29 Settembre 2023 - 9.22

Migranti: quando la sinistra il blocco navale lo fece davvero!

Umberto Baldo

Durante la campagna elettorale Giorgia Meloni ha spesso ventilato la possibilità di attivare un “blocco navale” per contrastare il fenomeno dell’immigrazione clandestina.

Immagino che molti di voi vi siate chiesti perché, al di là delle parole, una volta al Governo non si sia passati ai fatti.

La verità è che un blocco navale non è un’operazione attuabile in tempo di pace: si verifica solo durante un conflitto armato internazionale, come accade ad esempio  in questa fase fra Russia e Ucraina sul Mar Nero, fra Arabia Saudita e Yemen,  e fra Israele e Gaza.

Quindi tecnicamente qualsiasi blocco marittimo, aereo o terrestre, è unanimemente considerato un atto di guerra, e quindi richiede l’esistenza di almeno due parti belligeranti.

Esistono tuttavia due modi per aggirare questo divieto: ottenere il consenso esplicito dello Stato sovrano(in questo caso la Tunisia), o una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che autorizzi l’intervento. Entrambi gli scenari, al momento, sembrano alquanto improbabili.

Inutile dire che sul fronte politico interno un ipotetico blocco navale nel canale di Sicilia troverebbe l’approvazione delle forze politiche di destra, mentre quelle di sinistra lo vedrebbero come il diavolo l’acqua santa.

Eppure…….

Eppure molti forse non ricordano, altri fanno finta di non ricordarlo, l’Italia nel 1997 (cioè non all’epoca delle cannoniere o delle politiche coloniali, ed in assenza di uno stato di guerra) un blocco navale lo attuò, nei confronti dell’Albania. 

E chi c’era in quell’anno al Governo?

Nientepopodimeno che Romano Prodi come premier, mentre il ministro degli Esteri era Lamberto Dini; alla Difesa c’era Beniamino Andreatta e agli Interni Giorgio Napolitano.

Sì, avete letto bene Giorgio Napolitano!

Nessun altro Ministro si dissociò, e parliamo del gotha della sinistra di allora: Walter Veltroni vicepresidente del Consiglio, e poi i ministri come Pierluigi Bersani, Carlo Azeglio Ciampi, Franco Bassanini, Rosy Bindi, Vincenzo Visco, Luigi Berlinguer, Anna Finocchiaro.

E così con il decreto ministeriale emesso da Nino Andreatta il 4 marzo 1997 si ordinò alla Marina Militare di effettuare un blocco navale fin dentro le acque territoriali dell’Albania con la regola d’ingaggio di «fermare, visitare, dirottare anche navi non italiane e riportarle sulle coste albanesi». 

L’intervento militare italiano arrivò persino a distruggere molti gommoni all’interno del porto di Valona.

Va sottolineato che la decisione del blocco navale venne presa a fronte di un afflusso in Italia di circa trentamila profughi albanesi, dal dicembre 1996 all’aprile 1997.

Bazzecole rispetto al numero di arrivi che abbiamo visto in questi anni dall’Africa; tanto per dire allora si bloccò tutto a fronte di un quarto dei migranti finora arrivati nel primo semestre del 2023. 

Ma perché la sinistra nel 1997 decise il blocco?

Dopo la caduta del regime comunista la situazione dell’Albania allora era molto simile a quella della Libia di oggi. 

Il governo centrale del presidente Sali Berisha, incapace di fronteggiare una crisi economica devastante, controllava solo una minima parte del territorio, mentre il resto era  in mano a bande armate e milizie irregolari, in un clima di guerra civile. 

Durazzo e Valona, porti di partenza verso l’Italia, erano in mano ai clan criminali degli scafisti.

A fronte di questa situazione l’Esecutivo albanese firmò un accordo con il Governo italiano dell’Ulivo, autorizzando il blocco navale anche all’interno delle proprie acque territoriali.

