18 Gennaio 2024 - 8.58

La Sec ammette i Bitcoin alla Champions League della Finanza

Qualcuno forse immaginava che potessero generare una bolla, come avvenne con i bulbi dei tulipani nel 1637, che fu la prima grande crisi innescata dall’utilizzo di strumenti finanziari con finalità  speculative.

Altri, fra cui io stesso, pensavano si trattasse di un asset destinato a rimanere relegato nell’ambito della “finanza grigia”, per usare un eufemismo, diventando di fatto la moneta di scambio della grande criminalità internazionale (mafia, n’drangheta, narcos, mercanti di armi ecc.)

Non è andata esattamente così, e anche se, nonostante i suoi oltre 15 anni di storia, questa criptovaluta non sia stato ancora completamente testata dagli investitori, non generi rendimenti (interessi, dividendi), ed il suo prezzo sia determinato solo da domanda e offerta, non c’è dubbio  che Bitcoin abbia in un certo qual senso rivoluzionato la finanza, mostrando la possibilità di creare una moneta digitale non emessa da una Banca Centrale, e  che per circolare non ha bisogno delle Banche e dei tradizionali Sistemi di pagamento.

I Banchieri centrali, il mondo della finanza, gli Accademici sono sempre stati pressoché unanimi nella loro valutazione di Bitcoin, ed hanno sempre sostenuto: che  non è una moneta; che non è utilizzabile per comprarci neppure un panino; che è troppo volatile e costoso;  che è utilizzato principalmente per traffici poco leciti;  che le variazioni del suo prezzo sono frutto di speculazione in quanto il sottostante non ha un valore intrinseco; che  anche un eventuale  paragone con l’oro digitale non regge.

Tutto vero, ci mancherebbe, ma la verità è quella che a distanza di anni, e di infinite discussioni, Bitcoin è ancora fra noi, ed è difficile negare che il 10 gennaio scorso la SEC (la Securities and Exchange Commission, che è l’Ente federale statunitense preposto alla vigilanza delle borse valori),  dando il via libera alle prime domande di quotazione di Exchange Traded Funds (Etf) sul prezzo “spot” di Bitcoin, abbia ammesso la più nota delle criptovalute alla Champions League della Finanza mondiale.

Non me ne vogliano i professionisti della finanza, od i più esperti fra i lettori, se in queste brevi note non sarò all’altezza delle loro competenze; ma cosa volete, io debbo tenere conto anche di coloro, e credo siano la maggioranza, che di queste cose ne masticano pochino, e cercare quindi di spiegarle nel modo più semplice e comprensibile. 

Quindi, riprendendo il discorso, la Sec ha dato il via libera alle prime 11 domande di quotazione di Exchange Traded Funds (Etf) sul prezzo “spot” di Bitcoin.

Ricordo che gli Etf sono fondi “passivi”, che si limitano a seguire il prezzo dei Bitcoin.

Qualcuno di più scafato potrebbe obiettarmi; ma in realtà la Sec fin dal 2021 aveva già dato il suo ok ad Etf sui contratti “future” di Bitcoin.

Questo è assolutamente vero.

Ma la differenza sta in quelle due parole: spot e future. 

Infatti con il termine future si intende un contratto standardizzato che, come le opzioni, viene stipulato fra due parti ad un prezzo fisso e ad una data di scadenza. In altre parole si tratta di un contratto per consegnare un prodotto sottostante in un momento concordato futuro, ad un prezzo concordato (si tratta di un tipo di derivato).

Mentre con il termine “spot”  si intende prezzo a pronti (o prezzo spot), che non è altro che il prezzo che un acquirente deve corrispondere al venditore per acquistare un bene oppure un’attività finanziaria la cui consegna è immediata, ossia contestuale alla stipula del contratto di compravendita (anche se la liquidazione avviene di norma due giorni lavorativi dopo la data di negoziazione).

Come si vede la differenza è tecnica, ma si tratta di una differenza sostanziale.

Infatti mentre gli Eft sui “futures” per investire in Bitcoin erano costretti a passare tramite gli Exchange (piattaforme di scambio in cui è possibile comprare e vendere criptovalute), con tutti i costi relativi, la scarsa trasparenza, ed il rischio frodi (ricordate Coinbase e Binance?), avere un Etf sul prezzo “spot” significa per gli investitori poter investire in un Fondo che segue la dinamica del prezzo del Bitcoin, in quanto può comprarli direttamente. 

