19 Agosto 2022 - 10.06

Ritratti di famiglia- Il Centrosinistra e il problema delle alleanze estreme (2)

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Ai problemi di Giorgia Meloni, dall’altra parte della barricata, à gauche, corrispondono quelli di Enrico Letta.
Ma sapete, è molto meglio avere qualche grana con gli alleati con i sondaggi che ti danno vincente, piuttosto che trovarsi a rincorrere con poche prospettive di vittoria.
Non a caso parlo di Letta e non di centrosinistra, non solo perché non mi è del tutto chiaro se quello che abbiamo di fronte sia un centro (?)sinistra, ma anche perché ho l’impressione, e nelle prossime settimane vedremo se ho ragione, che gli interessi del leader del Pd e quelli di Giorgia Meloni coincidano, nel senso che entrambi hanno l’interesse a polarizzare l’attenzione degli elettori esclusivamente su di loro, facendo passare il messaggio che non esiste altra scelta se non quella di campo: “O Letta o Meloni”.
Non è un caso se secondo alcuni “rumors” l’unico confronto all’americana in televisione potrebbe essere quello appunto fra Giorgia Meloni ed Enrico Letta.
Figuratevi, se così sarà, quanto rosicheranno Salvini, Berlusconi, e gli altri!
Guardate, non mi soffermo sulle difficoltà di queste ore a compilare le liste, il che comporta dire dei no a vecchi amici, escludere personaggi che hanno fatto la storia del Partito, fare scelte difficili. Questo capita a tutti i Segretari di Partito quando si devono mettere i nomi sulle liste e, come si dice, non te lo ha ordinato il medico di fare politica.
Quindi non mi emozionano certo le giuste rimostranze e gli altolà ad esempio del Pd dell’Emilia Romagna contro i cosiddetti “paracadutati”, sulla giusta considerazione che se uno è un vero leader i voti li deve trovare nel proprio collegio. Hanno ragione da vendere!
No, i problemi attuali di Enrico Letta vengono da lontano, e stanno tutti nella linea politica, a voler essere buoni, ondivaga seguita dal Pd in questa legislatura.
In particolare relativamente ai rapporti con il Movimento 5 Stelle. Accettando di costituire il Governo Conte 2, con lo stesso premier che aveva governato con la Lega di Salvini, sempre nell’assunto che la sola presenza del Pd “purifica ed emenda” da qualsiasi peccato ed errore del passato.
E cercando poi di mantenere in piedi un rapporto privilegiato come se le evoluzioni del M5S e le retoriche vetero-ambientaliste, vetero-pacifiste e vetero-pauperistiche con cui l’Avvocato del popolo ha alla fine buttato a mare il Governo Draghi (con la collaborazione attiva di Salvini e Berlusconi sia chiaro!) fossero colpi di testa di un capo politico invidioso del suo successore a Palazzo Chigi, e non invece il recupero di quell’identità social-bolivarista che rappresenta l’anima del primo grillismo, e che Conte cerca di recuperare per cercare di arginare la progressiva scomparsa del Movimento.
Certo non è colpa del solo Letta, perché è l’intero Pd ad essere stato come “folgorato” dal grillismo, nell’assunto che si trattava di “compagni che sbagliavano”, e quindi l’alleanza con i grillini rispondeva alla necessità di riconquistare gli elettori fuggiti verso i “vaffa” e la rivoluzione promessa dal comico genovese.
Non è un caso se mi soffermo su questo punto, perché da qui partono le difficoltà di Letta e del Pd di trovare il giusto posizionamento per impostare una campagna elettorale con qualche prospettiva di successo.
Perché non ci voleva certo un Pericle per capire che l’effetto combinato del taglio dei Parlamentari (voluto dal Movimento 5 Stelle e votato alla fine dal Pd dopo due voti contrari, forse come contropartita alla nascita del Conte 2), e della legge elettorale maggioritaria, avrebbe portato alla campagna elettorale più squilibrata e forse dall’esito più scontato della storia repubblicana. Letta non ha mostrato la giusta determinazione nel cercare di imporre ai 5 Stelle ed agli altri Partiti una nuova legge elettorale proporzionale, per cui sentirlo ora lanciare allarmi per le sorti della democrazia ed il rischio di derive orbaniane fa quasi incazzare. Legge proporzionale che, pensateci bene, al Pd avrebbe portato il vantaggio della rottura della coalizione di Centrodestra, ma che lontano dalla scadenza elettorale forse sarebbe stata valutata come conveniente un po’ da tutti.
Conveniente perché il Pd non avrebbe più avuto il “dovere” di allearsi con il M5S, a Salvini perché la Lega non si sarebbe trovata nella scomoda posizione di fare da ruota di scorta della Meloni. Alla stessa Meloni perché, in fondo, con i voti che le accreditavano i sondaggi avrebbe potuto avere la possibilità di dare la carte nella prossima legislatura. Al M5S perché avrebbe potuto presentarsi, come poi sta accadendo, agli elettori con i temi del grillismo primigenio.
In politica non esistono scorciatoie, e alla fine si raccoglie sempre quello che si semina.
E se si semina la teoria del “campo largo”, basato sul mantra del “CLN contro il fascismo rinascente” ed in difesa della “Costituzione più bella del mondo”, può capitare che un Carlo Calenda non si ritrovi ad essere alleato con personaggi come Nicola Fratoianni che rappresentano gli epigoni del comunismo italico, anti Europa, anti Nato, anti impresa ecc e che provi a costituire un polo liberal-democratico assieme a Matteo Renzi.
E di trovarsi quindi senza un Piano B semplicemente perché si ritiene di non avere alternative accettabili ad un ritorno a sinistra, ed ai suoi temi identitari, radicali e libertari: cannabis, ius scholae, legge Zan.
Ritorno imposto con forza anche da certe componenti interne al Pd, che al momento si impegneranno nella campagna elettorale contro il pericolo della destra, ma che il giorno dopo, se il risultato non sarà soddisfacente come temo, metteranno subito in discussione la Segreteria di Enrico Letta, cercando una nuova alleanza organica con i “compagni che sbagliano” di Giuseppe Conte, contro le lusinghe liberiste e l’americanizzazione del mondo.
Certo le elezioni sono ancora relativamente lontane, e si sa che in politica nulla è mai scontato.
Ma resta il fatto che il Pd sembra quasi essersi impegnato per consegnare l’Italia a Giorgia Meloni ed ai suoi compagni di cordata.

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