12 Dicembre 2015 - 11.46

EDITORIALE- Nel presepe della politica italiana troppi asini e buoi

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di Marco Osti

Mentre il mondo discute di interventi armati in Siria, si appresta a una guerra allo Stato Islamico e l’Italia sta decidendo cosa fare in uno scacchiere internazionale di enorme complessità, vari politici hanno trovato il tempo per raggiungere Rozzano alla periferia di Milano, dove, nonostante i diversi problemi, in genere pochi si degnano di andare.
Ma c’era da sconfiggere l’orco Marco Parma, il preside reo di avere cancellato la Festa di Natale, quello che vuole favorire i musulmani e da solo, secondo loro, starebbe minando tutta la cultura cattolica Occidentale.
Rozzano è quindi diventata meta indispensabile e un fatto di per sé marginale ha attirato pletore di politici, come Ignazio La Russa, con codazzo di militanti con bandiera di partito al seguito, e Maria Stella Gelmini, colta davanti ai cancelli della scuola a cantare “Tu scendi dalle Stelle”.
Non è mancato, naturalmente l’arrivo di Matteo Salvini, presente, con tanto di presepe in mano, come se da quelle parti non l’avessero mai visto.
Un clima da farsa paesana, con esasperazione dei sentimenti e ognuno che interpretava la sua parte come in una scadente rappresentazione del carnevale.
In realtà è stato il plastico esempio di come in Italia non si riesca ad affrontare problemi di rilievo, come la laicità delle istituzioni pubbliche e l’integrazione fra diverse religioni, in modo serio e senza demagogie.
Allora ci adeguiamo e proviamo a immaginare chi ci fosse in quel presepe che Salvini ha portato alle mamme indignate di Rozzano, perché a due di loro è stato vietato di insegnare ai ragazzi canti di Natale durante l’intervallo scolastico.
Certamente la Madonna inginocchiata in preghiera avrà avuto le fattezze delicate e vagamente botticcelliane della nostra ministra per le Riforme Costituzionali e per i rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, che, con la sua tipica vocina candida e gli occhioni spalancati, ogni giorno ci ricorda di non c’entrare con il tracollo della Banca Etruria, di cui il babbo era vice presidente quando venne commissariata, e con il relativo azzeramento dei risparmi dei suoi clienti.
Di fianco, con la tunica dimessa e il barbone di San Giuseppe, senza dubbio vi era il nostro presidente del Consiglio Matteo Renzi, che da sempre si sente unto dalla chiamata della politica alle riforme, di cui si crede padre putativo e unico depositario della verità su come realizzarle.
Naturalmente non saranno mancati i tre Re Magi.
Qui la concorrenza per il posto sarà stata spietata.
Alla fine sembra abbiano prevalso proprio loro, Silvio Berlusconi, Beppe Grillo e lo stesso Matteo Salvini, perché tutti e tre ogni giorno portano in dono al loro San Giuseppe Renzi la possibilità di governare.
Il primo ha favorito il dissolvimento del centro destra con la sua personalizzazione; il secondo ha teorizzato l’esasperata volontà di non condividere progetti di governo per avere le mani intonse grazie alla mancata assunzione di responsabilità, il terzo si è concentrato nella costante crociata anti governativa che porta a usare toni e slogan dell’estrema destra, diventata quindi alleata.
Infatti i problemi più grossi Renzi li ha in casa, con molti tra i pastori che fuori dalla grotta attendono il lieto evento, il cui dissenso è però stato disinnescato per il sostegno arrivato al Governo da Denis Verdini, che, da stampella della maggioranza, si è dimostrata invece stella cometa che nella legge di Stabilità ne ha guidato le scelte verso soluzioni che non appartengono certo al patrimonio culturale di quello che dovrebbe essere il centro sinistra.
Il problema non è però stato risolto con il bue e l’asinello, perché si è dovuto sospendere la decisione su chi farli interpretare per eccesso di personaggi in grado di rappresentarli al meglio.
Anzi c’erano molti che l’asino stesso non ha voluto per non sfigurare troppo.
Infine c’è stato lo scandalo Gesù Bambino.
Perché quando le mamme di Rozzano hanno guardato nella grotta non c’era.
Hanno cercato ovunque, ma non l’hanno trovato.
Salvini ha cominciato a ipotizzare un complotto giudaico islamista di portata internazionale, quando invece, da sotto il pagliericcio della santa culla, è caduto un bigliettino e tutti si sono prostrati in ginocchio in preghiera.
Poi, con mano tremante, Salvini lo ha raccolto, è sbiancato in volto, e ha lasciato il piazzale della scuola, inseguito da giornalisti, mamme e politicanti vari.
Dissolvenza.
Fine della farsa.

