25 Agosto 2023 - 9.12

Ponte di Messina. Da quando Salvini lo definiva “un ponte in mezzo al mare”, all’attuale “Il Ponte s’ha da fare!”

Umberto Baldo

Ogni volta che mi trovo a transitare per la statale 309 Romea, e mi capita di frequente, resto addirittura allibito di fronte all’intensità del traffico veicolare.

La Romea non ha conservato nulla dell’antica identità medioevale, quando veniva percorsa dai pellegrini che andavano verso Roma. 

Basta percorrerla per toccare con mano che questa arteria fondamentale per il Nord Estè ad ogni ora del giorno (e della notte) una fila continua ed ininterrotta di mezzi in movimento (soprattutto camion che vanno da Venezia a Ravenna, evitando così i costi dell’autostrada Pd-Bo), e non è un caso che da almeno vent’anni si discuta se e come realizzare una variante, la cosiddetta Romea Commerciale.

Si tratta sicuramente di una delle arterie più trafficate e pericolose del Nord Italia, e qualche giorno fa mentre guidavo all’altezza di Porto Viro mi sono trovato a riflettere sul fatto che la Romea sembra non esistere fra le priorità del Ministero delle Infrastrutture, tutto concentrato sul faraonico progetto del Ponte sullo Stretto di Messina.

Ministero ora retto dal leader della “Lega per Salvini premier” (ex Lega Nord), che solo 7 anni fa, nel 2016, dichiarava “Ci sono parecchi ingegneri che dicono che il ponte non sta in piedi”, aggiungendo poi «Non vorrei spendere qualche miliardo di euro per un ponte in mezzo al mare, quando sia in Sicilia che in Calabria i treni non ci sono e vanno a binario unico».

Sia come sia, come spesso succede ai nostri Demostene, da neo Ministro delle Infrastrutture anche Salvini sembra essere stato folgorato sulla via di Damasco, meglio sulla via di Messina, e ha deciso che “il Ponte s’ha da fare!”.

Il tutto accompagnato da una grancassa mediatica sui tempi di realizzazione previsti, che dovrebbero sbalordire (forse rispetto alla media italica, ma da qui alla fine ne vedremo sicuramente delle belle, ammesso che il Ponte riesca a diventare qualcosa di più del solito bel progetto).

Ma evidentemente il Capitano si è fatto contagiare dal sogno che fu di Silvio Berlusconi, e forse immagina di passare alla storia come una sorta di novello Cheope.

Ma sapete qual è il vero problema a mio avviso?

Che il Salvini che aveva ragione era quello del 2016, e non è quello del 2023!

Perché la situazione delle infrastrutture siciliane non è che sia molto migliorata nel frattempo.

Volete qualche numero?

Una rete viaria con appena il 5 per cento di autostrade, e un sistema ferroviario per l’84 per cento a singolo binario, non permettono a cittadini e imprese di muoversi su un territorio così vasto, in maniera veloce ed efficiente.  

Nel 2022, in Sicilia, per andare da Trapani a Catania (340 km) con il treno si impiegavano nove ore. I binari sono gli stessi di un secolo fa. Palermo-Catania, invece, si fa in tre ore e spicci, ma fino al 2015 il tempo necessario era di cinque ore. 

Che la viabilità in Sicilia sia quasi indecente è un fatto assodato, fra strade dissestate, cantieri infiniti, collegamenti promessi e non mantenuti.

E se vi sembra che esageri, e vi resta qualche dubbio, basta che accediate ai numerosi siti Facebook nei quali si scaricano le incazzature e l’indignazione dei siciliani per infrastrutture da loro stessi definite da “quarto mondo”.

Se è vero come è vero che sia con il treno che con l’automobile lo stato delle vie di comunicazione siciliane e i tempi di percorrenza sono leggendari, diventa difficile non dare ragione ai detrattori del Ponte, che sostengono che quest’opera sia “inutile” per lo sviluppo dell’isola, uno spreco di risorse, e con un impatto ambientale che potrebbe causare danni irreparabili.

Oltre a tutto non posso non osservare che il dibattito sul ponte, che tanto infiamma la politica, che periodicamente lo rilancia come opera “fondamentale” e strategica per lo sviluppo del Paese, è visto dai siciliani, e soprattutto dai messinesi, con una buona dose di scetticismo, e a volte anche con grande incredulità.

Avete mai visto i messinesi o i reggini scendere in piazza al grido di “Vogliamo il Ponte”?

Assolutamente no!   Oltre a tutto perché i siciliani sanno bene che la loro è la “terra delle incompiute”, e hanno capito da anni che il dibattito su quest’opera si è trasformato in uno strumento di propaganda e scontro politico, al di là delle questioni tecniche e di merito. 

Il che trasforma ai loro occhi questo Ponte, enorme e complesso, come un’opera decisa senza di loro; con un dibattito che si sviluppa in altri luoghi, dove si consumano interessi sopra la vita di intere comunità.

Guardate, non vorrei darvi l’impressione di essere uno contrario a qualsiasi nuova infrastruttura.  Non è così, anzi! 

E sono anche disposto a credere nell’entusiasmo di Salvini-novello Cheope; ma il passato mi ha insegnato che finora il “Ponte che non si è mai fatto” è già costato a noi contribuenti 1,2miliardi di euro, e che i 15 miliardi stimati oggi per la realizzazione del nuovo progetto, soldi che fra l’altro non ci sono, sono disposto a giocarmi una mano che lieviteranno di almeno il doppio.

D’altronde sappiamo tutti che da noi le opere pubbliche costano due o tre volte più che in Francia o in Spagna, ma a suo tempo ce l’ha spiegato Antonio Di Pietro che da noi incidono “i costi della politica”.

Per non dire che il tanto strombazzato collegamento con le città del Nord tramite Roma e i treni veloci è fuorviante, perché vincolato alla realizzazione di una rete ad alta velocità sia tra Palermo e Messina, sia tra Reggio Calabria e Salerno. 

Secondo le stesse Ferrovie dello Stato, a ponte realizzato il tempo di percorrenza tra Roma e Palermo sarebbe di circa sette ore, una durata non competitiva (nei tempi se non addirittura nel prezzo) rispetto alle tratte aeree low cost. 

Solo per carità di patria non ho volutamente parlato dei rischi sismici della zona dello stretto di Messina, e di quelli pressoché sicuri di infiltrazioni della criminalità organizzata.

Logica vorrebbe che, prima di fare il Ponte, ci si impegnasse seriamente  per risolvere una volta per tutte gli annosi problemi infrastrutturali calabresi e siciliani. 

Ma evidentemente ogni considerazione di buon senso cade di fronte al perentorio “il Ponte s’’ha da fare” del Capitano.

Vi ho già detto nei giorni scorsi che secondo me Salvini sta perdendo voti e militanti nelle Regioni del Nord perché da quelle parti, che poi sono anche le mie, la gente comincia a sospettare che i vecchi slogan bossiani, tipo “prima il Nord”, e vecchie battaglie tipo l’autonomia, sembrano non interessare più una leadership diventata sempre più “romana” (parola che fino a qualche tempo nella narrazione leghista era considerata quasi un insulto).

E così sono certo che pensano al Ponte sullo Stretto anche gli automobilisti che ogni giorno sono obbligati a percorrere la Statale 309 Romea (ma è solo una delle tante strade ormai inadeguate alle necessità produttive e di mobilità del Nord), fra rallentamenti, attraversamenti di centri abitati, autovelox, e un numero spropositato di  bisonti della strada. 

Chissà se anche per loro “il Ponte s’ha da fare”!

Umberto Baldo 

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
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