14 Marzo 2022 - 9.36

TV – Insopportabili risse e sofismi da salotto mentre in Ucraina muoiono!

di Umberto Baldo

L’altro giorno un amico mi ha chiesto se per caso avessi visto l’ultima puntata di “Piazza Pulita”, il programma di Corrado Formigli su La 7.
Gli ho detto di no, perché da tempo cerco di evitare quel tipo di trasmissione, per i motivi di cui parlerò più avanti.
Siccome le moderne tecnologie offrono la possibilità di rivedere certi passaggi televisivi anche in tempi successivi, sono riuscito a recuperare lo scontro che c’è stato fra la docente di filosofia Donatella De Cesare, ed i giornalisti Mario Calabresi e Paolo Mieli.
Converrete come me che Mieli, e anche Calabresi in verità, siano persone pacate, razionali, poco inclini alla rissa.
Eppure di fronte alle argomentazioni della professoressa, che tentava di giustificare l’invasione russa in Ucraina, Mieli è sbottato, perdendo il suo proverbiale aplomb.
A onor del vero la De Cesare non ha affermato di essere d’accordo tout court con l’invasione dell’Ucraina, ma di fronte a Mieli e Calabresi che condannavano la guerra senza giri di parole, si è lanciata in ragionamenti tipo “Mi preoccupa quando c’è un’unica versione, e chiunque osi fare domande viene etichettato e messo al pubblico ludibrio. Dire che Putin è un pazzo, che tutto dipende dal suo cervello, che è il male assoluto è una versione a senso unico, ed è una semplificazione. Questo è inaccettabile. Anche l’uso della parola ‘resistenza’ è inappropriato, se ne parla solo in Italia. In Ucraina non c’è una guerra civile, c’è un conflitto tra due Stati. Dov’è la resistenza?
Sofismi da filosofi, legittimi per carità, che però vanno bene a mio avviso finché non cadono le bombe sugli ospedali, come giustamente facevano notare anche Mieli e Calabresi.
Intendiamoci, niente di nuovo sotto il sole!
Il problema è che i talk show sono diventati di fatto il pilastro portante delle principali emittenti televisive italiane.
Il motivo è evidente; si può mettere in piedi un programma di ore e ore con poca spesa.
Il talk è la trasmissione più facile ed economica da impostare sia dal punto di vista dell’impianto tecnico (basta una sala, quattro sedie, una sorta di spalti per il pubblico, un po’ di luci e qualche scenario), sia da quello degli ospiti.
Ma poiché esiste anche la guerra dell’audience fra le varie Reti, l’obiettivo è quello di tenere lo spettatore il più possibile incollato allo schermo.
E di conseguenza è interesse vitale del conduttore non solo che non vengano censurati gli scontri verbali accesi fra gli ospiti, ma anzi che gli stessi vengano provocati ed alimentati, anche a costo di perdere il filo del discorso, e trasformare il dibattito in una rissa.
Questo schema è risultato chiarissimo nei due anni di pandemia da Covid, in cui è stato chiamato a “pontificare”, oserei dire “vaticinare” tutto lo scibile medico disponibile, ma via via “raffinando” la tecnica di conduzione.
E così nei primi mesi dell’epidemia lo scopo evidente era quello di fornire qualche indicazione ad una platea smarrita e terrorizzata di fronte alle file di camion pieni di bare, e agli ospedali al collasso.
Ma mese dopo mese, quando si sono un po’ prese le misure al Covid, per accalorare i dibattiti si è puntato sempre più sulle contrapposizioni anche violente fra virologi, chiamati a dirsele di santa ragione davanti alle telecamere del talk show di turno.
Ma poiché le regola è che “the show must go on”, qualunque cosa succeda, ad un certo punto i vaccini sono arrivati come una manna dal cielo su questi dibattiti dell’assurdo, e allora via con la messa in onda di orde di negazionisti, chiamati ovviamente ad accapigliarsi con i sostenitori dell’immunizzazione.
