9 Novembre 2020 - 9.31

Immigrazione e Covid-19: il rischio è alto e negarlo può essere devastante

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di Umberto Baldo

Ho sempre pensato che un conto sia fare le “anime belle” nei salotti delle “Zone a traffico limitato” delle città, propugnando la politica dei “porti aperti”, e flirtando con “pasionarie” tipo Carola Rackete, ed un altro trovarsi ad affrontare i flussi migratori da certi Ministeri in prima linea.
Lo abbiamo visto con Marco Minniti, che da Ministro dell’ Interno del Governo Gentiloni aveva cercato di inaugurare una nuova “terza via” sull’immigrazione, perseguendo una stagione di buon governo dei flussi migratori, senza scadere in atteggiamenti razzisti, ma prendendo finalmente atto del problema.
Per fare questo Minniti ha dovuto necessariamente entrare in rotta di collisione con i “talebani” dell’ “entrate tutti”, incarnati dalle mitiche Organizzazioni Non Governative” (Ong), e con tutto quel mondo che aveva trasformato l’immigrazione clandestina in un colossale business. Minniti aveva centrato il problema quando dichiarava: “l’alternativa ai nazional-populisti non può essere accogliamoli tutti”, o più di recente in un’intervista: “C’è una evidente correlazione tra immigrazione e Covid e negarlo porta solo a favorire Matteo Salvini….Nel momento in cui tutte le popolazioni del mondo stanno discutendo di lockdown, di mascherine, di distanziamento sociale e insomma di come governare i contatti fisici tra le persone, è semplicemente irragionevole ritenere che tutto questo non abbia alcun rapporto con i flussi migratori”.
Come è andata a finire lo avete visto. Con Minniti di fatto ricusato dal Partito Democratico, il suo partito, che sembra fare finta che non sia mai esistito.
Ma non deve essere facile neanche per l’attuale Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, o per quello degli Esteri Luigi di Maio, girare la testa di fronte alle coste della Sicilia prese d’assalto da migliaia di tunisini, continuando ad assecondare l’idea del Pd che “non c’è nessuna emergenza”.
No, non deve essere facile! Anche perchè qualcuno in Europa evidentemente comincia a diventare nervoso.
Mi riferisco soprattutto ai francesi, dopo aver verificato che il “macellaio” che ha barbaramente ucciso tre persone in un luogo simbolico quale la Cattedrale di Nizza, era sbarcato a Lampedusa lo scorso 27 settembre, e da lì, passando per un centro di assistenza in Puglia, era alla fine arrivato indisturbato in Francia per compiere il massacro.
Non credete alle dichiarazioni di facciata! Le tensioni fra “Paesi amici” difficilmente vengono fatte trasparire, e si parla sempre di “rapporti cordiali”. Ma è altamente probabile che qualche telefonata un po’ tesa ci sia stata fra Parigi e Roma.
E non devono essere state telefonate proprio gradevoli per la Lamorgese e Di Maio, per non dire degli attacchi delle opposizioni nostrane, accompagnate dalla consueta richiesta di dimissioni.
Tanto è vero che qualcosa si è mosso.
Iniziamo con la Ministra dell’Interno che, dopo aver incontrato a Roma il suo omologo francese Gerald Darmanin ha avanzato la proposta di un piano comune italo-francese per il ”controllo del mare”, da realizzarsi con navi e aerei italiani. Il progetto prevede, parole della Lamorgese: “il posizionamento di assetti navali e aerei che possano avvertire la Tunisia delle partenze, affinché le autorità possano, nella loro totale autonomia, intervenire”.
Il piano, che dovrebbe essere presentato ai tunisini dal Ministro francese nel corso di una prossima visita, non si limita a questo, perchè prevede anche la richiesta che l’Europa attivi una “road map” che negozi accordi di rimpatrio con i principali Paesi africani, oltre che la proposta di una lotta comune contro l’ideologia jihadista, a partire dalla chiusura dei siti web attraverso i quali si radicalizzano migliaia di giovani. Oltre che, ciliegina sulla torta, l’istituzione da subito in via sperimentale di “brigate miste” italo-francesi per pattugliare i confini comuni, ed impedire ingressi illegali in Francia, visto che immigrati che vogliono entrare in Italia da nord non ce ne sono.
E’ chiaro che la Ministra Lamorgese si è resa conto che non è possibile continuare con le politiche delle “porte aperte”, anche perchè immagino che nelle Cancellerie europee ci si cominci a chiedere come mai i terroristi sbarcano da noi e vanno a fare gli attentati da loro. E può essere che non siano più disposti a credere che non ci colpiscano perchè abbiamo i migliori servizi di intelligence, e comincino invece a sospettare che non lo facciano perchè utilizzano l’Italia come un “santuario” in cui sbarcare senza problemi, ed una retrovia in cui eventualmente rifugiarsi, come fece nel 2016 l’attentatore di Berlino, ucciso quando era in fuga alle porte di Milano.
