24 Luglio 2023 - 9.15

“Màsculo” alla nascita, “Fìmmina”, ma con tutti gli attributi maschili, per il Tribunale

Umberto Baldo

Vai a sapere se il suo papà, quando una cinquantina di anni fa gli hanno comunicato che era nato, abbia esclamato con le lacrime agli occhi  “màsculo è!”.

Quante volte l’abbiamo vista una scena simile nei film, in cui un padre palesa senza infingimenti la sua  gioia per l’arrivo del figlio destinato a  “portare avanti il cognome della famiglia”.

E diciamocela tutta, fino a non molti anni fa il figlio maschio era il desiderio segreto di ogni padre, anche se ovviamente le femmine venivano ugualmente accolte come una benedizione.

Pensate che mio nonno per avere il “maschio” fece quattro figlie femmine, di cui mia madre era la primogenita, e stiamo parlando dei primi decenni del ‘900, non dell’epoca romana. 

Tornando a noi, non so come la prenderebbe, se fosse ancora fra noi, il padre di cui parlavo all’inizio leggendo la sentenza del Tribunale di Trapani che ha autorizzato suo figlio “màsculo” a cambiare nome ed identità all’Anagrafe anche in assenza di un intervento chirurgico o di una terapia ormonale. 

Questa sentenza arriva dopo vent’anni di battaglie legali, il cui epilogo è che adesso il soggetto potrà utilizzare il proprio nome da donna anche sui documenti pur se, derogando a quanto richiesto dalla legge, aveva scelto di conservare il proprio organo sessuale maschile e di non sottoporsi ad alcuna terapia farmacologica. 

Ed Emanuela, che dal 6 luglio ha scelto di chiamarsi così anche se mantiene tutti gli attributi di un uomo,  la sua scelta l’ha spiegata così: “Quando i medici mi spiegarono le conseguenze, vista l’alta invasività del trattamento, ho scelto di non farlo  e di convivere in armonia con il mio corpo. Non avere l’organo sessuale femminile non compromette il modo in cui mi percepisco, le mie sembianze non offuscano la mia identità femminile”.

Guardate, vi risparmio le problematiche giuridiche che stanno alla base di questa sentenza, da alcuni commentatori definita un unicum, non solo per la complessità  della materia, ma anche perché, analizzando con attenzione la legislazione, e la giurisprudenza pregressa, a mio avviso non di un unicum si tratta, bensì dell’applicazione di orientamenti affermatisi nel tempo. 

Dalla prima legge in materia, la 164 del 1982 (rettificazione e riattribuzione del sesso) alla novella del 2011, alle sentenze del 2015 della Cassazione  e della Corte Costituzionale, mi sembra assodato che l’orientamento della giurisprudenza prevalente “porta ad escludere la necessità, ai fini dell’accesso al percorso giudiziale di rettificazione anagrafica, del trattamento chirurgico”.

Detta in termini comprensibili ai più, e cercando di non essere troppo esplicito, ormai un “màsculo” che si sente irrevocabilmente “fìmmina”, può decidere di tenersi i suoi “gioielli” fra le gambe e di non assumere estrogeni, ottenendo comunque il cambio di sesso all’Anagrafe.

No, non è l’aspetto giuridico, e tanto meno quello medico, quello che mi interessa, e ovviamente le considerazioni che seguono sono del tutto personali e non coinvolgono in alcun modo Tviweb. 

Forse ricorderete che poco più di un mese fa, il 12 giugno, scrissi un pezzo titolato “LGBTQI+  Cosa significa?” in cui ho cercato di spiegare, per quanto possibile, il significato di questo acronimo che racchiude in sé buona parte del cosiddetto mondo “gender”, e vi confesso che l’ho fatto anche per chiarirmi le idee al riguardo.

Affrontando un tema così delicato per tutte le implicazioni umane, etiche, psicologiche, mi rendo conto che probabilmente sono “vecchio”, forse anche “antico”, nel senso che faccio fatica ad adattarmi a concezioni e visioni della sessualità che non mi appartengono perché non rispondono assolutamente all’educazione che mi è stata data nella fase della mia formazione.

Cosa volete, per me le persone si dividono ancora in maschi e femmine, perché a mio avviso così è tarata la natura, sia animale che vegetale, (sia pure con le eccezioni che ci sono, come casi di ermafroditismo che rimangono però sempre eccezioni alla regola).

E così per me è femmina solo una persona dotata di ben determinate caratteristiche anatomiche esterne ed interne, che vengono sublimate nella possibilità di dare la vita ad altri esseri. 

E quando studiavo diritto romano, ogni tanto veniva citato il brocardo “mater semper certa est, pater nunquam”, a significare che la funzione di madre può essere svolta solo da una donna.  

