16 Novembre 2023 - 8.32

Il Ministro Crosetto: Forze armate, servono i riservisti!

“Mettete dei fiori nei vostri cannoni” è stato lo slogan di un’intera generazione di pacifisti, reso famoso in Italia dalla canzone “Proposta” dei Giganti del 1967: “…Mettete dei fiori nei vostri cannoni perché non vogliamo mai nel cielo molecole malate, ma note musicali che formano gli accordi per una ballata di pace, di pace, di pace…”.

Avevo 15 anni in quel 1967, e ricordo bene quel periodo in cui una generazione di ragazzi, definiti dalla stampa “Figli dei fiori”, nel loro messaggio pacifista facevano riferimento fra l’altro anche a Gandhi che era solito dire: “Non vi è una Strada alla Pace, la Pace è la Strada”.

Sembra siano passati secoli e non solo pochi decenni.

Le guerre da allora non si sono mai fermate, e come ormai scrivo spesso, il mondo sembra ora avviarsi più verso una fase di decisivi scontri geo politici che ad un’epoca di pace.

E che questi nuovi scenari, piuttosto inquietanti, debbano indurre a qualche riflessione lo ha ben spiegato il nostro Ministro della Difesa Guido Crosetto una decina di giorni fa, durante un’audizione avanti le Commissioni Difesa della Camera e Affari Esteri del Senato, con queste parole: «Se non ci fosse stata la guerra in Ucraina non ci saremmo posti il problema. Oggi bisogna tornare a prepararsi per il peggiore scenario possibile…».

Il che tradotto in poche parole significa che ora una guerra non può più essere esclusa a priori, e che di conseguenza servono più soldi per la Difesa.

Ma Crosetto ha detto anche di più, segnalando che “L’esercito ha gravi carenze accumulate negli anni scorsi”.

Ed entrando nel dettaglio lo ha spiegato così: “Le disposizioni Nato ci chiedono di schierare tre brigate, ma non abbiamo i mezzi corazzati. In assenza di finanziamenti li abbiamo cannibalizzati, abbiamo tolto i pezzi da centinaia di veicoli e pure dagli aerei per far funzionare gli altri….” (si pensi che l’Italia ha in tutto una cinquantina di carri armati).

Il Ministro ha anche sottolineato come nei piani di spesa le voci che soffrono di più sono quelle forse più importanti: l’addestramento dei militari e la manutenzione, che nel 2024 saranno pure limati dalla spending review.

C’è da dire che Crosetto non vive in un altro mondo; conosce bene le difficoltà di bilancio dell’Italia, ed infatti ha ammesso di essere conscio che il requisito del 2% di spesa per le Difesa in ambito Nato è centrale, ma che questo obbiettivo per il nostro Paese sarà “impossibile per il 2024”, e “difficile anche per il 2028”.

Ma il Ministro, che conosce bene cosa stia bollendo in pentola in giro per il mondo, si è spinto a dire che in vista degli scenari futuri, andrebbe fatto un ragionamento sulla necessità di avere una “riserva”, da attivare in caso di emergenza, ovvero di guerra.

Lo so bene che questa sola parola “guerra” è in grado di sollevare un polverone politico, di alzare la pressione al mondo della sinistra, della sponda cattolica, e della popolazione in generale, perché, come ho scritto altre volte, noi stiamo vivendo da 70 anni in una bolla, nell’illusione che la guerra appartenga al passato, e che per vivere in pace bastino i principi fissati nell’art. 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”

Sono indubbiamente concetti di altissimo valore etico, ma vorrei proprio vedere che effetto farebbero sui tagliagole della Brigata Wagner, sugli attivisti di Hamas o Hezbollah, sulle milizie cecene ecc.; se cioè li indurrebbero a più miti consigli, e magari a partecipare alle marce della Pace Perugia-Assisi.

Il problema è sempre quello; che la pace bisogna volerla tutti.

E tornando a Crosetto ed alla sua audizione, il Ministro ha sottolineato: “Pensavamo di aver superato la fase in cui le Forze armate dovevano assolvere la funzione di “difesa del Paese”, prendendo la direzione di una “Protezione civile 4.0, ma ci siamo accorti che così non è. Questo cambio di paradigma nel contesto internazionale ha colto tutti di sorpresa”.

Problema nel problema è l’elevata età media del personale militare italiano rispetto a quello di molti Paesi europei, e ciò deriva anche dalle scelte politiche operate in passato, che hanno privilegiato il personale in servizio permanente a tempo indeterminato rispetto ai volontari in ferma, e quindi a tempo determinato.

