3 Aprile 2023 - 8.37

PILLOLA DI ECONOMIA – Crisi banche: possiamo stare tranquilli?

Una domanda è tuttora senza risposta, e sono pronto a scommettere che continua a turbare i sonni di politici  e banchieri.

Questa: è davvero tutto finito?

Domanda che ne innesca altre due:  

La crisi provocata dal fallimento di due banche americane di medio cabotaggio, la Silicon Valley Bank (SVB) e la Signature Bank, ma ancora di più di un colosso mondiale come Credit Suisse (liquidato in tutta fretta in un week end) è veramente alle spalle?

Possiamo quindi ragionevolmente guardare all’immediato futuro con una certa dose di fiducia, pur in presenza di quanto abbiamo vissuto la settimana scorsa con Deutsche Bank e lo storno delle Borse?

Credo che se avessi le risposte mi darebbero non uno, ma due premi Nobel per l’Economia.

Ma poiché sono come ognuno di voi un cittadino che osserva le vicende del mondo con interesse ed attenzione, non posso che limitarmi a proporvi qualche osservazione.

Credo si debba partire da una considerazione che io trovo ovvia: le banche possono fallire, come tutte le imprese, e come abbiamo visto  spesso lo fanno. 

Tuttavia, ogni volta che ciò accade, manifestiamo la nostra sorpresa, quasi un’incredulità, e subito partiamo con la spasmodica ricerca dei cattivi,  dei colpevoli, che regolarmente facciamo fatica ad individuare, e che di conseguenza non vengono mai puniti.

Certo dietro ogni fallimento spesso troviamo amministratori amanti del rischio, investitori avidi, Regolatori addormentati al volante.

E lo abbiamo visto sia con l’Ad di Silicon Valley Bank, che ha venduto le sue azioni della Banca pochi giorni prima del tracollo, per di più elargendo cospicui premi ai collaboratori, sia con le spericolate e scandalose avventure dei vertici di Credit Suisse.

Ma sono state queste le cause determinanti del crollo?

Mi spiego meglio.   

Al netto dei comportamenti dell’Ad di SVB, nel suo agire la Banca è stata prudente o imprudente?

In fondo aveva investito i depositi in titoli considerati fra i più sicuri al mondo; quelli del Tesoro americano.  Certo avrebbe potuto anche diversificare, ma ha pur sempre comprato titoli valutati super sicuri!

Poi è vero che l’impennata dei tassi di interesse di mercato, conseguente alle politiche della Fed e delle altre Banche Centrali, ha generato ingenti perdite contabili sul portafoglio di obbligazioni a lungo termine della Banca.      

Ma il fattore “duration” dei titoli è da sempre il pane quotidiano degli affari di una Banca, e non può equivalere ad un certificato di morte.

Ma allora di chi è la colpa del fallimento?  Di SVB che ha comprato troppi  “Treasury Usa”, o piuttosto della Fed che ha innescato una impennata dei tassi dopo un decennio di “tassi a zero”?

Non so voi, ma io ho qualche difficoltà ad emettere un verdetto! 

Io credo che noi, distolti e obnubilati dalla mission delle Banche, fra cui la presunta “funzione sociale” cara al Sindacato (ma che nessuno è mai riuscito a spiegarmi cosa sia in modo convincente), dimentichiamo spesso che le Banche sono aziende, come dire, “peculiari”.

Per essere più chiaro sono imprese che prendono depositi che possono essere ritirati in un attimo, ed investono in prestiti e obbligazioni che non possono essere riscattati con la stessa velocità, almeno non senza subire perdite sostanziali.

Ne consegue che le banche sono vulnerabili nella loro “intima essenza”, non per un errore. 

Spesso dimentichiamo che quanto sopra detto comporta che nessuna Banca è destinata ad avere abbastanza denaro nel caveau per soddisfare le richieste di tutti i depositanti. 

In altre parole ogni Banca, per quanto cauti siano i suoi manager, e prudenti le sue politiche di prestito, può fallire se i suoi depositanti decidono di ritirare i propri fondi contemporaneamente.

Tutto ciò significa che le Banche dipendono in modo cruciale dalla “fiducia” che noi abbiamo nelle stesse, e più in generale nel sistema economico.

Quindi al centro del problema, quando si apre una turbolenza di mercato, o quando i tassi di interesse aumentano, creando opportunità di investimento redditizie altrove,  c’è la questione se si possa fare affidamento sul fatto che i  depositanti rimangano fermi. 

E quando il depositante bancario medio era un pensionato, che in una giornata piovosa sarebbe stato riluttante a correre in banca e fare la fila sotto l’acqua per prendersi i soldi, la risposta a questa domanda era sì. 

Ma oggi che le notizie viaggiano istantaneamente, e i depositanti possono prelevare i propri fondi tramite un semplice clic sulla tastiera dei loro smartphone, la risposta è molto meno ovvia.

E quanto ciò sia vero lo abbiamo toccato con mano proprio  nella vicenda della Silicon Valley Bank, che si potrebbe definire la prima Banca della storia ad essere fallita “a causa e per mezzo” di Internet. 

Capisco quindi che l’obiettivo principale delle Autorità Politico-Monetarie e delle Banche Centrali in questa fase sia principalmente quella di smorzare le ansie dei mercati e dei clienti delle Banche, cercando per quanto possibile di trasmettere messaggi di “fiducia”.

In questo senso va recepito il messaggio che Luis de Guindos, vice presidente della Banca Centrale Europea, ha lanciato alla platea del workshop The European House -Foro Ambrosetti.

Cosa ha detto il vice della Lagarde?

In estrema sintesi che la liquidità non è un problema, e che ci sono tutti gli strumenti necessari per fronteggiare le emergenze. 

Ma ha subito aggiunto che “sedersi sugli allori, tuttavia, non è possibile, in quanto l’incertezza resta elevata. Incertezza che gli ultimi eventi hanno amplificato”. Eventi che, parole testuali, potrebbero “ostacolare la trasmissione della nostra politica monetaria”.

Parlando delle Banche europee ha sottolineato che “Il settore bancario dell’area dell’euro è resiliente, con solide posizioni patrimoniali e di liquidità ben al di sopra dei requisiti minimi. Le banche attualmente soddisfano gran parte del fabbisogno di liquidità con l’attività più liquida disponibile; le riserve detenute presso la banca centrale”.

Confermando poi che in conseguenza dell’aumento dei tassi (che continuerà) si prevede la tendenza ad un calo dell’inflazione, ma purtroppo non dell’ “inflazione di fondo”, De Guindos ha ammesso che  tuttavia è inevitabile che “con l’inasprimento delle condizioni di finanziamento e in linea con il nostro obiettivo politico, le dinamiche creditizie si stiano indebolendo e possano pesare sulla redditività delle Banche in futuro”.

Da queste parole dosate con il bilancino, da queste frasi in chiaro-scuro, si capisce che ciò comporta un aumento del rischio complessivo di sistema, e sicuramente alcuni modelli di business bancari potrebbero essere più vulnerabili in questa transizione, anche se a mio avviso le debolezze sono maggiormente presenti nel settore finanziario.  

Se a queste osservazioni di De Guindos, che fanno comunque comprendere la precarietà dello scenario attuale, aggiungiamo le previsioni di Nuriel Roubini, secondo cui siamo alle soglie di una crisi peggiore di quella del 2008, francamente c’è da mettersi a fare gli scongiuri.

Quindi la morale finale è che dormire sonni tranquilli non è ancora possibile.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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