21 Aprile 2023 - 8.39

La vittoria di Udine non fa primavera

Chissà se Francesco Rucco a Vicenza, o Mario Conte a Treviso, hanno sentito qualche brivido sulla schiena quando hanno visto il risultato delle comunali di Udine, vinte al ballottaggio da Alberto Felice De Toni.

Già perché a De Toni, sostenuto da tutte le forze di centrosinistra, e quando dico tutte vuol dire tutte, dal terzo Polo a Sinistra Italiana, più i 5Stelle, è riuscito il miracolo di sconfiggere al secondo turno il sindaco uscente, il leghista Pietro Fontanini, battendolo con il 52% contro il 47% (per inciso al primo turno era finita 46% a 39% a favore di Fontanini).

Non c’è dubbio che per i Partiti di Centrosinistra si sia trattato di una vittoria inaspettata, perché arrivata a sole due settimane dalle Regionali del Friuli Venezia Giulia, dominate con il 64,2% da Massimiliano Fedriga.

Tanto per capirci, alle Regionali del 2 e 3 aprile 2023, nel Comune di Udine Fedriga aveva ottenuto il 55,5%, mentre lo sfidante di centrosinistra Moretuzzo il 36, 2%. 

Oggettivamente, sulla base di questi numeri, le comunali per la destra unita parevano una passeggiata, una pratica da archiviare. 

Spiegare il perché di questo vero e proprio ribaltone (lo chiamo così perché sono convinto che anche a sinistra nessuno avrebbe puntato un euro sulla vittoria di De Toni) non è facile.

Ho iniziato facendo riferimento a Vicenza e Treviso, che andranno alle urne il 14 e 15 maggio prossimi, perché a mio avviso quando si vota nelle città non si può dare nulla per scontato.

Ma se ci pensate bene, in fondo non sarebbe poi una così grande novità nel nostro Veneto. 

Infatti in una Regione in cui nel 2020 Luca Zaia ha vinto con il 76,8%, e lo sfidante Lorenzoni ha incassato il 15,7%,  due grandi città come Padova e Verona sono governate da giunte di Centrosinistra, guidate da Sergio Giordani e Damiano Tommasi.

Capisco i toni entusiastici di Ely Schlein e dei big del Pd, che immaginano di aver individuato nel “campo largo” applicato ad Udine la ricetta magica per battere le destre vincenti, ovviamente con il Partito Democratico a fare da playmaker.

In fondo è la prima vittoria per la neo Segretaria Dem, dopo le sconfitte alle Regionali di Lombardia e Lazio, e a pochi giorni da quella del Friuli Venezia Giulia.

Ma ad essere onesti, come la batosta alle regionali friulane non è stata certo responsabilità della Schlein, neppure questo successo ad Udine può essere a lei ascritto, e ciò che più conta, secondo me sarebbe un errore  considerarlo una inversione di tendenza.

E a gelare facili entusiasmi ci ha pensato lo stesso neo Sindaco De Toni dichiarando: “Effetto-Schlein? No, il Pd non ha aumentato i voti. Lei è una ragazza brillante, capace, dinamica, ma a Udine c’è stato l’effetto di una coalizione extra large. La leadership non è una nomination dall’alto, ma una elezione dal basso. Io sono stato tra la gente e con la gente. Sulla mia persona hanno fatto convergenza. Abbiamo fatto un piccolo miracolo”.

La verità è che Udine a mio avviso rappresenta la conferma della regola secondo cui la sinistra è da sempre più competitiva nelle città.

Qualcuno ci scherza su, e ci fa anche della facile ironia, ma è innegabile che nelle Ztl si vota più a sinistra che nelle periferie, e credo che, se si votasse solo nelle città con più di 50mila abitanti, la gauche forse le destre riuscirebbe a  sconfiggerle, o comunque sarebbe una bella partita.

Non è un caso che Roma, Milano, Napoli, Bologna, Firenze, Torino, siano tutte  guidate dalle sinistre;  semplicemente ciò risponde alla suddetta regola che vede le forze progressiste egemoni nelle grandi città, e quelle di centrodestra più forti nei piccoli centri.

E ciò è dovuto al fatto che la sinistra ha da sempre un miglior radicamento territoriale, e a mio avviso anche una maggiore capacità di scegliere ottimi candidati sindaco, in grado di costruire alleanze vaste e plurali nei propri comuni. 

Ma questo non basta per vincere a livello nazionale.

Le politiche sono altra cosa rispetto ai Comuni, e il solo immaginare di poter esportare il “modello Udine” in tutta Italia costituisce una pia illusione. 

Come sottolineato dal neo Sindaco, ad Udine il Pd era alleato con Sinistra e Verdi, con il Terzo Polo, e alla fine si è aggiunto anche il Movimento 5 Stelle.

Indubbiamente si è trattato di “campo largo”, anzi “larghissimo”!

Ma pensate veramente che lo stesso possa funzionare a livello nazionale?

Basta sostituire il nome dei Partiti con quello dei laeder!

Pensate veramente che sia possibile far andare d’accordo la Schlein, Calenda, Renzi, Fratoianni, Bonelli, Conte, su temi, solo per citarne alcuni, come il termo-valorizzatore di Roma, i rigassificatori, il reddito di cittadinanza, i migranti, le tematiche gender, la maternità surrogata  e…… il sostegno militare all’Ucraina?

Ve li vedete trovare un comun denominatore, e stilare un programma unitario da sottoporre agli italiani?

Sono ormai molti decenni che non credo più alle fiabe, e spero non ci  crediate neanche voi.

E credetemi che se qualcuno immagina che l’ “antifascismo militante” possa costituire un collante un grado di portare voti alla causa, si sbaglia di grosso.

Cos’è stata allora Udine?

Semplicemente un segnale; vale a dire che dopo la vittoria di Verona (che aveva illuso Pd e soci di avere il vento in poppa), cui sono seguite una serie di débacles, comprese le elezioni politiche, la vittoria ad Udine è appunto un segnale di esistenza in vita della sinistra.

Ma, cosa che mi sta particolarmente a cuore come democratico,  anche un segnale per le destre, a non dare mai nulla per scontato, a tenere conto che il consenso dei cittadini è volubile e fluttuante, e mai consegnato una volta per tutte.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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