Possono chiamarlo come vogliono, ma il piano della Lamorgese, che a quanto trapelato sarebbe stato studiato anche sentendo i Ministri della Difesa e degli Esteri Lorenzo Guerini e Luigi Di Maio, assomiglia tanto ad un “blocco navale”, che sicuramente non troverà il consenso del Partito Democratico, ancora reduce dai festeggiamenti per la riforma dei decreti sicurezza di Salvini.
Ed in effetti la stampa ha riportato la notizia che il Premier Conte avrebbe fatto orecchie da mercante alle proposte della sua Ministra, confermando così la sensazione di non voler inimicarsi il PD in un periodo in cui Orlando e Marcucci chiedono un rimpasto di Governo, che Conte teme più di ogni altra cosa, perchè sospetta che alla fine potrebbe essere messa in discussione anche la sua poltrona.
E venendo quindi al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, anche lui sembra in una fase post-sorrisi per lo smantellamento dei decreti sicurezza.
Evidentemente l’arrivo incessante di migranti (quest’anno il triplo di quelli del 2019), oltre che gli attentati terroristici in Europa, devono avergli suggerito che il modello di accoglienza imposta dal Pd non è proprio il massimo.
Tanto che, in una intervista, Di Maio ha dichiarato che è necessario: “Alzare l’attenzione sui flussi migratori illegali come sta giustamente facendo il Viminale”. E dicendo inoltre che: “I migranti rappresentano un rischio, serve realismo. Sono stato il primo a parlare di un problema nel merito, e questo problema va risolto. Se un Paese non ha le risorse per poter assistere, allora non può accogliere, altrimenti l’esito è un’esasperazione dell’emarginazione sociale. Stiamo male noi e stanno male loro”.
Non so come la pensiate, ma a me queste di Di Maio sembrano parole di buon senso.
Ma sono parole che nel Partito democratico sembrano avere l’effetto di un cerino in una tanica di benzina.
Nicola Zingaretti e le alte sfere del Pd hanno fino ad ora preferito non commentare.
Ma dichiarazioni contro quella che si paventa sia la nuova linea di Di Maio sull’immigrazione non sono certo mancate.
Come quella di Matteo Orfini, che avrebbe detto: “Oggi, come un Salvini qualsiasi, Di Maio spiega che dobbiamo difendere i confini dai migranti, e stendo un velo pietoso sulla sua proposta di un patriot act europeo, ispirato al modello americano”.
Come vedete, clima sensibilmente irritato nel Pd.
Io credo che il problema stia nel fatto che da sempre in Italia l’immigrazione è stata affrontata non con i parametri della razionalità, bensì con quelli dell’ideologia.
E lo affermo non salvando nessuno. Né la destra che ne ha fatto oggetto di scontro politico a fini elettorali, né la sinistra che ha sempre preferito fare come le tre scimmiette, stigmatizzando i cittadini esasperati e l’ “allarmismo sugli sbarchi”, e nascondendosi dietro la “difesa dei valori”.
E non è esente da colpe neppure l’Europa, che ipocritamente bacchetta l’Italia sugli obblighi dell’accoglienza, lasciandola però sola ad affrontare gli sbarchi, ed ignorando volutamente il fatto che l’immigrazione illegale favorisce crimine e terrorismo.
Mi rendo conto che le migrazioni sono sempre esistite, ma una società moderna ha il diritto-dovere di regolamentarla.
E per quanto riguarda l’Italia, la cui crisi demografica imporrà negli anni a venire un certo afflusso di cittadini stranieri, la strada non è sicuramente quella delle “frontiere aperte” e dell’ “entri chi può”.
Come dicevo, se la questione venisse affrontata con razionalità, la via maestra sarebbe solamente quella di regolamentare i flussi, cui dovrebbe però fare da contraltare una decisa politica di controllo dei confini, e di respingimento di chi non ha diritto di entrare nel nostro Paese.
In pratica si deve arrivare a fissare il principio che in Italia si entra solo dopo una richiesta presentata in una nostra Ambasciata, e dopo aver ottenuto il relativo visto.
Questo deve valere per i cosiddetti “migranti economici”, non certo per i rifugiati “veri”, quelli che fuggono dalle guerre, che sono da sempre una minoranza.
Ma reintroducendo il permesso di soggiorno per “motivi umanitari”, come fatto dal Governo giallo-rosso con la recente contro-riforma dei decreti di Salvini, si è di fatto riammessa la possibilità di aggirare il predetto principio, legalizzando così qualsiasi ingresso.
Certo in questi giorni l’attenzione degli italiani è ovviamente concentrata sulle misure anti Covid, che sembrano purtroppo avviarsi verso forme di lockdown sempre più estese. Ma il Governo non può ignorare che prima o poi la gente si chiederà come mai gli italiani sono costretti a stare in casa, mentre queste regole sembrano non valere ad esempio per i migranti che si muovono per le nostre città. E parimenti chiederà conto del fatto che le costanti fughe dai centri di accoglienza mal si sposano con i controlli sanitari e le prescrizioni per il contenimento del virus.
Chiudere gli occhi, sperando che “passi a nuttata”, non serve a nulla.
Umberto Baldo

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