Certo una parodia della vicenda sarebbe potuta andare così, anche perché, considerate le motivazioni e le azioni dei diversi protagonisti intervenuti a vario titolo nella vicenda di Rozzano, è difficile trovare qualcuno che abbia ragione.
Partendo dal presupposto che il preside Marco Parma non ha messo in discussione le tradizioni cristiane di tutto l’Occidente, come hanno detto, in modo più o meno esplicito, più commentatori e politici è però certo che anche lui ha la sua bella dose di responsabilità e torti.
Il primo è stato avere dato il nome di Festa d’Inverno a quella che si è sempre chiamata di Natale, ritenendo che, soprattutto dopo i fatti di Parigi, sarebbe potuta sembrare una provocazione verso il 20% degli studenti musulmani della sua scuola, delle loro famiglie e in generale della comunità islamica del territorio.
Non vale nemmeno come motivazione quella che più volte è oggetto di discussione sulla presenza di riferimenti religiosi in luoghi pubblici in uno Stato laico, perché comunque non compete a un preside prendere decisioni di questo tipo.
Del resto non si parlava di simboli, ma di festività religiose riconosciute dallo Stato italiano.
È stato poi lo stesso Parma a non usare questa argomentazione, ma a riferirsi a una questione di convivenza tra diverse religioni, senza accorgersi che il suo gesto, per evitare una presunta provocazione, sarebbe stato vissuto come tale dalla grande maggioranza di mamme, papà e ragazzi di fede cattolica.
Il preside, sebbene il suo intento fosse il contrario, ha allo stesso tempo consentito alle stragi di Parigi di condizionare il normale svolgimento di un evento che non infastidiva nessuno, in particolare i genitori e i bambini di fede islamica.
Per non scontentare pochi, Parma ha ottenuto il dissenso di molti e l’indifferenza di chi il suo provvedimento non l’aveva chiesto, facendo entrare nella sua scuola i fatti di Parigi con dirompenza, quando lui voleva tenerli fuori.
Questo fenomenale autogol trova peraltro fondamento nell’idea sbagliata, che appartiene a molti, di trovare soluzioni a favore della convivenza comune e pacifica fra etnie e religioni diverse attraverso il divieto delle varie specificità e tradizioni, per la costituzione di un sistema omologato e univoco.
Una logica in cui ognuno però rischia di perdere la propria identità, senza trovare un modello di riferimento alternativo in cui credere e potersi riconoscere.
L’integrazione in realtà deve avvenire nelle differenze, valorizzandole, come occasione di crescita per tutti, in un processo in cui non si tolgono peculiarità, ma si aggiungono, offrendo a ognuno la possibilità di accrescere la propria conoscenza dell’altro e delle sue necessità e aspirazioni, per costruire su questa base il rispetto reciproco.
È certamente un percorso tortuoso, più lungo e più complesso di quello che si basa sul divieto a ognuno di poter vivere le proprie tradizioni, ma la difficoltà è il segno della straordinaria sfida che deve oggi essere affrontata, che richiede grande buon senso, razionalità e lungimiranza.
L’esatto opposto del populismo e della strumentalizzazione che ha visto pletore di politici raggiungere la scuola di Rozzano per sostenere la protesta delle mamme, che hanno denunciato la decisione del preside di avere cancellato la Festa di Natale.

Nei giorni scorsi pare che un netturbino, mentre puliva le strade adiacenti alla scuola di Rozzano, abbia trovato un piccolo biglietto di carta.
Stava per buttarlo insieme agli altri rifiuti, ma per un istinto incomprensibile lo ha aperto e ha deciso di tenerlo con sé.
Ce l’ha ancora, in casa, sul comodino di fianco al letto, e lo legge tutte le mattine quando si sveglia e tutte le notti prima di coricarsi.
Mentre prende sonno, con una serenità che non si ricorda di avere mai avuto, ne ripete lentamente il testo: “Non in mio nome”.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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