19 Dicembre 2017 - 14.48

PFAS – Documento trasfusionisti veneti: “Plasmaferesi è sicura”

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Il Coordinatore del Centro Regionale Attività Trasfusionali-Crat e i Direttori dei Dipartimenti Trasfusionali del Veneto si sono riuniti ieri per valutare sul piano tecnico-scientifico e su quello della sicurezza e dell’appropriatezza la situazione relativa all’utilizzo della plasmaferesi per abbattere la presenza delle sostanze perfluoroalchiliche nel sangue delle persone contaminate dai Pfas, sottoscrivendo un documento che è stato inviato al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, al Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Walter Ricciardi, al Presidente della Regione Luca Zaia, all’Assessore alla Sanità Luca Coletto e al Direttore Generale della Sanità Veneta Domenico Mantoan. Il documento reca le firme del Coordinatore del Crat Antonio Breda e dei Direttori dei Dipartimenti Trasfusionali della Regione Veneto Giustina De Silvestro, Alberta Alghisi, Loredana Martinelli, Stefano Capelli, Gianluca Gessoni, Francesco Chiavilli e Andrea Frigato. Nel loro documento, i sanitari, per quanto riguarda la sicurezza, sottolineano, tra l’altro, che “vengono effettuate ogni anno decine di migliaia di plasmaferesi in Italia e milioni di procedure nel mondo”; che “se ci fosse anche lontanamente il sospetto di inaccettabili frequenze di reazioni avverse legate alla procedura, questa non sarebbe certo applicata a milioni di donatori di sangue nel mondo”; e che “il regime applicato in Veneto per la rimozione dei Pfas è di gran lunga meno invasivo di quello applicato nei donatori di sangue”. “Se ne deve concludere che l’esecuzione di un numero limitato di procedure di plasmaferesi ogni due settimane (come previsto dal protocollo messo in atto dai sanitari veneti fino alla sospensione del 15 dicembre ndr.) è pratica sicura e sostanzialmente scevra da rischi”. Per quanto riguarda l’appropriatezza, i Trasfusionisti del Veneto fanno tra l’altro presente che si è di fronte a “un fenomeno ristretto ad alcune situazioni geografiche definite e non molto diffuse, al momento in investigazione in alcuni Paesi (Usa, Australia, Germania)” e che, di conseguenza, “non è pensabile che in questi anni si sia potuta accumulare sul tema un’ampia letteratura. Tuttavia, il fatto è fenomeno strettamente dipendente dalla rarità della condizione e non dalla pericolosità o dalla controindicazione della procedura di rimozione di plasma nell’accumulo di inquinante nel sangue…”. “I dati preliminari sin qui accumulati in Veneto – si legge ancora – dimostrano, in effetti, che le pratiche sono efficaci, almeno in prima battuta”.

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