5 Giugno 2023 - 10.02

Vicenza e Salisburgo: il confronto fra due gioielli sotto il segno della musica

Vicenza e Salisburgo città di musica.

di Alessandro Cammarano

Ben ritrovati in questo inizio di giugno che, esattamente come il maggio appena trascorso, somiglia moltissimo ad un grigio inizio di novembre, con buona pace di chi nega i cambiamenti climatici in atto.

Per ravvivarci un po’ perché non dedicarci a mettere a confronto due realtà urbane non distantissime dal punto di vista demografico e, come scopriremo non così dissimili dal punto di vista delle proposte culturali, pur operando doverosi distinguo: Vicenza e Salisburgo.

Qualcuno potrebbe dire che a Vicenza Salisburgo “mangia i risi in testa”, eppure i punti di contatto, sia in positivo che in negativo, sono più di quelli, a voler fare un esame approfondito, che ci si potrebbe aspettare.

Le due città, capoluogo di provincia l’una e di regione – il Salisburghese – l’altra hanno un numero non dissimile di abitanti, contando che la città austriaca vanta un Hinterland parecchio vasto e articolato e possono ascriversi entrambe illustri cittadini.

Se Salisburgo – e qui la vittoria è assegnata agli austriaci – vanta i natali di Mozart, Vicenza risponde con Pigafetta e Trissino, Zanella e Fogazzaro; tra i cittadini adottivi il capoluogo berico si rifà alla grande con Andrea Palladio e la città sulla Salzach risponde con Michael Haydn – fratello di Franz Joseph e anch’egli valentissimo compositore – Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim detto più comunemente Paracelso e Christian Andreas Doppler.

Entrambe sono città di festival e qui il discorso si fa più insidioso anche se le sorprese sono dietro l’angolo, con Mozart a fare da trait d’union.

Dal 1920 Salisburgo è sede del festival che, lo si voglia o no, è ancora il più blasonato al mondo, richiamando frotte di appassionati da ogni parte del globo.

Per poco più di un mese, dall’ultima settimana di luglio a fine agosto, la cittadina austriaca diventa la capitale mondiale soprattutto della musica, ma anche del teatro di prosa, proponendo una serie di appuntamenti di livello stratosferico.

Certo, i nostalgici potrebbero obbiettare che i tempi leggendari della gestione di Herbert von Karajan e del suo impero discografico sono ormai impossibili da replicare, eppure il festival è capace di produrre spettacoli e concerti memorabili.

Per dare un’idea l’orchestra impiegata nell’esecuzione delle opere è da sempre la Filarmonica di Vienna, tanto per dire.

Accanto a quello estivo Karajan volle nel 1967 anche un Festival di Pasqua, affidandosi anche alla Filarmonica di Berlino, che divenne il “salotto elegante” vista l’esclusività e la ricerca nella programmazione.

Il 1973 vide la nascita del Festival di Pentecoste, oggi diretto – e speriamo per molto ancora – da quel genio di Cecilia Bartoli e quasi interamente dedicato alla musica tra Barocco e Settecento: una chicca preziosissima, parola di uno che lo frequenta, insieme al festival estivo, da un bel po’ di anni.

Poi ci sono le Settimane Mozartiane e tutta l’attività legata al Mozarteum, tanto per dire.

La città vive intensamente tutte queste manifestazioni, anche se negli anni i negozi hanno un po’ abbandonato le meravigliose vetrine “a tema” quando accanto alle salsicce campeggiava la gigantografia di un tenore famoso o il cartonato di un celebre pianista faceva capolino tra i Mozartkugel.

Ovviamente tutte queste manifestazioni godono di fantastiliardesche sovvenzioni che provengono dallo stato, dalle amministrazioni, locali, da sponsor blasonatissimi e dalla vendita dei biglietti i cui prezzi sono parecchio “importanti” contando che per un buon posto non si scende sotto i centocinquanta euro ma se ne possono spendere fino a quattrocentocinquanta.

Naturalmente è sempre tutto esaurito.

Vicenza ci ha messo qualche anno in più, per quanto riguarda la musica, ma sta guadagnando posizioni.

La manifestazione storica della città è legata al suo monumento per eccellenza, ovvero al Teatro Olimpico che ospita il Ciclo di Spettacoli Classici giunto quest’anno alla sua settantaseisema edizione e capace di vantare produzioni di livello altissimo.

Poi c’è la musica, tanta e sempre imperniata – ma non solo – intorno all’Olimpico.

Nel 1983 nacque la rassegna “Mozart in Italia”, ideata da Italo Gomez e capace di portare a Vicenza spettacoli e intrepreti di livello eccelso, da Hogwood a Vick, da Curtis a Pizzi per citarne solo alcuni.

Il tutto durò fino al 1988, troppo poco; ma quegli anni furono indimenticabili.

Nel 1992 nacquero le Settimane Musicali a Teatro Olimpico – quest’anno alla loro trentaduesima edizione e vincitrici del Premio Abbiati assegnato dall’Associazione Nazionale Critici Musicali – capaci di diventare una vera fucina di talenti e di proposte mai legate alla “convenzionalità “.

Festeggia il suo undicesimo anno il Festival Vicenza in Lirica, intelligentemente indirizzato verso i giovani, tra concerti, masteclass, opere i cui ruoli vengono messi a concorso e con i vincitori ulteriormente preparati da docenti di calibro internazionale e capace di coinvolgere l’intera città.

Ultimo nato, il suo debutto è del 2018, è il Vicenza Opera Festival che vede protagonista la Budapest Festival Orchestra – compagine tra le più prestigiose al mondo – e il suo direttore Iván Fischér: un’opera l’anno e uno due concerti, ma di livello stratosferico.

Una bella gara dunque tra le due città della musica: Salisburgo è ancora avanti, ma Vicenza insegue.

Ci sono altri punti di contatto meno luminosi tra le due realtà, prima fra tutte l’impossibilità di mangiare un boccone dopo lo spettacolo o il concento: i ristoranti, ma anche i bar abbassano spietatamente le saracinesche ad orari gallineschi e dunque si resta con la fame e anche con la voglia di proseguire la serata parlando di ciò che si è visto e ascoltato.

In verità a Salisburgo esiste il Triangel, che tiene aperto dopo recita servendo cibo così così a prezzi inauditi e con un servizio da carcere di massima sicurezza: però è l’unico e alla fine ci si finisce tutti, magari facendo pure la fila.

A Vicenza mi accontenterei anche di un furgone con “panino onto”, pardon adesso si chiama food-truck e serve porchetta bio e peperoni millesimati.

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