EDITORIALE – La legge del branco al Senato dove si mimano gesti sessuali
Probabilmente finita la bagarre al Senato ne hanno poi riso in trattoria come compagnoni, che a quelle senatrici scatenate contro di loro hanno detto chiaro cosa pensano di loro e del loro parere.
È possibile che abbiano anche condito il tutto con qualche epiteto sessista nei loro confronti e poi si siano buttati sulla pasta cacio e pepe.
Li immaginiamo così, alla fine dei lavori, i senatori che hanno pensato di rivolgersi con gesti volgari verso donne del Movimento 5 Stelle che stavano contestando un intervento di un loro esponente a favore della riforma della seconda Camera del Parlamento, tanto voluta dal presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Tutto è iniziato quando, mentre parlava il suo compagno di Alleanza Liberalpopolare per le Autonomie, il gruppo parlamentare costituito da Denis Verdini con fuoriusciti di Forza Italia per fare da stampella al Governo nelle riforme, il senatore Lucio Barani si sarebbe rivolto verso la senatrice Barbara Lezzi del Movimento 5 Stelle mimando un rapporto sessuale orale.
Il condizionale è d’obbligo, perché nella nostra era digitale, non essendoci una foto o un filmato a testimoniare la scena non è sicuro che il fatto sia avvenuto, ma le testimonianze di chi c’era, compresi senatori e soprattutto senatrici che sono della stessa area politica, anche se oggi in gruppi parlamentari diversi, lasciano pensare che qualcosa sia realmente successo.
Del resto il senatore Barani non ha negato il gesto, ma ha detto che intendeva consigliare alla contestatrice di mangiarsi il microfono, per poi cambiare versione e propendere per il suggerimento ai 5 Stelle di ingoiare i fascicoli che sventolavano.
Certamente però è chiaro l’atto di un suo compagno di schieramento, questo ripreso dalle telecamere di La7 e trasmesso al telegiornale serale, che, durante la confusione creatasi per la prode iniziativa di Barani, ha alzato le mani e le ha ricongiunte due o tre volte verso i propri genitali.
Un gesto inequivocabile e anche questo di chiaro sfondo sessuale.
Sull’episodio si sono scatenati i commenti di censura per comportamenti inaccettabili nell’aula del Senato, ma soprattutto durante una seduta in cui si discuteva la revisione della Costituzione, creata e votata su quei banchi da donne e uomini che probabilmente mai avrebbero pensato si potesse arrivare a tanta maleducazione in un luogo, la cui sacralità dovrebbe essere tutelata proprio da chi la occupa in rappresentanza dei cittadini.
Tutto vero, ma a nostro avviso riduttivo, perché induce a pensare che un comportamento del genere verso una donna e le sue opinioni sia da censurare per il luogo in cui è commesso e non per l’atto in sé.
Quanto avvenuto invece dimostra che in Italia, ma non solo, quando devono contrastare l’opinione di una donna molti uomini ancora ricorrono a gesti sessisti, che vogliono richiamare una presunta superiorità verso il genere femminile da sottomettere, socialmente e sessualmente.
Un comportamento rozzo che in realtà nasconde l’incapacità di confrontarsi su un piano diverso, dialettico, in cui probabilmente con le stesse donne soccomberebbero.
Un comportamento che richiama una visione arcaica, in cui la donna dovrebbe restare a casa a pensare alle faccende domestiche in attesa del ritorno del maschio di famiglia da soddisfare in tutte le sue esigenze, sessuali comprese.
Un comportamento che rivendica una presunta superiorità degli uomini, che non è mai esistita, ma un tempo poteva essere imposta in modo autoritario e per convenzione sociale, ma oggi non trova nemmeno queste sponde e quindi si prova a ribadirla con la volgarità e la violenza, verbale e fisica, soprattutto quando i maschi si ritrovano in branco.
Gli stessi senatori in giro per la buvette del Senato, in mezzo ad altri colleghi, ma senza il loro gruppo e il presunto anonimato a sostenerli, non avrebbero mai il coraggio di rivolgersi a una collega donna in quel modo.
Vigliaccamente forti contro presunti deboli, come fanno gli uomini nel chiuso delle loro case quando picchiano mogli o compagne o i gruppi ultras negli stadi.
Non c’è molta differenza tra un gruppo di senatori che si spalleggia nel fare gesti volgari a una donna nell’aula del Senato e uno di giovani, in giro la sera, dopo magari un bicchiere di troppo, quando incontrano delle ragazze, o un disabile, o un omosessuale, e pensano di potere imporre la loro violenza, che, nel migliore di casi, è solo verbale, solo perché nell’accezione comune sono persone che si possono emarginare per la loro debolezza o presunta diversità.
Il fatto che questa volta l’aggressione sessista sia avvenuta in un luogo che dovrebbe essere sacro è quindi solo una parte del problema, il megafono che ne accentua l’effetto grave di avere come protagonisti uomini di oltre cinquant’anni, che dovrebbero essere esempio, non solo per il ruolo pubblico che rivestono, ma anche semplicemente come adulti, soprattutto per i giovani, tra i quali qualcuno avrà pensato di non avere torto a ritenere le femmine solo oggetti sessuali.
Poi, però, nel mondo reale, si confrontano con donne che valgono molto di più di loro e si sentono legittimati a scaricare la loro rabbia per non saper reggere il confronto con la violenza, unico strumento di cui possono disporre.
Molti uomini ancora si comportano e pensano e agiscono così e poi si ritrovano a bere una birra insieme e provano a darsi ragione, come abbiamo immaginato possano avere fatto i senatori in trattoria, la sera dopo il fattaccio.
Certo questi ultimi avrebbero il compito di essere riferimento di rettitudine, invece sono solo lo specchio del Paese che rappresentano pedissequamente, senza porsi l’obiettivo di migliorarlo, come una classe dirigente degna del suo ruolo dovrebbe invece fare.
Per questo quei senatori, con il loro gesto, non hanno insultato solo le donne del Movimento 5 Stelle o il Senato, ma si sono resi complici di chi pensa che sia legittimo usare la violenza contro i più deboli o contro una donna e hanno offeso chi continua a credere che in un Paese civile tutto ciò sia inaccettabile.
Logica vorrebbe che si dimettessero per inadeguatezza al ruolo, ma per farlo dovrebbero avere una coscienza civile che hanno dimostrato di non avere.














