25 Febbraio 2022 - 12.23

Sanzioni alla Russia: perchè colpire gli oligarchi?

di Stefano Diceopoli

Se c’è un qualcosa che fa riflettere sull’efficacia delle sanzioni “devastanti” che Usa ed Ue stanno, per la verità faticosamente, mettendo in piedi contro Putin, a mio avvio sta in questa frase di Josep Borrell, il Rappresentante dell’Europa per la politica estera: “Niente più shopping a Milano, feste a Saint Tropez e diamanti ad Anversa”.
Viene da chiedersi: ma di cosa stiamo parlando?
Cosa c’entra la “dolce vita” con quelle sanzioni “punitive” che dovrebbero creare danni immensi all’economia russa?
E poi, siccome lo “zio Vladimir” non usa scendere per fare acquisti a Milano, folleggiare sulla costa Azzurra, o riempirsi di diamanti in Belgio, contro chi saranno applicati questi divieti?
La risposta è piuttosto semplice; contro gli oligarchi russi.
In realtà abbiamo già visto che le sanzioni in essere dal 2014 contro la Russia non hanno impedito allo “Zar Putin” di ammodernare le forze armate e prepararle ad invadere l’Ucraina, di farne il simbolo della neo nata potenza russa, e della sua dottrina contro l’”accerchiamento della Nato.
Ma poiché è impossibile il solo pensare che Usa e Nato possano inviare sul campo uomini e mezzi, col rischio vero di innescare la terza guerra mondiale, allora vai con le sanzioni, ma con tutte le cautele.
No al blocco dello Swift perchè bloccherebbe i pagamenti del gas e avvicinerebbe ulteriormente la Russia alla Cina, no al blocco delle forniture del gas perchè rischieremmo di restare noi al freddo e senza elettricità, e altri distinguo dettati dalla volontà dei singoli Stati di salvaguardare determinati settori produttivi e commerciali.
Quindi per riempire le prime pagine dei giornali, e “dare la carica” ad un’opinione pubblica europea ed americana per la verità piuttosto “freddina”, non resta nell’immediato che la “guerra ai ricchi”, meglio agli “oligarchi” che ha un suono più truce, che sembra più facile da applicare, visto che la storia ci insegna che le sanzioni “vere” funzionano solo contro Stati di piccole dimensioni, tipo Cuba. E la riprova è che l’Iran, forse lo Stato più sanzionato del mondo e da più lungo tempo, è ancora là, guidato dai suoi Ayatollah.
Ma allora non facciamo niente?
Ma no, se serve per darci un po’ di morale va benissimo la guerra agli oligarchi.
A proposito, chi sono gli oligarchi di cui parliamo?
Per gli antichi greci gli oligarchi erano un piccolo gruppo di uomini che detenevano il potere grazie alla ricchezza.
Per i russi, ma il fenomeno è presente anche in altri Paesi della galassia ex sovietica, Ucraina in primis, sono quegli uomini d’affari che hanno approfittato delle confuse privatizzazioni degli anni novanta per impadronirsi delle maggiori risorse della Russia.
Per capirci, è regola generale che ogni qualvolta un regime collassa ci sono quelli che perdono tutto e quelli che fanno invece la loro fortuna.
Così accadde anche dallo sfaldamento dell’ex Unione Sovietica, delle cui macerie approfittarono uomini decisamente intraprendenti, furbi, attivi, intelligenti, che capirono le enormi ed insperate opportunità che si aprivano davanti a loro.
Un’opportunità, che definire unica sembra quasi riduttivo, fu che il 1° settembre 1992 lo Stato spedì per posta ad ogni russo con più di un anno di età buoni per il valore di diecimila rubli, che costituiva il corrispondente della quota di ogni cittadino nell’economia russa fino ad allora collettivizzata.
Dopo settant’anni di comunismo si voleva trasmettere l’idea che da allora in poi ogni russo poteva lavorare non solo per lo Stato, ma anche per se stesso, cercando così di stimolare la nascita di imprese e proprietà private, in sintesi del mercato.
Purtroppo, a causa dell’inflazione galoppante quei buoni appena recapitati non valevano più niente, ed ogni detentore scoprì che ci si poteva comprare al massimo una bottiglia di vodka.
