9 Settembre 2022 - 9.56

PILLOLA DI ECONOMIA –  Bce alza i tassi. Perché i mercati non crollano?

di Umberto Baldo

Fino ad ora era quasi una regola non scritta che ad aumento dei tassi deciso delle Banche Centrali seguisse un contestuale consistente crollo dei mercati borsistici.

D’altronde è noto come il  caro-denaro, e le conseguenti strette monetarie, siano da sempre visti dal mondo degli investitori come un ostacolo agli affari ed al mercato.

Ma ho volutamente usato il verbo “era”, perché ieri ciò non è successo.

Il motivo?

Sarebbe troppo facile rispondere che il mercato prezzava i 75 punti base di aumento almeno da un paio di settimane.

Questo succedeva anche tutte le altre volte in cui le Banche Centrali hanno deciso aumenti dei tassi, eppure i mercati avevano sempre reagito con ribassi  delle quotazioni anche consistenti.

Ciò potrebbe magari avvenire nei prossimi giorni, ma noi al momento non  possiamo che prendere atto che ieri nelle Borse è stata una giornata quasi “di routine”:

Eppure questa non è certo stata una decisione “di routine” della Bce.

In soli due mesi, e con due sole mosse, la Banca Centrale si è lasciata alle spalle otto anni di tassi negativi e di una straordinaria espansione monetaria, e ha riportato i tassi sui livelli del 2011, poco prima dell’era Draghi. 

Fra l’altro con una Christine Lagarde che in conferenza stampa ha usato per la prima volta il termine “recessione”, sostenendo che “si attende una stagnazione dell’economia nell’ultimo trimestre del 2022 e il primo del 2023”. Inoltre, per il prossimo anno viene prevista una crescita solo dello 0,9%, 1,2 punti in meno rispetto a giugno”.

Certo ci sarebbe da discutere molto sulle capacità dei tecnici della Bce di prevedere gli andamenti dell’economia e dell’inflazione, ma forse un po’ di ragione la Lagarde ce l’ha quando afferma che non è facile per i modelli econometrici immaginare gli effetti di una guerra, le sanzioni, ed i ricatti di Putin.  

E poiché la Presidente non ha nemmeno chiarito se gli aumenti si fermeranno al raggiungimento di un tasso che possa essere considerato neutro (cioè che non stimoli ma non danneggi un’economia), gli analisti stanno già facendo le loro ipotesi con una Bce ormai considerata in balia dai falchi . 

La società di investimento Nomura prevede ad esempio un rialzo di 75 punti base a ottobre, e un altro uguale a dicembre, a cui si aggiungerebbero 25 punti base a febbraio 2023, quando i tassi raggiungerebbero il 3%.

Si sa che i mercati non amano le incertezze, e quindi di carne al fuoco per dare sfogo alle vendite ieri ce ne sarebbe stata parecchia. 

Invece le principali Borse sono rimaste sostanzialmente invariate, come il Dax a -0,09, o addirittura in rialzo come Milano ( +0,88).

Quindi, o si conclude che la Bce non ha più voce in capitolo, e di conseguenza può parlare o tacere, ma l’unica reazione resta l’indifferenza, oppure c’è dell’altro.

E secondo me l’elemento nuovo sta tutto nella crisi energetica, che sta letteralmente massacrando l’Europa, tanto che viene da pensare che non abbiano poi tutti i torti quelli, come il Papa, che pensano che la terza guerra mondiale sia già iniziata.

Io credo infatti che, nella situazione attuale, con la prospettiva sinistra di una micidiale deindustrializzazione causata dal caro energia, in fondo il livello dei tassi conti molto poco, o comunque meno che in altri momenti.

Cosa volete che importi ad un imprenditore se dovrà pagare il denaro alla Banca un punto in più, quando si trova di fronte a bollette triplicate, che lo mettono di fronte alla scelta drammatica se continuare a lavorare in perdita o chiudere l’attività?

Ecco perché l’aumento dei tassi in una situazione simile diventa pressoché ininfluente, e di conseguenza i mercati prezzano “altro”.

E in cima a questo “altro” ci sono sicuramente le mosse che l’Unione Europea dovrà necessariamente fare per  cercare di uscire dal cul de sac in cui trova in conseguenza dei ricatti russi e, si abbia il coraggio di dirlo, anche della speculazione allo stato puro.

Ne consegue che non sono più i tassi, bensì il leverage energetico, il vero e unico market-mover  cui guardano ora i mercati.

Ecco quindi che in questa fase diventano più importanti per i mercati i vertici ministeriali o governativi che dovrebbero decidere come muoversi per uscire dall’impasse.

Ed al riguardo, da europeista convinto, non posso che stigmatizzare le lentezze con cui a Bruxelles si prendono le decisioni, dopo estenuanti e defatiganti trattative per trovare una linea comune fra gli Stati, ognuno dei quali spesso cerca di fare i propri interessi a scapito degli altri.

Un esempio?

E’ stato deciso che per adottare l’eventuale price cap del gas non bastino i Ministri dell’Energia, ma serva un pronunciamento dei Primi Ministri.

Peccato che un incontro fra questi sia previsto in un vertice che si terrà il 21-22 di ottobre.

Un tempo biblico in questa congiuntura, in cui proprio il tempo e la velocità delle decisioni diventano fattori determinanti!

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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