18 Settembre 2018 - 10.45

EDITORIALE- Campo Marzo, perché Variati ha fallito e Rucco rischia di scivolare

Vogliamo, per favore, dire finalmente una parola di verità, scomoda e destinata ad attirarci un sacco di critiche dai “benpensanti”, sul tema della droga a Campo Marzo? Vogliamo finalmente smettere di essere “politically correct” e raccontarci davvero le cose come stanno?
Si vogliamo. E allora ammettiamo finalmente che il problema della droga a Campo Marzo non è il fatto che ci siano tanti spacciatori e quasi tutti, se non tutti, nigeriani, neri, richiedenti asilo in attesa dell’udienza in commissione. No, il vero problema è che ci sono tanti, tantissimi giovani e meno giovani consumatori di droga – tutti o quasi tutti italianissimi e vicentini – che vanno a comprare marijuana, hashish, cocaina ed eroina a Campo Marzo. E’ questa, in effetti, una delle prime regola dell’economia di mercato: l’offerta si concentra laddove vi è grande richiesta e Vicenza, come tutte le città, concentra la sua domanda di stupefacenti nella zona della stazione ferroviaria, tradizionale punto di passaggio e di incontro. Volessimo davvero intervenire in modo radicale sulla situazione di Campo Marzo, allora, dovremmo agire sulla domanda e si potrebbe farlo in molti modi. In primo luogo con campagne di avvicinamento e di cura dei tossicodipendenti, investendo risorse nella cura delle patologie, invertendo il senso di stima che si attribuisce a chi consuma anche le droghe leggere. Eppure le droghe piacciono, piacciono a molti e trasversalmente, il consumo ricreativo è in esponenziale aumento così come l’utilizzo di eroina, che pareva essere stata relegata agli anni ’80 e che invece torna prepotentemente sul mercato. Un tipo di approccio diverso potrebbe essere anche quello della legalizzazione, se non liberalizzazione, del consumo di alcune droghe come marijuana e hashish, sottraendo questa fetta di mercato alla malavita e disponendone attraverso lo Stato. Le posizioni politiche attorno a questo tema sono note e se ne discute da troppo tempo per poter avere una soluzione alternativa o di carattere innovativo. Si tratta solo di decidere e di farlo in fretta: in un senso o nell’altro.
Una volta fatta questa operazione-verità circa il consumo e lo spaccio di droga, ecco che diventa più facile e più diretto capire quali siano state – in passato e oggi – le prospettive e le possibilità di intervento dell’amministrazione comunale. Molti proclami, in campagna elettorale, sono passati sotto la categoria “sicurezza” ma è evidente che l’attività di un Comune non ha davvero nulla a che fare con la sicurezza.
In una conferenza stampa convocata sotto i portici del bar Moresco, nella campagna elettorale che doveva portare alla rielezione per il secondo turno di Achille Variati, venne presentato l’ex questore Dario Rotondi, al quale era stato chiesto di occuparsi della sicurezza. In quella occasione, con ribalda ostentazione, Rotondi ebbe modo di affermare che il “problema Campo Marzo”, se affrontato come lui aveva in mente di fare, poteva essere risolto nell’arco di un paio di settimane. Dopo aver raccolto un pugno di preferenze alle elezioni, Rotondi venne effettivamente chiamato ad occuparsi di sicurezza e si rese conto di quanto possa essere diverso disporre di una Questura oppure fare l’assessore di un Comune. E’ di tutta evidenza che il problema non è stato risolto e che, come abbiamo dimostrato all’inizio, non è risolvibile attraverso quello che un Comune può fare o evitare di fare. Non è risolvibile nemmeno mandando la polizia, i carabinieri e la guardia di finanza, non è risolvibile con l’esercito e nemmeno con i caschi blu dell’Onu – gli unici che ancora non abbiamo visto – sempre che l’intento sia quello di estirpare il commercio di droga. Ci sono stati momenti nei quali la pressione esercitata dalle forze di polizia su Campo Marzo è stata eccezionale, e come accade con i vasi comunicanti nella teoria idraulica, i compratori vicentini e gli spacciatori stranieri si sono semplicemente spostati di qualche centinaio di metri, per poi tornare indietro non appena la pressione è diminuita.
Fare il questore e fare l’assessore, poi, sono davvero lavori diversi. Un questore può affacciarsi alla porta dell’ufficio, chiamare i suoi sottoposti e ordinare. In genere ottiene quello che vuole e la gerarchia è molto chiara e definita. Un assessore può chiedere, ha a disposizione una struttura tecnica che in gran parte sfugge al suo controllo. Un ex questore che cerchi di approcciarsi alla struttura tecnica del comune con il piglio del questore, finisce per entrare in rotta di collisione – per esempio – con il comandante della polizia locale e con tutti gli agenti del corpo. Sfuriate da una parte e lotte intestine sono state all’ordine del giorno di buona parte del mandato di Rotondi. Potrebbe anche aver avuto ragione lui, povero Rotondi, ma non ha trovato il modo per realizzare le sue idee.
