25 Aprile 2018 - 10.54

25 aprile, un’occasione di futuro

Il 25 aprile arriva puntuale ogni anno, insieme al giorno di festa nazionale arrivano le solite polemiche tanto dai professionisti dell’antifascismo quanto da quelli del revisionismo storico. E, francamente, sarebbe arrivato il tempo di togliere il valore partitico e fazioso che molti hanno costruito intorno all’anniversario della Liberazione per osservare con lo sguardo oggettivo della Storia, ma con la pietas di chi ha compreso che l’Italia di oggi è una nazione pacificata, che il nostro Paese è cresciuto sia pure in mezzo alle tante contraddizioni che viviamo anche in questi giorni di instabilità politica.
La grande e oggettiva eredità che va ricordata nel giorno del 25 aprile è che questa data segna la fine di una dittatura e l’avvio di una, non facile, democrazia in Italia. I valori democratici su cui si fonda la nostra Costituzione, non sono in pericolo, ma sono diventati, dopo il 25 aprile, valori condivisi nella nostra identità di popolo. Questo non significa che il 25 aprile non sia stato anche insanguinato da episodi inaccettabili come lo sfregio di Piazzale Loreto, il dramma dimenticato delle foibe o le stragi compiute da componenti ultraviolente del mondo partigiano. Lo abbiamo saputo da poco grazie anche ai libri di un guru del giornalismo di sinistra come Giampaolo Pansa, e la cultura ufficiale ne aveva oscurato la memoria. Certo il 25 aprile è stato anche questo e la storia di quegli anni merita una rilettura senza il filtro ideologico. Ma la data di oggi va ripensata alla luce di quello che siamo diventati nel frattempo, va incrociata con l’attualità per capire meglio e non commettere altri errori.
Insomma il 25 aprile dovrebbe essere qualcosa di più del ricordo commosso della Resistenza, dovrebbe essere più della professione di antifascismo, potrebbe essere il giorno in cui l’identità del nostro Paese viene rifondata e ricordata, il giorno in cui si smette di essere nemici e faziosi, si ferma la macchina pericolosa con cui si tende a demonizzare l’avversario politico o semplicemente chi ha un punto di vista diverso dal nostro e si ricomincia a lavorare per il bene dell’Italia partendo dai valori di fondo su cui è stata fondata la Repubblica, da un perimetro oltre il quale non è consentito andare e la classe politica, anche quella che sta giocando a testa o croce da 40 giorni sulle alleanze ed ha trasformato Montecitorio nel Bar Sport di un piccolo paese di provincia, dovrebbe avere un po’ più di senso delle istituzioni a svantaggio del proprio ego.
Del resto dopo il 25 aprile del 1945, a Montecitorio c’erano De Gasperi, Einaudi, De Nicola, Pertini.
Mettiamoli accanto a Renzi, Di Maio o Salvini e capiremo da dove l’Italia dovrebbe ripartire.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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