2 Marzo 2023 - 8.38

PILLOLA DI ECONOMIA –  Schleinomics

Inutile girarci attorno; la conquista da parte di Elly Schlein della Segreteria del Partito Democratico è la notizia del momento, e viene naturale guardarla un po’ da tutte le angolazioni.

Così, dopo il giudizio politico “a caldo”, dopo il confronto con Giorgia Meloni, su cui vi ho intrattenuto su Tviweb, resta da vedere quali siano le proposte economiche della “Segretaria eletta dai passanti”.

Sono andato a riprendermi il programma con cui si è presentata alla corsa per la Segreteria, ed è una lettura interessante, anche se è piuttosto corposa.

In sintesi in questa  mozione congressuale la neo segretaria del Pd scrive che la sinistra ha davanti a sé enormi sfide: “Come cambiamo il modello di sviluppo neoliberista che si è rivelato assolutamente insostenibile”;  “come creare lavoro di qualitàe buona impresa nell’era digitale”; “come accompagniamo le comunità e le imprese, specie quelle piccole e medie nella conversione ecologica”; “come salvaguardiamo i beni comuni che vanno sottratti alle mere logiche del mercato”. 

La sua visione sul da farsi è chiara; il problema è che non indica assolutamente il “come”.

In altre parole si capisce bene che la sua stella polare è la riduzione delle disuguaglianze, sociali e climatiche, ma alla fine sembra scontato che  maggiore equità si traduca in maggiore spesa pubblica. 

Resta cioè inevasa la domanda: chi, e come, pagherà il “nuovo contratto sociale” della Segretaria del Pd, che in realtà si traduce solo in un lungo elenco della spesa.   Francamente l’elenco dei bisogni lo saprebbe fare chiunque!

Non  c’è dubbio che  Schlein risponde ad una domanda di cambiamento vero che proviene da certi settori della sinistra, soprattutto dal mondo giovanile, che da lei si aspetta una discontinuità con un passato fatto di sconfitte elettorali, nonostante le lunghe stagioni passate al Governo del Paese.

Volendo parlare forbito si può dire che risponde allo Zeitgeist di un certo modo di essere progressista, ma debbo dirvi che ogni magia sparisce   quando si passa alla sostanza del progetto politico,  quando dal contenitore si passa al contenuto.

E ciò perché la sua piattaforma programmatica relativamente all’economia a mio avviso invece di guardare avanti, è quanto di più antico e nostalgico ci possa essere. 

In breve: no alle trivellazioni, no agli inceneritori (glielo dovrà spiegare al Sindaco di Roma!), no al nucleare, sì alle sole rinnovabili.

Sì al Superbonus, sì al reddito di Cittadinanza (immagino i salti di gioia di Conte-Chavez).

Sì alla fiscalità orientata alla riconversione ecologica, qualunque cosa voglia dire aggiungo io, sì alla riduzione delle disuguaglianze sociali e di genere, sì alla trasformazione digitale, superamento della Legge Fornero e introduzione della pensione di garanzia per i giovani che hanno avuto lavori intermittenti e precari.

Sì alla patrimoniale, sì ad un forte aumento  della tassa di successione.

Sì alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro, sì al salario minimo, sì all’equo compenso per i professionisti, sì alla settimana lavorativa di 4 giorni a parità di salario.

Ovviamente no  al Jobs act, e di conseguenza immagino sì al ripristino del mitico art. 18.  Sì alla riduzione al minimo delle casistiche dei contratti a tempo determinato di cui dispongono le imprese.

Sicuramente mi sono dimenticato qualcosa, ma credo basti per rendere l’idea  di un programma economico che qualche mio amico liberale definirebbe “da fumeria d’oppio”.

Per come la vedo io siamo di fronte alla riesumazione di un arsenale retorico della sinistra movimentista, che a mio avviso rischia di far ripiombare il Pd in un passato ormai superato, dominato da una visione che considera la globalizzazione ed il capitalismo come i veri “nemici del popolo”.

C’è una parola chiave nella concezione del mondo della Schlein: “redistribuzione”, che si aggancia e fa il paio con il “tutto gratis” caro a Giuseppe Conte.

Una redistribuzione della ricchezza che prescinde del tutto dal problema della sua creazione.  La Schlein non se lo pone proprio il problema di chi deve creare le risorse da redistribuire, non solo ai meno fortunati, ma un po’ a tutti, esclusi i ricchi ovviamente. 

Ed in quest’ottica  “redistributiva” è comprensibile che l’ambientalismo estremo diventi un mantra, che prescinde dalla difesa del tessuto industriale del Paese, e non so quanto i lavoratori delle imprese inquinanti saranno contenti che le loro aziende vengano demonizzate.

Si coglie un afflato punitivo nei confronti dei benestanti, che si capisce debbano essere tassati, spremuti come limoni, in nome della giustizia sociale.

Di conseguenza gli imprenditori diventano in ogni caso degli sfruttatori dei lavoratori, cui tagliare le mani attraverso la rimozione della riforma del Job Act, che se non la si guarda con gli occhi dell’ideologia marxiana, ha indubbiamente aiutato l’Italia a migliorare di anno in anno l’occupazione, oggi arrivata a un record storico, anche grazie alla flessibilità concessa dai governi agli imprenditori brutti e cattivi.

Dovendo riassumere in poche parole le Schleinomics  direi che si tratta di un programma che “contiene un forte giustizialismo sociale, all’interno però di una notevole confusione”.

Aspetto con curiosità che la Schlein illustri questo suo programma a Bonomi e agli altri capi delle Associazioni di categoria; vorrei essere là per vedere le facce.

Ma vorrei anche assistere agli applausi dei piccoli imprenditori del Nord Est, sicuramente conquistati da queste  idee ottocentesche spacciate per nuove.

Analogamente sarà interessante vedere come lo accoglieranno i socialdemocratici tedeschi per fare un solo esempio; se saranno anche loro affascinati della logica della “redistribuzione” indipendentemente dalle risorse disponibili, e dai saldi del bilancio pubblico. 

Leggendo il suo programma si capisce che è per lei è centrale la riscoperta dell’intervento pubblico a 360 gradi.

Qualunque sia la domanda, la risposta di Schlein è: lo Stato. 

Nel suo mondo, lo Stato è ovunque, e ovunque tassa, redistribuisce, regolamenta, cambia i rapporti sociali con obblighi e divieti, e stabilisce i diritti.

Una visione che mi ricorda tanto la Cambogia di Pol Pot e la Cina di Mao, ma sicuramente questo è un mio problema.

Concludendo, io sono assolutamente certo che prima o poi la Segretaria del Pd dovrà fare delle scelte, chiarendo cosa vuole introdurre e cosa abrogare. 

Quali tasse e quali spese! 

Diversamente, forse continuerebbe ad essere di moda negli ambienti tipo i Centri sociali, ma finirebbe per confinarsi nella ridotta dei populisti che non possono e non vogliono governare.

Non so se continueranno anche nel futuro gli apprezzamenti del mondo dei 5Stelle al nuovo corso del Pd, perché la radicale di sinistra Schlein rischia di pescare nello stesso stagno dove pesca Giuseppe Conte.

E se l’Avvocato del Popolo aveva in animo di trasformare il Pd nella sesta stella del suo Partito, potrebbe scoprire di aver fatto male i suoi calcoli.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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