14 Giugno 2022 - 9.48

Il 2035 è domani!

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di Umberto Baldo

“Getta il cuore oltre l’ostacolo!” Questo si usa dire quando si vuole spronare qualcuno verso un obiettivo al di là della logica o del buon senso.
E questo ha fatto l’Europarlamento fissando per il 2035 il divieto di vendita, e quindi di produzione, nell’Unione europea, delle auto con motori diesel o a benzina.
Una decisione sicuramente ispirata dall’ecologismo militante, dalla rivoluzione green tanto invocata, e per quanto mi riguarda senz’altro condivisibile quanto agli obiettivi.
Se non che al 2035 mancano soli 13 anni, un niente per certi processi, e ho l’impressione che con questa scelta, assieme al cuore, oltre l’ostacolo si sia buttato anche il cervello.
Perché la logica, il buon senso, sopra citati, suggeriscono chiaramente che si tratta di una decisione puramente ideologica, che non tiene conto della realtà, degli ostacoli, delle difficoltà operative, che fissa un obiettivo finale senza aver chiarito come arrivarci.
E non occorre certo essere di geni per mettere in fila solo alcuni punti critici di questo affrettato passaggio all’elettrico.
Punto primo: per “fare il pieno” ad un veicolo elettrico serve in ogni caso una presa di elettricità. Ma serve anche che ci sia la corrente, e forse agli eurodeputati, nelle aule ovattate di Bruxelles, è sfuggito che è in atto una crisi epocale negli approvvigionamenti del gas e del petrolio che servono per alimentare le centrali elettriche, tanto che è ancora presente il rischio di un razionamento dal prossimo autunno.
Punto secondo: queste prese per la ricarica dovranno essere accessibili ad ogni automobilista, dati anche i tempi tecnici non brevi che servono per ricaricare le batterie di un’auto. Va da sé che ci vorrebbe una presa in ogni garage o posto auto, cosa non sempre possibile, per cui me le vedo già le lotte fra condomini per la precedenza nel fare rifornimento. E quanti punti di ricarica pubblici servirebbero?
Punto terzo: anche ammesso che con uno sforzo immane si riesca a costruire una rete efficiente e diffusa di punti carica, pubblici e privati, con quali fonti energetiche saremo in grado di fare fronte all’enorme fabbisogno di energia elettrica necessaria per l’intero parco automobilistico ed il trasporto su gomma?
Con le pale eoliche od i pannelli solari che nessuno vuole perché deturpano il paesaggio? Con le centrali nucleari che abbiamo rifiutato con un voto?
Punto quarto: In Europa circolano circa 270 milioni di auto diesel o benzina. Altre ne verranno prodotte da qui al 2035, e poi l’industria dovrà garantire i pezzi di ricambio per almeno altri vent’anni. Ma non è che i grandi Costruttori possano premere un pulsante il 1° gennaio 2036 per chiudere le catene delle auto a motore termico, per sostituirle con quelle a trazione elettrica. Per questa riconversione servono anni, e piani di investimento miliardari. E, come accennavo, per un processo del genere il 2035 è domani!
Punto quinto: Il passaggio all’elettrico comporta la riconversione di interi distretti produttivi, e quindi mette a rischio il posto di lavoro di decine di migliaia di addetti. Per non dire che, essendo l’Europa in ritardo sul tema della produzione delle batterie e della componentistica elettronica, si rischia di passare dalla totale dipendenza dal gas e petrolio della Russia, a quella dagli accumulatori e microchips della Cina. Se non è “dalla padella alla brace” poco ci manca!
Sono sicuro che, riflettendoci, ognuno di voi è in grado di individuare ulteriori punti critici in aggiunta a quelli da me accennati.
Questo non vuol dire fermare tutto, sia chiaro!
Ma almeno si può far notare che un progetto come questo, che cambia radicalmente il nostro modo di vivere ed i nostri assetti economici, non può essere deciso con la logica del “cuore oltre l’ostacolo”, ma solo dopo aver opportunamente pianificato e definito tutti i passaggi necessari?

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