Con il risultato di aver ingigantito a dismisura il fenomeno dei No vax, offrendo loro uno spazio immeritato, e di fatto favorendo la loro propaganda antiscientifica.
Devo confessarvi che, quando un mese fa il Covid non faceva più notizia, visto che le curve dell’infezione si erano improvvisamente ed inaspettatamente rivolte al basso, ed i ricoveri ospedalieri a calare, mi sono chiesto su cosa avrebbero puntato i conduttori dei talk per continuare a tenere incollati al video gli spettatori.
Forse il Pnrr, forse la riforma del catasto, forse la legge sul fine vita?
Per carità, temi troppo tecnici, troppo politici!
E come una meteora nell’etere televisivo, a colmare il vuoto ci ha pensato Vladimir Putin con il suo proditorio attacco all’Ucraina, ridando fiato, e che fiato, alla compagnia di giro dei conduttori di dibattiti.
Potremo certamente aprire una discussione sul fatto che, stranamente, non tutti ma buona parte della galassia No Vax- No Green Pass si trovi attualmente, non dico fra i sostenitori, ma sicuramente fra i giustificazionisti delle ragioni dello “zar russo”. Ma questo è un altro discorso, che merita una attenta riflessione, magari in un altro pezzo.
Sia chiaro che non voglio certamente minimizzare la prima guerra in Europa da oltre 70 anni, che non intendo passare sopra i bombardamenti, i massacri, le fosse comuni, le colonne dei profughi, i bambini morti, ma non posso non rilevare che oggi in tv non si parla d’altro, con lo stesso accanimento con cui si parlava di Covid fino a poco fa.
La verità è che immergersi nei talk show nostrani comporta un aggirarsi in una dimensione spazio temporale dominata dalle chiacchiere, gestite da conduttori che si sono specializzati nella tv del dolore, nella tv delle risse verbali, nella tv degli scontri ideologici.
Nelle loro sapienti mani, esperte nel dosaggio dei personaggi da ospitare, siano essi attori, giornalisti, filosofi, sociologi, medici, criminologi, politici, più ovviamente i provocatori bastian contrari per forma mentis, l’attualità, sia essa una pandemia o una guerra, è solo l’occasione, il canovaccio, per innescare improvvisazioni a soggetto, sempre nell’ottica del “più caos uguale più audience”.
Ecco perchè, tornando al tema iniziale, sono comprensibili l’ira e l’indignazione di Paolo Mieli a Piazza Pulita, ma è la stessa indignazione ad esempio di Antonio Caprarica a “L’aria che tira”, la trasmissione della Merlino, quando interloquiva con Giorgio Cremaschi.
Se la metta via Paolo Mieli, perchè quand’anche in questi dibattiti televisivi si trovino a partecipare persone guidate dal lume della ragione, rischiano di essere inghiottiti dal turbine di polemiche, distinguo, contestazioni, che affievolisce quel lume fino a spegnerlo.
E noi spettatori?
Dalle rilevazioni dei dati dello share, sembra che gli “aficionados” di queste “arene mascherate da dibattiti” siano sempre più in calo.
Ma evidentemente, pur con numeri meno rilevanti di una volta, sono ancora sufficienti perchè le Reti televisive continuino a tenere in piedi questi baracconi fatti di urla, interruzioni, applausi a comando.
Resta sempre aperta la possibilità di evitarli, o facendo altro, che ne so, leggere o fare sesso, oppure rivolgendosi alle televisioni a pagamento.
E’ vero che c’è un obolo da pagare, ma hanno il pregio di farti vedere quello che vuoi, quando vuoi, senza pubblicità, e soprattutto senza importi presunti “maitre a penser” disposti, in cambio di un cachet, ad entrare a combattere verbalmente nell’arena di un talk show, come facevano una volta i gladiatori.
Ma almeno quelli rischiavano la vita……….
Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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