Io credo ci sia poi un problema di mentalità, nel senso che non si può certo immaginare di rispondere alla esigenze di una difesa efficiente applicando le rigide regole del pubblico impiego, della nostra burocrazia borbonica.

Guardate, non voglio darvi l’impressione del disfattista; le nostre forze armate hanno reparti di eccellenza (Folgore, Tuscania, San Marco per citarne solo alcuni), ma è indubbio che l’età media piuttosto elevata (solo un terzo dei militari ha oggi meno di 30 anni), l’eccesso di graduati poco addestrati, e l’inadeguatezza del materiale bellico in dotazione, non fanno del nostro esercito un fiore all’occhiello “deaaa Nazzziiiooneee” (tanto che nel 2020 relativamente alla spesa militare in rapporto al Pil l’Italia era al 102esimo posto).

E così arriviamo alla parte a mio avviso più interessante dell’analisi di Crosetto.

Il quale, alla luce della situazione che abbiamo visto, afferma che andrebbe fatto un ragionamento sull’ attivazione dei “riservisti”, da utilizzare in caso di emergenza (e per capirci bene non parliamo di alluvioni, terremoti, o operazioni tipo “strade sicure”, ma di guerra).

E non si è limitato ad una mera petizione di principio.

Ha citato due modelli; Israele che dopo il 7 ottobre ha richiamato in pochissimi giorni 350mila soldati della riserva; e quello della Svizzera (della neutrale Confederazione Elvetica!) che grazie ai riservisti (addestrati periodicamente) riesce a mobilitare il doppio dei militari italiani.

Io credo si tratti di un’idea da non scartare, o peggio da affossare in nome di un pacifismo di maniera, ideologico o confessionale.

Certo non è una cosa che si mette in piedi dall’oggi al domani, e sicuramente si tratta di una sfida prima di tutto con l’opinione pubblica e le mamme italiane che, come accennavo, forse vogliono ancora cullarsi nell’illusione del “Mettete dei fiori nei vostri cannoni”.

Per quanto mi riguarda non ho alcun dubbio che anche l’Italia debba rafforzare il suo apparato militare, ovviamente in chiave di deterrenza, ma pronto alla difesa del Paese qualora fosse necessario.

Ed a questo sarebbero funzionali proprio i “riservisti”, possibilmente giovani, che non dovrebbero essere permanentemente in servizio, in quanto farebbero altro nella vita, ma sarebbero sempre pronti ed in grado di combattere perché regolarmente ed adeguatamente addestrati.

Ma non posso chiudere senza fare alcune considerazioni di carattere “continentale”.

E ovviamente mi riferisco all’Europa e all’esercito europeo, di cui si parlava già sessant’anni fa, e allora fu la Francia, storicamente particolarmente gelosa della sua indipendenza, a bloccarne la nascita.

Io sono fermamente convinto che la creazione di un esercito comune continentale sarebbe assolutamente vantaggiosa per tutti.

Come ha infelicemente dimostrato la vicenda ucraina, l’Europa è sullo scacchiere internazionale assolutamente impotente e irrilevante, e questo anche a causa della pochezza militare che le è propria.

Al confronto degli eserciti di Russia, Usa e Cina, la somma delle armate europee è pressoché risibile.

Ecco perché un esercito comune europeo competitivo darebbe un maggiore credibilità politica all’Ue.

Anche se a onor del vero, per rendere l’Unione forte e credibile andrebbero aggiunti una politica estera comune, un sistema di tassazione compatibile, e un’economia veramente integrata.

Pure in questo caso si tratterebbe di un processo che richiederebbe tempi non brevi; perché è vero che le forze armate dei vari Paesi (a proposito, nell’unione dei 27 Stati gli eserciti ritenuti affidabili sono solo quelli di Italia, Francia, Germania, Polonia, Olanda, Belgio e adesso delle non più neutrali Svezia e Finlandia, più ovviamente la Gran Bretagna) operano già oggi spesso insieme, ma però i comandi parlano lingue differenti, e persino le tecnologie non sono sempre compatibili tra loro, creando così non poca confusione.

Il problema, come sempre, è squisitamente politico perché, oltre a crederci, va messo in conto che, unendo le forze, scomparirebbero incarichi, gradi, posizioni e sedie.

Ma nonostante il mondo sia in subbuglio, tutti si stiano armando, gli appetiti degli Stati stiano crescendo, il Sud del mondo reclami “un posto a tavola”, gli equilibri geo-politici stiano per saltare, purtroppo è probabile che i Demostene di ogni singolo Stato o Staterello europeo continueranno a far finta di avere ciascuno un esercito vero, e continueranno a raccontarlo alle proprie genti, che resteranno così convinte di avere forse troppo eserciti, mentre in realtà non ne hanno quasi nessuno.

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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