Ma come sempre accade nei momenti storici in cui mancano le regole del gioco, mancano le leggi, manca un sistema bancario e fiscale, in altre parole si crea un clima da Far West, ci sono alcuni più scafati degli altri che capiscono che è giunto il loro momento per approfittarne, e diventare ricchi a scapito della massa.
E così questi furbetti offrirono ai proprietari dei buoni non una bottiglia di vodka, bensì una e mezza, e fecero incetta di questi titoli.
Titoli che però rappresentavano azioni delle aziende di Stato della Russia, e così nel giro di qualche mese questi giovani che si chiavano Boris Berezovskij, Vladimir Gusinskij, Michail Khodorkovskij e altri, diventarono i re del petrolio, ed i titolari di buona parte delle grandi imprese statali, comprese quelle strategiche.
La spoliazione dello Stato proseguì poi quando Eltsin, avendo bisogno di soldi per far funzionare l’amministrazione statale, li ottenne dalle Banche, dovendo però dare in garanzia azioni dei giganti statali del petrolio, gas e metalli.
Inutile dire che, non potendo lo Stato ripagare questi debiti, nel 1995 queste grandi aziende (tipo Norilsk, Nickel, Yukos, Lokoil, Sibneft) passarono nelle mani di pochi banchieri privati.
In estrema sintesi la presa degli oligarchi sull’economia russa continuò inarrestabile negli anni successivi, con l’acquisizione del controllo delle Banche, necessarie per manovrare i loro flussi finanziari, e dei mezzi di informazione per influenzare l’opinione pubblica, e soprattutto condizionare il potere politico.
Tanto per aver un’idea nel 2002 tra gli uomini più ricchi del pianeta 6 erano russi, nel 2004 erano 26, e nel 2008 erano addirittura 82.
Con il passare del tempo alcuni si sono traferiti in occidente, tipo Roman Abramovic a Londra, Vladimir Gusinskij in Spagna, Leonid Nevzlin a Tel Aviv.
Altri comunque sono finiti in Siberia, non in vacanza eh, perchè quando arrivò al vertice della Russia, Vladimir Putin si rese conto che gli oligarchi erano un’entità autonoma dallo Stato, però in grado condizionarlo, per cui cominciò una campagna volta a ridimensionare il loro potere.
In estrema sintesi Putin garantì agli oligarchi protezione e carta bianca su alcuni loro affari economici, chiedendo in cambio di non opporsi al suo potere, e contemporaneamente riprese il controllo di diverse aziende nazionalizzandole.
Il passo successivo fu quello di costituire un “suo” gruppo di potenti oligarchi, da piazzare al vertice delle imprese statali, tanto che oggi il grosso degli oligarchi russi obbedisce senza mai discutere alle regole imposte dal Cremlino.
Ecco quindi spiegate le motivazioni delle limitazioni imposte dall’Occidente a questi magnati russi, nella speranza che, colpiti nel vivo dei loro interessi, possano in qualche modo favorire una qualche forma di opposizione interna ai disegni imperiali dello “zio Vladimir”.
Onestamente mi sembra un’arma un po’ spuntata, anche alla luce del fatto che personaggi come Gennady Nikolayevich Timchenko e Boris e Igor Rotemberg non solo hanno a disposizione vari passaporti, anche occidentali, ma soprattutto per il fatto che le loro ricchezze, molto diversificate, sono quasi sempre celate dietro presta nomi, il che le rende difficilmente aggredibili sulla base delle leggi europee.
In conclusione spero che la comunità internazionale abbia nel carniere qualcosa di più che rendere la vita un po’ meno facile agli oligarchi amici di Putin, ma le divisioni e le diverse sensibilità che si intravvedono fra Stati non fanno ben sperare.
Se alla fine prevalessero gli interessi a limitare al massimo le conseguenze economiche per le Nazioni che decidessero di applicare le sanzioni, Putin potrebbe dormire sonni tranquilli.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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