Quindi spero sia chiaro che la differenza sta nel fatto che un “Eft spot”  detiene effettivamente bitcoin, piuttosto che un derivato legato al prezzo del bitcoin, come nel caso degli “Etf futures”. 

E’ un po’ quello che accadde all’inizio degli anni 2000 con gli Etf dell’oro, che sono diventati un modo popolare per investire nel metallo prezioso; invece di acquistare lingotti fisici d’oro, gli investitori potevano comperare quote in un fondo aurifero attraverso un Etf, come se acquistassero azioni.

Analogamente, i nuovi Etf di “Bitcoin spot” sono progettati per semplificare ai comuni investitori gli acquisti di Bitcoin, in quanto non sarà più necessario configurare un portafoglio digitale e memorizzare le chiavi, e non sarà più indispensabile creare un account presso un Exchange di criptovalute.  Si potrà cioè utilizzare lo stesso conto di intermediazione che usiamo per comprare o vendere azioni, obbligazioni o altri Eft.

E’ chiaro che, al momento a muoversi saranno soprattutto i Grandi Fondi come ad esempio Blackrock, ma è certo che nel breve entreranno in questa fetta di mercato anche le Banche. 

E’ scontato che il servizio non è gratis,  e  che i gestori di questi Etf si fanno pagare dai clienti, ai quali viene addebitata una commissione annuale, che a quanto si sa varia da un minimo dello 0,2% all’1,5%; anche se alcuni Etf offrono  un periodo iniziale a zero commissioni per attirare investitori. 

E la sicurezza?

Sappiamo tutti che esiste il pericolo di perdere i propri Bitcoin o per mano degli Hacker, o anche perché si ha banalmente perso la chiave di accesso (password) associata al proprio wallet.

E proprio per questo tutti i nuovi Etf bitcoin elencano le violazioni della sicurezza come un rischio potenziale nelle note a piè di pagina dei loro documenti regolatori.

Ma è anche vero che la sicurezza degli asset è in cima alla loro preoccupazioni, tanto che  i nuovi Etf bitcoin “spot” si affidano a custodi terzi, analogamente alla prassi seguita per esempio dagli Etf dell’oro, che di solito collaborano con le Banche, servendosi dei loro caveau e cassette di sicurezza. 

La maggior parte dei nuovi Etf bitcoin ha scelto Coinbase come custode. 

Quindi, quando uno di questi fondi acquista bitcoin, le monete vengono parcheggiate in un conto speciale presso Coinbase.   Tali custodi tengono generalmente le chiavi degli asset crittografici in «archiviazione a freddo», in luoghi offline, non collegati a Internet, per mantenerli al sicuro.

Concludendo, mi sembra innegabile che gli “Eft spot” in Bitcoin rappresentano una sorta di “nemesi” rispetto a coloro che nutrivano la speranza che questa criptovaluta diventasse la prima vera moneta disintermediata.  Infatti questa rappresenta la sconfitta di coloro che propugnavano il ruolo del mercato e della moneta privata contro  le Banche centrali ed il Sistema dei pagamenti: gli Intermediari non sono stati affatto disintermediati, ed anzi colgono questa occasione per collocare i Bitcoin nei portafogli dei piccoli risparmiatori.

Va inoltre considerato che mentre i contratti futures sui bitcoin (come abbiamo visto già approvati dalla Sec nel 2021) possono essere soggetti a oscillazioni di prezzo più ampie, un Etf spot, in quanto collegato direttamente al prezzo effettivo del bitcoin, dovrebbe offrire una maggiore stabilità, e rappresentare in modo più accurato il valore della criptovaluta.

Ma a mio avviso non tutto è luce, e molte ombre rimangono sul settore. 

Innanzi tutto gli investitori come noi (quelli che le Banche chiamano retail) devono sempre tenere presente che la Sec ha dato il via libera, e quindi regolato, solo gli Eft; ma la valuta/asset sottostante, il Bitcoin, non è ancora regolamentata da nessuno. 

E quindi rimangono aperte ed irrisolte tutte le questioni relative all’effettivo uso illegale del bitcoin, ed al suo scopo da un punto di vista funzionale.

E’ quindi evidente che serviranno in futuro sia una ulteriore maggiore regolamentazione da parte delle Autorità, oltre che un’autoregolamentazione da parte degli utenti. 

Quindi il consiglio, valido per tutti, resta quello di sempre; prudenza!

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

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