25 Settembre 2023 - 9.35

Giuseppe Conte: l’oggetto misterioso

Umberto Baldo

Nei giorni scorsi ho cercato di fare una breve carrellata sulle leadership delle principali forze politiche italiane.

E così vi ho parlato di Giorgia Meloni (I “nodi gordiani” del Presidente del Consiglio -15 settembre), di “Elly Schlein ed i (tanti) mal di pancia nel Pd” il 18 settembre, e di Matteo Salvini (“C’era una volta la Lega Nord” il 20 settembre).

Chi manca? 

Me lo ha fatto notare uno di voi: manca Giuseppe Conte.

Non è che non lo sapessi in verità, ma cosa volete, l’”avvocato del popolo” è un soggetto particolare, difficile da inquadrare nel panorama politico italiano, e non solo. 

Per cui, prima di guardare al Conte di oggi, credo sia indispensabile cercare di capire chi sia, da dove venga, e dove voglia arrivare.

Parlare di Giuseppe Conte vuol dire parlare del Movimento 5 Stelle, di cui a mio avviso lui rappresenta l’evoluzione, oserei dire la metamorfosi finale.

Avrete certamente notato che, ogni qual volta mi riferisco agli ex grillini, li definisco “Partito di Conte”, perché a mio avviso del primigenio Movimento Cinque Stelle e delle sue idealità, resta poco o nulla.

Quella fase politica, dominata da un Beppe Grillo deciso a dare una spallata al sistema (la famosa scatoletta di tonno), portata avanti a colpi di meet-up, di Vaffa-day, di blog, di “uno vale uno”, di sublimazione dell’antipolitica, è ormai definitivamente archiviata.

Se proprio vogliamo fare un paragone storico, sia pure forzato, direi che Giuseppe Conte sta al M5S di Grillo come Termidoro sta alla Rivoluzione Francese.

Spariti o tornati a casa i primattori, Grillo in primis, Casaleggio (deceduto), Di Battista, Di Maio (diventato rappresentante speciale della Ue per la regione del Golfo Persico), è rimasto lui, a guidare una barca di cui francamente non si capisce la rotta (o almeno non la capisco io, a mio demerito).

Perché, comunque la si veda, è questo il vero punto dolente di “Giuseppi”.

Qual è il suo profilo ideale? 

Diciamola più semplicemente: qual è la sua funzione, la sua proposta politica?

Cosa rappresenta oggi il “partito di Conte”?

Già, perché il personaggio è comunque sui generis.

E l’unica spiegazione possibile sul perché un uomo senza storia politica, sconosciuto alle masse, divenuto improvvisamente capo del governo (anzi, di due governi) sembra su segnalazione di amici degli amici, sulla base di una selezione informale ed occasionale, sia potuto diventare uno dei premier del G7, lo si deve per me  solo al fatto che l’Italia degli albori del grillismo era ormai un Paese destrutturato, pronto solo ad essere preso in mano dal primo rivoluzionario da operetta che si fosse presentato sulla scena. 

Ma io credo che proprio la mancanza di una storia politica, di un pregresso, di un Partito alle spalle (almeno quando è stato indicato come premier), siano stati gli elementi che, contro molte previsioni, abbiano giocato a suo favore. 

A questo si è aggiunta un’indubbia competenza avvocatesca che gli ha consentito di muoversi agevolmente nei meandri della macchina pubblica.

E pensare che ad un certo punto lo stesso Beppe Grillo, quando il Movimento dovette decidere il nuovo Capo si espresse sprezzantemente nei confronti di Conte con queste parole: …..E Conte, mi dispiace, non potrà risolverli perché non ha né visione politica, né capacità manageriali.  Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione” (sic!).

Mai giudizio fu più sbagliato, perché Conte si è dimostrato una sorta di camaleonte, un “uomo per tutte le stagioni”, grillino coi grillini, leghista coi leghisti, democratico coi democratici, trumpiano con Trump («Giuseppi!»), macroniano con Macron, putiniano con Putin.

In altri tempi sarebbe stato bollato come “trasformista”, ma io credo invece che l’uomo abbia dimostrato di possedere una buona dose di furbizia, di coraggio, di opportunismo, di abilità e capacità di muoversi in momenti non certo facili per lui, e cosa che non guasta di “fortuna” in senso machiavellico.

Dopo si sa che il potere è un’arte che si impara esercitandolo, ed al quale è difficile rinunciare.

