di pensiline, fioriere, lampioni, ringhiere, eccetera riconducibili agli stili più disparati e disperati il cui unico denominatore comune è la bruttezza. Ci vuole tanto ad immaginare un progetto organico?

Trieste è uniformemente arredata con chiari rimandi viennesi, i colori sono equilibrati e garantiscono unità nella diversità: ferro battuto, illuminazione ben calibrata, panchine belle sulle quali ci si può sedere tranquillamente a mangiare un cono comprato in una delle tante gelaterie tutte buonissime.

Trieste 3 Vicenza sempre 0.

Le aree di interesse in quel di Trieste sono ben indicate, facilmente raggiungibili e soprattutto sicure. Con pochi euro di parcheggio, o con una bella passeggiata lungomare, si arriva al Castello di Miramare e al suo meraviglioso parco, tra l’altro recentemente risistemato; panorama mozzafiato, un tuffo in un passato riportato al presente. A Vicenza Campo Marzo giace nell’abbandono più completo e – al netto dei proclami – sorci e spacciatori continuano a farla da padroni.

Trieste 4 Vicenza tragicamente 0.

Che fare per consentire a Vicenza Città bellissima una rimonta sulla sorella giuliana? Qualche idea ci sarebbe.

Perché non piantare qualche albero su Viale Milano, una volta la Wall Street di Vicenza e oggi sede di negozietti tristi e di degrado umano? Marciapiedi curati, verde, qualche tavolino di bar non offrirebbero una nuova visione della zona?

Non si potrebbe ripensare lo spazio antistante le mura scaligere di Viale Mazzini che al momento è solo un prato e scorrazzacani? Tra l’altro il Teatro è giusto lì di fronte…

Siamo in un momento di emergenza, ma è proprio da questi periodi che in passato sono partite le grandi spinte al rinnovamento; dalla Peste Nera nacque il Rinascimento. Basta essere capaci di approfittarne.

Perché non riqualificare Viale Roma, porta d’accesso alla città per chi arriva in treno – dello schifo della stazione ferroviaria magari parliamo un’altra volta – magari rendendo stabile il mercato e posizionando delle casette di legno per la cui estetica si potrebbe fare un concorso di idee e che farebbero sì che l’area tornasse in mano ai cittadini e non rimanesse preda delle pantegane e dei pusher? Forse è più facile, in occasione della “Festa dei Oto” addobbarlo con abominevoli luminarie da strapaese – almeno si andasse ad imparare in terra di Puglia che cosa vuol dire “decorazioni luminose” – che fanno da ingresso ad un Luna-Park fantasma lontano mille anni da quello che fu.

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