3 Marzo 2023 - 11.47

L’assurdo caso del Conservatorio di Parma: istituzione nazionale a rischio perché fa… troppo ‘rumore’ per i vicini

di Alessandro Cammarano

“Nimby” non è il nome di un robot da cucina e nemmeno quello di una sonda spaziale lanciata all’esplorazione di possibili mondi lontani: è semplicemente un acronimo – figura assai popolare nel lessico anglosassone – che significa “Not In My Back Yard”, ovvero “Non nel cortile di casa mia”.

Nessuna definizione si attaglia meglio a quanto sta succedendo in questi giorni in quel di Parma

I fatti: tre studi legali che hanno i loro uffici nelle adiacenze del Conservatorio “Arrigo Boito” – istituzione prestigiosa voluta più di due secoli fa dalla Granduchessa Maria Luigia e retto negli anni da personalità come Giovanni Bottesini, Franco Faccio e lo stesso Arrigo Boito ed ebbe Arturo Toscanini tra i suoi allievi – hanno presentato un esposto all’Arpa lamentando il fatto che il “troppo rumore” “disturba” la loro attività professionale.

A seguito di successivi controlli l’Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente ha rilevato uno sforamento della soglia dei decibel consentiti il Comune ha disposto la sospensione dell’attività didattica; il Conservatorio ha a sua volta presentato ricorso al TAR; «Confidiamo che la situazione si risolva nel migliore dei modi – dice il presidente del “Boito” Marco Ferretti – siamo qui dal 1820 in un edificio storico tutelato dalla Soprintendenza. Realizzeremo alcuni lavori per traslocare degli interi settori di docenza». Ferretti aggiunge anche «Siamo in attesa che il Tar si pronunci – sottolinea Marco Ferretti, presidente del Conservatorio. Purtroppo la querelle è con il Comune di Parma ma mi sono sentito con il vicesindaco Lavagetto e il sindaco Michele Guerra che ringraziamo per la solidarietà. Siamo in sintonia e cercheremo di risolvere la situazione nel migliore dei modi. Stiamo mettendo in atto tutta una serie di azioni di insonorizzazioni che nel medio e nel lungo periodo – con lavori da oltre 6 milioni di euro – risolverà la situazione».

E adesso siamo al Nimby e allo strascico fetido che porta con sé.

A voler seguire questo principio, che prescinde da qualsiasi concetto di “bene comune” e di “interesse superiore” qualsiasi attività potrebbe essere bloccata in nome di supposte “libertà individuali”.

C’è da meravigliarsi? Ovviamente no: l’Italia – qui più che mai Italietta di giolittiana memoria – quella dell’“armiamoci e partite” mostra il suo volto e lo fa con disarmante naturalezza.

L’italiano medio è quello che “Sono assolutamente a favore dell’eolico” ma “Le pale sono orrende e se provate a metterle nel mio paese mi incateno ai cancelli del municipio”.

Stupisce però che tutto questo accada a Parma, da sempre Città di Musica – si pensi al Teatro Regio e all’Orchestra “Toscanini”, ma anche ai circoli di appassionati colti come “Parma Lirica” e alle innumerevoli iniziative didattiche che ruotano intorno alla musica.

Per lo stesso principio del Nimby tre studi legali che trovano fastidiosa la musica – si badi bene che si sta parlando di un conservatorio e non di un’acciaieria – si sentono pienamente in diritto di tarpare le ali all’Arte e all’educazione.

Per il medesimo principio gli stessi avvocati potrebbero in futuro trovare egualmente pregiudicanti per le loro attività le risate dei bimbi di un asilo o si sentirebbero pienamente giustificati nel chiedere l’interruzione di lavori di ripristino del manto stradale perché gli operai fanno rumore.

Verrebbe sommessamente da ricordare ai legali che il Conservatorio esiste da molto, ma molto prima dei loro uffici e che il patrimonio storico e culturale che porta con sé non è minimamente paragonabile alla più importante delle loro cause.

Ci ripensino, gli avvocati, e imparino a godere delle note che escono dalle finestre dell’”Arrigo Boito”, che non sono “rumore” ma “suono”.

In alternativa in commercio esistono dei serramenti insonorizzanti che potranno tenerli al riparo dalle per loro infauste melodie, dagli arpeggi assassini e dai vocalizzi truffaldini, tenendo ben presente che la storia tende a ricordare gli artisti più che i principi del foro.

Alessandro Cammarano

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