14 Aprile 2023 - 8.35

“Per fare un albero non basta un seme” –  Storie d’Italia (deprimenti)

Io credo che i nostri Demostene quando devono affrontare qualche problema che implichi un dialogo, o una trattativa, con l’Unione Europea immaginino che a Bruxelles abbiano tutti l’anello al naso, e siano di conseguenza disponibili a prendere per buone le “fole” che noi italici cerchiamo di propinargli, spacciandole per “oro colato”.

In realtà non si rendono conto che da quelle parti vedono noi con l’anello al naso, e danno per scontato che gli italiani siano sempre quelli; gli eredi dei “magliari”, o dei Totò che vendevano la fontana di Trevi all’ignaro turista straniero.

Starete certamente pensando: ma con chi ce l’hai oggi?

Ve lo dico subito, ma per arrivare al punto devo partire dall’inizio.

Fra i tanti progetti previsti dal Pnrr (ormai quasi assunto al ruolo di divinità demiurgica) l’Europa ha previsto  un investimento complessivo di 330 milioni di euro per la forestazione urbana ed extraurbana.

L’obiettivo dichiarato è quello di salvaguardare la qualità dell’aria e la biodiversità, di migliorare la qualità di vita delle persone e, in definitiva, di contrastare alcuni effetti della crisi climatica e dell’effetto serra. 

E’ un dato di fatto che le  nostre città sono ormai un mare di asfalto e cemento, con spazi verdi assai limitati. 

Per questo, oltre che molto inquinate (ed i dati della nostra Pianura  Padana stanno a dimostrare che respiriamo una delle arie peggiori al mondo) sono meno resistenti nei confronti di alcune conseguenze del cambiamento climatico, fra cui l’innalzamento delle temperature:  in estrema sintesi sono più vulnerabili agli eventi meteorologici estremi, e sono sempre più calde.

Con tutto quello che ciò comporta per la nostra salute; ed infatti i dati relativi alla mortalità nei mesi estivi mostrano che in quel periodo in Italia si muore di più in conseguenza del caldo.

Tanto per capirci, i dati Ispra ci dicono che mediamente in estate fra un’area completamente verde ed una totalmente edificata si registra una differenza di ben 7 gradi (non so se vi pare poco!).

Quindi piantare alberi nelle zone urbane non risponde solo ad una logica estetica, bensì si inserisce in una ampia strategia di contrasto alle ondate di calore estive, ed alla cattiva qualità dell’aria.

I contributi europei previsti dal piano di valorizzazione del verde urbano sono divisi in tre tranches: 74 milioni per il 2022, 74 per il 2023, e 139 per il 2024, e ovviamente dovevano servire per piantumare complessivamente 6.600.000 (lo scrivo in numero così si capisce meglio) nuove piante entro il 2024 (di cui 1.650.000 entro la fine del 2022, ed altrettante entro la fine di quest’anno).

Vi prego di fare mente locale su quel verbo “piantumare”, che nel vocabolario italiano significa: “Sistemare un’area piantandovi alberi, siepi o altra vegetazione secondo un progetto preordinato”.  Chiaro no?

Ovviamente il punto sullo stato di avanzamento di un Piano si fa sempre per il passato, e mai per il futuro.

Ed infatti il Governo ha annunciato in pompa magna di aver raggiunto tutti gli obiettivi previsti per il 2022, compreso quello della riforestazione urbana.

Ma che bravi!  Finalmente una volta abbiamo rispettato gli impegni!

Ma quando mai!

E’ bastato un normale controllo della Corte dei Conti per far cadere il palco.

Il Governo, meglio il Ministero dell’Ambiente, nel maggio 2022 (Governo Draghi, quindi non dite che ce l’ho con la Meloni) chiarì che gli obiettivi di forestazione delle città metropolitane potevano essere raggiunti anche con «l’uso di semi finalizzati al rimboschimento». 

In altre parole, in molti casi invece di piantumare alberi nelle città, si è fatto ricorso alla semina nei vivai.

Ecco perché vi ho detto di ricordare quel verbo “piantumare”; perché non equivale certo a interrare dei semi nei vivai.

Come biasimare i Giudici contabili della Corte dei Conti se, di fronte a questa palese “presa per il culo” (scusate il francesismo), lo scorso 14 marzo hanno scritto: “Emergono dubbi e perplessità sulla effettiva proponibilità di una tale equiparazione” (ovviamente fra il piantumare alberi e interrare semi).

Tralascio poi i numerosi verbali dei Carabinieri che, verificando lo stato di avanzamento del piano, hanno riscontato cose inaudite in moltissime città.

Per non dire che  a fronte di un Piano, e di conseguenza di gare o appalti, ad un certo punto si fa il cosiddetto collaudo, cioè la verifica se quanto realizzato sia conforme al progetto; e nella specie, se è facile verificare se un albero è stato piantumato ed ha attecchito, diventa quanto meno problematico controllare un seme interrato.  

Se avete comunque voglia di approfondire cosa sia realmente successo basta accedere  al sito dell’Istituto Bruno Leoni al seguente indirizzo: https://www.brunoleoni.it/per-fare-albero-non-basta-seme .

Vi consiglio comunque di farlo solo se avete tempo da perdere, e voglia di incazzarvi!

Cosa dire!

Celiando un po’, qualcuno al Ministero dell’Ambiente deve essersi ricordato della Canzone di Sergio Endrigo “Ci vuole un fiore”, un verso della quale recita “Per fare un albero ci vuole un seme”.

Aveva ragione il cantautore dal punto di vista naturalistico, ma se ci caliamo nell’attuale realtà di un cambio di clima e di una siccità che ormai stanno assumendo i caratteri dell’ordinarietà e non più dell’emergenza, sicuramente i semi non migliorano la qualità dell’aria, non assorbono CO2, e non limitano i danni delle alluvioni.

Sicuramente sarebbe stato meglio piantarli, i semi, dieci anni fa!

Ma vedete, a ben guardare il problema non sta solo nella presa in giro attuata equiparando “piantumare” a “seminare”.

In realtà la scelta del vivaio consente di nascondere il fatto che in realtà, in molte città, non solo gli spazi ancora non ci sono per poter piantare gli alberi, ma  che le stesse siano addirittura  in ritardo per l’eventuale messa a dimora dei semi in vivaio. 

Questa vicenda si aggiunge alla narrazione di un’Italia che pur di ottenere soldi dalla Ue, per non doverli restituire per incapacità di spenderli, ricorre a sotterfugi e mezzucci, portando avanti progetti che col tempo scopriremo mal pensati o non correttamente eseguiti.

Come sempre io ne faccio un problema dell’inadeguatezza in generale della nostra classe politica, e non in particolare del Governo Meloni, il quale comunque inevitabilmente sta arrivando alla fine della “luna di miele” con gli italiani e con l’Europa, e certi “giochini”, come dare la colpa di tutto all’Esecutivo precedente, saranno sempre più scoperti, e meno credibili.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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