10 Marzo 2022 - 10.22

Putiniani e dintorni: quelli di destra, di sinistra e i fuori dal mondo

“Chi la fa l’aspetti”, mai detto popolare si adattò meglio alla figura marrone e molliccia fatta da Matteo Salvini.

L’indomito miscelatore di Mojito questa volta ha pagato cara la sua passione di indossare di felpe e t-shirt di qualsiasi corpo militare o recanti nomi di città italiane per poi immortalarsi in innumerevoli selfie e l’autore di questa débacle politica e d’immagine è Wojciech Bakun sindaco di Przemysl, paese di confine tra Polonia e Ucraina dove il segretario della Lega, dopo giorni di strombazzamento mediatico sulla sua “missione umanitaria”, ha segnato – salvo il vero –la sua Caporetto politica.

Un particolare non secondario è costituito dal fatto che Bakun milita tra le file di Kukiz’15, movimento politico nazionalista e dichiaratamente di destra – a cui si era in anni passati avvicinato in sede di Parlamento Europeo anche il Movimento 5 Stelle – non così lontano dalle posizioni salviniane.

L’indomito Capitano si è dunque trovato a fronteggiare una situazione che eufemisticamente si potrebbe definire imbarazzante; non solo Bakun si è rifiutato di riceverlo, ma, a favore di telecamere e macchine fotografiche lo ha apostrofato con un perentorio «Ringraziamo tutti gli italiani che ci supportano. Inoltre ho una menzione personale per il signor senatore Salvini. Ho qui un regalo con cui vorrei, insieme a le, caro senatore, andare al confine (con l’Ucraina) nei centri per i rifugiati, per vedere cosa il tuo amico Putin ha fatto, quella persona che tu hai considerato come tuo amico, cosa ha fatto per cinquantamila persone che ogni giorno scappano al confine. Chiedo personalmente di venire con me; andremo al centro dei rifugiati e poi al confine. Nessun rispetto per lei, grazie». Poi il colpo di teatro: Bakun tira fuori dal giaccone una maglietta con Putin identica a quella indossata qualche tempo fa da Salvini in un seflie dalla Piazza Rossa di Mosca poi twittato. La faccia livida del Felpa e il suo borbottare “sono venuto a fare del bene” mentre si dileguava accompagnato da alcuni “buffone” scandito da due fotografi freelance ponevano il sigillo su una giornata per lui tra le più infauste di sempre. Adesso, peggiorando ulteriormente la sua posizione, si lancia in un «È stato un complotto dei servizi segreti – quali? – e della Meloni»; certo che se voleva farsi degli amici …

Del resto la sua “collateralità” con il dittatore russo è affare di vecchia data ed è testimoniata in ogni occasione disponibile: tra le sue esternazioni su Twitter come dimenticare perle del calibro di «Trump, Le Pen, Putin e altri leader potrebbero garantire la pace che non han garantito Obama e i suoi alleati», o ancora «Sanzioni contro la Russia, follia dei cretini UE e di Renzi! Io sto con #PUTIN, via le sanzioni!» – questo risale al 2014 per dovere di cronaca – per chiosare con «I russi rieleggano il presidente Putin, uno dei migliori uomini politici della nostra epoca, e che tutti rispettino il voto democratico dei cittadini» e sono solo alcuni delle decine di messaggi tutti dedicati al suo idolo.

La tristezza è che nel corso degli anni la fila di politici italiani recatisi – quasi tutti con il cappello in mano e molti con la lingua srotolata – dal nuovo zar è parecchio lunga.

Se Romano Prodi rispondeva, con la misura che gli è propria e un certo qual solido pragmatismo a chi lo accusava di essere troppo morbido con Putin: «Duro o morbido non sono concetti politici. Puoi essere duro se ti conviene, o morbido se ti conviene; non puoi fare il duro se te ne vengono solo danni. Isolare la Russia è un danno».

Di Berlusconi, che di Putin è storico amico “di lettone”, è stato detto e ridetto, dunque perché ripetersi? È tutto agli atti.

Oltre ai leghisti, uno per tutti quel Savoini che pigliava il tè all’Hotel Metropol e andava ai ricevimenti a Mosca “dimenticandosi” di esserci stato, i Pentastellati hanno dato il meglio di loro stessi nei loro peana filoputiniani.

Come dimenticare il geniale Alessandro Di Battista – di casa in Russia – che se ne esce con un indegno «La Russia non sta invadendo l’Ucraina. Giustamente chiede garanzie sulla sua neutralità.

Un’entrata di Kiev nella Nato sarebbe una minaccia inaccettabile», il tutto pronunciato a bombardamenti iniziati.

Ci mette del suo – e disgraziatamente da una posizione istituzionale – un altro esponente cinquestelle, ovvero quel Vito Petrocelli che da Presidente della Commissione Esteri (!!!) del Senato non nasconde la sua passione per Putin e, dopo aver definito “immonda” la “propaganda” degli USA se ne esce con un ben più che discutibile «Le ragioni non stanno affatto tutte dalla parte dell’Occidente e di Kiev»: lo andasse a dire alle partorienti e ai bimbi dell’ospedale di Mariupol invece di restare attaccato alla sua poltrona come una mignatta.

Voci ambigue anche a sinistra, come quella di Nicola Fratoianni che si barcamena, in un’intervista a Radio Radicale, tra “ferma condanna” e “si ma …” degni più di un navigato doroteo che no di un comunista “duro e puro”.

Per chiudere la stucchevole (usiamo un eufemismo) presa di posizione è venuta dall’Associazione Culturale Veneto-Russa che in un post su Facebook dichiara testualmente: «L’Associazione Culturale Veneto Russia si dissocia dalla indegna e incivile campagna russofobica, promossa in questi giorni da giornali e media mainstream, a seguito degli eventi bellici in Donbass e Ucraina, contro tutto ciò che è russo.

Una valanga di menzogne e irrazionali accuse è rivolta alla Federazione Russa, additata come il male assoluto, quando la verità è invece ben altra.

La causa prima del conflitto in Ucraina, è la politica di aggressione verso la Russia, portata avanti in questi anni dalla NATO e dagli USA di Baiden, non viceversa.

E la vile e servile classe politica europea, non è stata da meno, nel creare artificiosi attriti con la Russia, facendo finta di non vedere il sanguinoso conflitto che ha investito il Donbass russofono, dal 2014 ad oggi, con decine di migliaia di vittime innocenti e centinaia di migliaia di profughi.

Se non fosse intervenuta la Russia a difesa di questi popoli, sarebbe stato un genocidio ad opera delle fanatiche milizie nazionaliste ucraine.». Reputo ogni commento superfluo e lascio i lettori a riflettere. Alla prossima.

Alessandro Cammarano

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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