Intervistato recentemente in televisione, Achille Variati ha ammesso che, a posteriori, l’idea di affidare la sicurezza ad un assessore tecnico non gli pare più così buona come gli era apparsa in campagna elettorale e che, forse, avrebbe fatto meglio a tenere quella delega per se’. Dieci anni di Variati ci hanno insegnato che Achille avrebbe preferito forse tenere per se’ quasi tutte le deleghe, e in ogni caso abbiamo visto troppe volte il sindaco intervenire direttamente ogni volta che uno dei suoi assessori andava in difficoltà. Ma forse quegli assessori andavano in difficoltà perché Achille, per brillare di luce propria, non sempre si è attorniato di astri scintillanti.
Per concludere: come ha affrontato il problema Campo Marzo l’amministrazione Variati? Male. In parte negando il problema, in parte facendone una questione politica, in parte cercando di sterzare in senso autoritario quando ormai era troppo tardi, quando era fin troppo evidente che lo si faceva solo per cercare di non perdere troppo male le elezioni dello scorso giugno, chiudendo la stalla quando i buoi erano già scappati da troppo tempo.
Presidio fisso aveva annunciato Francesco Rucco in campagna elettorale e presidio fisso è stato in settembre con il luna park e la “festa dei oto”. Un presidio minimo, all’inizio, con due agenti di polizia locale, adesso rafforzato con una seconda pattuglia il cui lavoro si concentrerà soprattutto nelle ore pomeridiane. Tutto bene? Insomma… Prima di tutto bisogna dire che da sempre, a livello di Comitato Ordine e Sicurezza in Prefettura, polizia e carabinieri hanno dichiarato che il presidio fisso, per loro, è insostenibile: distaccare a tempo pieno uomini e mezzi a controllare quei pochi chilometri quadrati di verde pubblico, trascurando il resto del territorio sarebbe scelta scellerata. E allora il sindaco deve sapere che, se vuole il presidio, lo deve fare con le sue forze che, tradotto in pratica, significa metterci i vigili. E i vigili ci vanno: da lunedì a sabato, notti escluse. Se, con questo genere di forze, ci si illude di risolvere il problema spaccio, allora siamo al punto di partenza: non si può.
Certo, l’amministrazione ha in animo di bandire concorsi per trovare nuovi agenti, può riaprire un vecchissimo tavolo sindacale e cercare di ottenere il turno notturno dei vigili, ma si troverà – presto o tardi – a fare i conti con i numeri. Numeri che dicono che il corpo di polizia locale ha il compito di rilevare gli incidenti in città, di occuparsi di viabilità e permessi, di mille incombenze che ricadono sul cittadino normale, un cittadino che non ha mai avuto niente a che fare con la droga e che, se si troverà a dover aspettare ore per ottenere l’intervento di una pattuglia in strada, non accetterà di buon grado solo perché saprà che nel frattempo quattro agenti sono stabilmente in Campo Marzo.
Una funzione, il presidio fisso, può averla. Il cittadino che entra in viale Dalmazia e vede l’uniforme di un vigile, certamente si sente rassicurato. Passeggia e si inoltra con maggiore serenità. Vedrà ugualmente il mercato della droga svolgersi davanti ai suoi occhi, ma con più discrezione. Se la schedatura dei personaggi più problematici avrà successo e se questo offrirà – per esempio – all’ufficio immigrazione della Questura gli strumenti per espellere con maggiore efficacia chi delinque in modo continuo, ecco un risultato si potrebbe anche raggiungere. E’ necessario però non buttare fumo negli occhi dei vicentini, non illuderli che tutto si possa risolvere e magari sperare in una politica nazionale dell’immigrazione un po’ diversa da quella che abbiamo visto negli anni scorsi. Se l’esercito di giovanotti sfaccendati che arrivano in città dopo essere scesi dai barconi diminuisce, certo anche le truppe di coloro che vengono mandati a spacciare potrebbe diminuire, ma certo non diminuiranno le fila dei nostri “bravi ragazzi” che spendono la paghetta in fumo, canne e cocaina. E c’è un dato sul quale riflettere: nell’ultimo blitz della polizia a Campo Marzo, oltre il novanta per cento di coloro che sono stati identificati avevano le carte in regola per stare in Campo Marzo. Non erano clandestini o irregolari. Possiamo inventarci tutti i presidi che vogliamo, ma con questi dati di fatto non resta che svuotare il mare con il cucchiaino.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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