11 Maggio 2020 - 10.40

Fine di un impero

L’abito non fa il monaco, e la crisi dovuta all’emergenza sanitaria ed al crollo del petrolio giocoforza ha coinvolto anche la Russia, con la sua immagine di grande potenza che Putin ha cercato di costruire.

Se inizialmente sembrava immune al VIRUS, o forse la pandemia era ben nascosta dal regime, pian piano stanno emergendo tutte le difficoltà del bilancio di Stato.

Ad oggi la Russia si vanta di essere il Paese con il maggior numero di test al mondo, quasi cinque milioni, però sono impressionanti i casi di CORONAVIRS all’interno del Paese, almeno quelli conosciuti, arrivati ad essere circa duecentomila.

In questo contesto Putin per la prima volta da quando  nel 2000 divenne Presidente ha visto scendere la sua popolarità. Di contro la situazione economica non lo ha di certo aiutato, basti pensare che il bilancio statale era previsto in pareggio con un prezzo del barile di circa 40 dollari, mentre oggi il petrolio naviga intorno ai 29 dollari al barile.

Tutto ciò ha messo a nudo lo Zar, rovinando i piani della Russia. La pandemia di CORONAVIRUS capace di innescare una crisi economica mondiale sempre più profonda non ha potuto risparmiare soprattutto una potenza petrolifera danneggiata dal calo del petrolio.

Sottovalutata all’inizio l’epidemia, forse più per necessità che per realtà, tanto da far attribuire al Paese un’inspiegabile esenzione dal contagio, alla fine il VIRUS ha fatto emergere tutta la triste verità di una Russia vulnerabile e messa all’angolo, costretta a ricorrere a drastiche misure di lockdown ed incapace di reagire con politiche economiche di rilancio al crollo del prezzo del petrolio, alla svalutazione del rublo ed alla disoccupazione crescente.

Ad accentuare la già precaria situazione poi ci ha pensato l’ A.D. di Russneft, la società petrolifera di Stato, Igor Sechin quando ha deciso di rompere il patto di collaborazione con l’Arabia Saudita sul taglio di produzione del greggio, scatenando la reazione saudita concretizzata con l’aumento della produzione ed il conseguenziale ulteriore calo del greggio ad un minimo di 20 dollari.

La Russia dipende dall’esportazione di gas e petrolio per quasi metà delle proprie entrate fiscali, con un prezzo del greggio in discesa a causa della drastica riduzione della domanda globale provocata dal CORONAVIRUS,  fa ben capire la reale situazione dell’ormai ex impero pronto ad un drastico ridimensionamento del suo ruolo a livello mondiale, facendo comprendere che l’economia creata dall’imperialismo di Stato in Russia alla fine non è per nulla espansiva ma bensì risulta essere un’enorme stagnazione perpetua.

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