Quindi l’Emanuela del nostro caso in virtù di quella sentenza potrà sentirsi donna, e potrà esserlo anche all’Anagrafe, ma non lo potrà mai essere fisiologicamente, per il semplice motivo che non ha un utero, e quindi non potrà mai fare quello che può fare solo una “fimmena”, cioè restare incinta e partorire una nuova vita. 

Capisco che di fronte alle dotte elucubrazioni degli psicologi queste possono sembrare, e forse lo sono, considerazioni terra terra, ma io credo che al di là di quello che propugnano i teorici ed i sostenitori delle teorie gender, molte persone la pensino come me.

E non fatevi ingannare dal fatto che ormai in tutti i film, in tutte le fiction, deve essere garantita la presenza di gay o lesbiche, o quant’altro, perché a mio avviso la civiltà occidentale (e non lo sottolineo  a caso visto che ad esempio il mondo islamico, indiano, cinese, si muove diversamente) è ormai ossessionata dall’iconoclastia del proprio passato, dalla paura di non tutelare al massimo qualunque minoranza, anche a costo di  minare alle fondamenta la sua cultura millenaria. 

La conseguenza è che a mio avviso la nostra è una società “smarrita”, priva di  quelle bussole che un tempo l’aiutavano a stabilire una rotta.

Ecco quindi che per rispondere a quest’ansia di cambiamento, tutto deve diventare relativo, financo la distinzione che ha da sempre caratterizzato il genere umano; quella fra femmine e maschi. 

Non vorrei darvi l’impressione che la mia sia un’avversione per mondo gay o lesbico.

Nulla di più lontano da me!

Certo quando ero giovane di lesbiche neppure si parlava, e gli omosessuali erano spesso oggetto di scherno e derisione, e definiti con termini diversi in ogni dialetto, che vi risparmio perché immagino ve li ricordiate.

Non andava bene allora, sono contento che ora le cose siano profondamente cambiate, e che vedere una coppia omosessuale non susciti più alcuna reazione negativa.

Quello che faccio fatica a digerire è che stiamo arrivando a cancellare il sesso biologico, e per rendersene conto basta consultare il dizionario Cambridge, che alla voce donna riporta:  “Persona adulta che si identifica come femmina anche se di sesso differente alla nascita”.

Si potrebbe aggiungere, stando alla sentenza di Trapani “anche se dotata degli organi sessuali maschili”.

Sottolineo quell’espressione “si identifica”, perché il busillis sta tutto qui! 

E’ chiaro che si vuole non esista più alcuna distinzione fra femmina e maschio, ma, come dicevo, almeno per me, l’identificazione sessuale di una persona non può diventare una percezione, se no diventa una mistificazione della realtà.

Mistificazione che comporta anche serie conseguenze concrete, se è vero come è vero che negli Stati Uniti ed in Canada centinaia di detenuti uomini si dichiarano femmine per farsi  trasferire in carceri femminili, e questi trasferimenti in “penitenziari per donne” di uomini self-identificati come donne hanno già comportato un netto peggioramento delle condizioni di vita delle detenute, addirittura con casi di stupro e perfino di gravidanze indesiderate (sic!).

Per non dire che la legittimazione del  “Self-ID” può comportare la presenza di uomini (che semplicemente si auto percepiscono come donne) in contesti quali spogliatoi, sport femminili, quote rosa, concorsi pubblici riservati alle donne, luoghi medici e ospedalieri privati per le donne e così via (a quando gli orinatoi nelle toilettes delle donne?).

Mi fermo qui, ma capite bene che si potrebbe scrivere un libro sulle situazioni imbarazzanti, comiche o grottesche, e forse ingestibili, che possono nascere da questi “cambi di sesso in Tribunale”.

A costo di sembrare “antico”, di non apparire al passo coi tempi, di non essere “alla moda”, io ribadisco che a mio avviso questa cui stiamo assistendo è una deriva che io considero pericolosa per la società nel suo complesso, e che  percepisco come   una operazione ideologica mirata a cancellare la naturale diversificazione fra i sessi.

In conclusione, posto che il rispetto di ogni persona umana, qualunque inclinazione sessuale abbia, è fuori discussione, mi sembra palese che oggi, nel mondo occidentale, il gender si è trasformato da teoria socio-psicologica a proposta politica, che i suoi sostenitori intendono imporre anche ai bambini nelle scuole, con programmi appositi. 

Sia chiaro che io non miro ad alcuna compressione o negazione di diritti di chicchessia, ma scusate se pretendo una risposa convincente a questa semplice domanda: posso io decidere di essere quello che in natura, anatomicamente e fisiologicamente, non sono? 

In altre parole può essere un martelletto di un giudice a determinare se io sono uomo o donna?

E scusate ancora, ma la risposta che viene proposta, secondo cui ognuno è quello che sente di essere intimamente, a prescindere dall’anatomia e dalla fisiologia, non mi convince. 

E se questo vuol dire essere antico, essere fuori dalla realtà, pazienza, me ne farò una ragione.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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