E lo dimostra il fatto che, pur avendo a suo tempo annunciato che dopo l’esperienza di Capo del Governo sarebbe tornato alla sua Università ed al suo Studio legale, in realtà  si è fatto eleggere al Parlamento ed ha preso in mano l’ex Movimento 5 Stelle, a conferma che il proverbio siciliano “cumannari è megghiu ca futtiri” esprime una verità universale.

Mi scuso se forse l’ho tirata per le lunghe, ma ribadisco che per cercare di capire cosa sia oggi il “Partito di Conte” bisogna inquadrare colui che lo governa.

E così, se la Meloni porta avanti a mio avviso una politica di destra “sociale”, con palesi incertezze, per non dire errori, in tema di economia; se la Schlein è impegnata in un movimentismo radicale da centri sociali; se la Lega Nord non c’è più,  la Lega Nazionale non è mai decollata, e Salvini si sta spostando sempre più su tematiche nazionaliste, con alleanze “tossiche” a livello europeo (Le Pen e AfD), io faccio veramente fatica a capire cosa proponga Conte. 

Secondo logica dovrebbe essere difficile raccogliere voti sul ricordo delle due “genialate grilline” che sono state il Reddito di Cittadinanza ed il Superbonus 110% (fortunatamente smontate dalla Meloni),  eppure Conte secondo i sondaggi viaggia ancora sopra il 15%, a poco meno di  tre punti dal Pd. 

Ma la domanda delle domande secondo me è questa: ma il partito di Conte è veramente di sinistra, come sembra credere la Schlein?

Solo per fare un esempio, proprio nei giorni scorsi durante una visita a Lampedusa, quello stesso Conte che era stato accolto fra gli applausi alla Festa dell’Unità se l’è presa con il Pd perché è per l’ “accoglienza indiscriminata”.

Pronta la reazione del Pd che lo ha apostrofato come “uno che parla come la destra”; accusa rigettata dall’”avocato del popolo” con un bel “non permettetevi”, e già che c’era specificando di essere contrario allo “ius soli”, uno dei mantra della gauche caviar.

Dal mio punto di vista su questo tema non è Conte l’anomalia, bensì la Schlein, che si limita a contrapporre alla retorica securitaria (di destra o sinistra che sia) solo l’umanitarismo dei valori, senza capire che l’umanità senza sicurezza equivale a  negare che il problema esiste, e finisce per alimentare la paura proprio nelle fasce più deboli della popolazione, che sentendosi più esposte finiscono per votare a destra (sta succedendo ovunque in Europa, ma a non accorgersene sembra sia solo la “segretaria eletta dai passanti”).

Conte questo lo ha capito e ha cominciato ad ignorare i termini “solidarietà”, “accoglienza”, “integrazione”, che invece nutrono la narrazione della Schlein.  

Cercando di arrivare ad una conclusione, confesso che faccio fatica ad individuare quale sia la linea politica attuale del Partito di Conte, impegnato a mio avviso in una navigazione “a vista”,  a cavalcare l’attualità in funzione anti governativa,    a lucrare consensi su qualche battaglia identitaria, il tutto  per raggranellare visibilità e soprattutto seggi parlamentari.

Io credo che Conte ami giocare da battitore libero, che il “campo largo” non esista se non nella testa della Schlein,  come l’ “Avvocato del popolo”  ha ben spiegato al Pd nei giorni scorsi con queste parole «Un cartello elettorale non ci sarà mai, ma dialoghiamo sui temi”.  Come si dice: Schlein avvisata…….”

Sarà interessante vedere quale sarà la proposta politica e le alleanze per le prossime europee.

A Bruxelles si è vista una vera debacle degli ex grillini, in quanto dei quattordici eurodeputati eletti dal Movimento 5 Stelle alle europee del 2019, solo cinque fanno ancora parte della delegazione pentastellata. I due terzi degli esponenti eletti nelle liste del partito fondato da Beppe Grillo hanno infatti abbandonato il M5s per confluire in diversi gruppi politici del Parlamento europeo, dai Verdi al Partito Popolare Europeo, passando per i liberali di Renew Europe. La delegazione, già dimezzata dalle defezioni interne si è ulteriormente ridotta all’indomani della scissione guidata dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. 

Vedremo cosa si inventerà l’ Avvocato del popolo”, per affrontare  queste elezioni dal significato tutto politico, addirittura di portata storica per il futuro dell’Europa.

Può essere che un certo vento di radicalismo che persiste ancora in Italia possa sospingerlo un po’,  ma il rischio è che il suo Movimento possa giocare al massimo un ruolo di piccolo  partito provinciale testimone di un generico malcontento di una parte degli italiani.

Sarebbe troppo poco per contare qualcosa in chiave europea, ma in prospettiva anche italiana.

Umberto Baldo 

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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