Guardate che io lo so bene che la situazione dell’Albania del 1997 non è quella della Libia e della Tunisia di oggi, e che è diversa anche la situazione internazionale. 

E so anche bene che quello che fece Romano Prodi (fra l’altro da lui rivendicato come decisione giusta a Ballarò nel 2013) non è facilmente ripetibile oggi.

Ma credo che quel blocco, ripeto operato da un Governo di centro sinistra, dovrebbe far riflettere Elly Schlein e i maggiorenti del Pd che la seguono nelle sue politiche di sinistra estrema.

Mi spiego meglio.

La Schlein si dichiara nettamente contraria a qualsiasi accordo con il Governo tunisino, bollandolo con la parola “esternalizzazione” del problema migratorio.

Ma furono proprio quelle politiche di “esternalizzazione” messe in atto da Prodi, unitamente ad un massiccio piano di aiuti finalizzati alla cooperazione e allo sviluppo, oltre che ad un paio di missioni militari, che misero fine alla crisi albanese.

E a ben guardare quel massiccio piano di aiuti economici all’Albania cosa è stato di tanto diverso dal Piano Mattei proposto ora da Giorgia Meloni a favore dei Paesi africani da cui parte la maggior parte dei migranti?

Una strategia questa peraltro condivisa da Marco Minniti, che a ragione ricorda come lui avesse avuto un approccio simile nel 2017 quando era ministro dell’Interno del Governo Gentiloni. 

Ma su Marco Minniti, e sul suo approccio pragmatico al problema migratorio, la sinistra sembra aver decretato una sorta di damnatio memoriae!

Quanto poi all’altro argomento con cui la Schlein si oppone a qualunque intesa con la Tunisia, si basa sul fatto che il Presidente Kais Saied sarebbe un dittatore, un aguzzino che tiene i migranti nei lager. 

Ma se solo guardiamo indietro a quel 1997, Saied sembra un campione di democrazia in confronto con quel criminale di Sali Berisha (che Stati Uniti e Gran Bretagna in seguito  bollarono quale «persona non grata» per i suoi legami con la criminalità organizzata e per la sua attività corruttiva) con cui fecero accordi Romano Prodi e Giorgio Napolitano! 

Per non dire che se si applicasse in politica internazionale il criterio “schleiniano” del rispetto dei diritti dell’uomo e dei principi della democrazia, sarebbe di fatto impossibile siglare accordi con quasi tutti gli Stati africani, e non solo africani.

E’ evidente che quello che manca alla Schlein è la visione geopolitica, per cui tutto viene da lei visto e filtrato in chiave ideologica.

E se l’idea di fondo è quella delle “porte aperte” a tutti quelli che vogliono venire in Italia, senza  preoccuparsi del dopo, senza cioè considerare le conseguenze che arrivi massici provocano nelle città e nei paesi, con cittadini sempre più insofferenti ed arrabbiati, vuol dire vivere al di fuori dalla realtà, e candidarsi alla sconfitta elettorale. 

Vedete, io capisco le insistenze di Papa Bergoglio sulla fraternità e su una cristiana accoglienza!

Ma lui è il Papa, una delle massime autorità religiose del pianeta, e fa il suo mestiere.

Mentre una politica che aspira a governare un Paese come l’Italia non può avere lo stesso approccio di una Ong!

Perché nonostante tutti i suoi sforzi, quello che vuole la Schlein in tema di migrazioni non solo è poco chiaro, ma a quanto si capisce risulta indigesto alla maggior parte degli italiani.

Forse sarebbe il caso che Romano Prodi, e altri esponenti di quella sinistra che non si fa ispirare dai Centri sociali, facessero un po’ di “ripetizioni” alla “Segretaria eletta dai passanti” su come si può approcciare in maniera meno ideologica il problema delle migrazioni.

In fondo quella sinistra nel 1997 la crisi albanese l’ha risolta, e non ci sarebbe certo riuscita applicando lo “Schlein pensiero”.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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