17 Marzo 2022 - 10.55

Default della Russia? Non sarebbe l’Apocalisse

di Umberto Baldo

Possiamo chiamarli come vogliamo, insolvenza, fallimento, o come va di moda default, ma alla fine sempre della stessa cosa di tratta; di uno Stato che non è più in grado di restituire completamente il suo debito pubblico ai creditori.
E’ successo innumerevoli volte nella storia che un Re rifiutasse di restituire i soldi avuti in prestito, di solito da banchieri. Non si è mai fermato il mondo per questo; qualche banca è fallita, qualcuno ci ha rimesso, e qualcuno ci ha magari guadagnato.
Sulla base di questi assunti, alla luce delle notizie allarmate che campeggiano in questi giorni sui media, mi sono posto questa semplice domanda: cosa succederebbe se la Russia dovesse andare in default?
Non stiamo parlando di teoria, perchè ieri 16 marzo 2022 la Russia doveva fare fronte al suo primo pagamento, di circa 117 milioni di dollari, dopo l’invasione dell’Ucraina. Si tratta di interessi su due obbligazioni sovrane denominate appunto in dollari.
Non sarebbe stato un problema in condizioni normali, ma sappiamo che Stati Uniti ed Unione Europea hanno imposto pesanti sanzioni a Mosca, congelando fra l’altro più di metà dei 300 miliardi di dollari di asset della Banca Centrale Russa appoggiati all’estero, e così facendo crollare il rublo.
Per ritorsione alle sanzioni Putin ha dichiarato che la Russia pagherà, però in rubli anziché in dollari.
E’ evidente che per i creditori ricevere un pagamento in una valuta che vale poco più di carta straccia, di fatto equivale a non ricevere nulla.
In questo momento regna sovrana la confusione, tanto che non si è in grado di capire se Mosca abbia o meno effettuato il pagamento in questione sui bond governativi.
Il ministro delle finanze russo Anton Siluanov ha dichiarato: “Il pagamento è arrivato alla Banca americana di riferimento, che è titolare del nostro conto in valuta estera. Attualmente il pagamento è in fase di elaborazione e finora non abbiamo avuto indicazioni sul fatto che sia andato o meno a buon fine. Ma sappiamo che la banca è in contatto con l’Ofac, e ci ha chiesto le informazioni necessarie sullo scopo del pagamento. Quindi stiamo aspettando informazioni dalla nostra banca”.
Così, come se si trattasse del Sior Bepi che aspetta di sapere dalla sua Banca se un bonifico è andato a buon fine!
Credo non ci siano dubbi, almeno stando alle dichiarazioni delle Agenzie di rating, che se il pagamento avverrà in rubli sarà automaticamente aperta la procedura di default. Che però non è immediata, in quanto sono previsti 30 giorni di moratoria, definiti “periodo di grazia”.
Ma questo è solo l’inizio, in quanto dopo i 117 milioni, sono in scadenza per il 31 marzo ed il 4 aprile rimborsi di capitale per, rispettivamente, 359 milioni e 2 miliardi, sempre in dollari Usa.
Quindi, fatte le somme, il periodo di grazia per la Russia finirà ai primi di maggio (alcuni dicono però il 15 aprile), dopo di che sarà default.
E a quel punto cosa succederà? Suonerà la settima tromba dell’Apocalisse?
Via siamo seri!
Se la Russia non dovesse pagare si aprirebbe fatalmente una fase di negoziazioni fra Putin ed i suoi creditori, che la storia ci insegna essere sempre lunga ed incerta.
Certo in questa ipotesi le Aziende ed i pochi investitori occidentali rimasti in Russia quasi sicuramente lascerebbero il Paese, le grandi corporation russe potrebbero avere difficoltà a finanziarsi all’estero, e prevarrà la riluttanza a fare ancora affari con Mosca.
Storicamente non sarebbe la prima volta che la Russia si trova a dichiarare la propria insolvenza.
Avvenne nel 1917, quando i bolscevichi non riconobbero i debiti in valuta estera contratti dallo Stato zarista.
E si ebbe il bis nel 1998, anche se in quel caso il default interessò esclusivamente il debito domestico in rubli, con la conseguenza del crollo del sistema bancario, e la svalutazione drammatica di patrimoni e risparmi dei cittadini.
Putin conosce bene la problematica, perchè fu proprio quel default che determinò la sua ascesa al potere, defenestrando Boris Eltsin, e ponendo drammaticamente fine al Far west economico e politico del Paese apertosi negli anni ’90 dopo la caduta dell’Unione Sovietica.
In quell’anno fatale ci fu la concomitanza di tre effetti destabilizzanti: la svendita degli assets che consentì la nascita degli oligarchi, la crisi finanziaria asiatica, ed il crollo dei prezzi di gas e petrolio, principali fonti del bilancio russo.
La Russia fu così costretta a ricorrere ad un prestito del Fondo Monetario Internazionale per 22,6 miliardi di dollari, ma non riuscì comunque a fare fronte ai suoi impegni, e quindi dichiarò default il 17 agosto 1998, svalutando il rublo, dichiarandosi inadempiente sul debito interno, ed annunciando una moratoria del debito estero.
Quello che mi interessa evidenziare è che, come accennato all’inizio, un default è un accidente della storia, dal quale in qualche modo si può uscire, e la riprova è che Putin è ancora al suo posto a terrorizzarci con la sua invasione di un paese sovrano.
La realtà, almeno per come la vedo io, è che il Governo russo non è poi così indebitato come si vorrebbe far credere.
L’anno scorso il debito interno della Russia era all’incirca del 13% del Pil (pensate a quello italiano al 160%), con un debito estero pari a 150 miliardi di dollari, di cui solo 45 fanno capo del Governo, mentre la maggior parte è riferibile alle Banche ed alle grandi società, tipo Gazprom o Lukoil.
E non va sottovalutato il fatto che se buona parte dei 300 miliardi di riserve valutarie russe non fossero state congelate dall’Occidente con le sanzioni, i 117 milioni da pagare erano “argent de poche”.
Senza contare che ogni santo giorno noi europei, Italia e Germania in testa, alimentiamo i conti dello “zar Vladimir” con un fiume di euro per pagare quel gas e quel petrolio che ci consentono di far funzionare le nostre economie, e di non stare al freddo.
In definitiva io penso che, nonostante gli allarmi del mondo finanziario occidentale, sebbene il debito russo sia consistente (ma come visto non devastante) un eventuale default probabilmente non sarebbe sufficiente a causare un problema sistemico ai mercati finanziari.
Sembrerebbe pensarla come me anche l’Amministratore Delegato del Fondo monetario internazionale Kristalina Georgieva, che ha affermato lo scorso fine settimana che l’esposizione delle banche “non è rilevante dal punto di vista sistemico”.
E ci mancherebbe che un mondo che siede su un debito complessivo pari a tre volte l’intero Pil planetario, crollasse per 150 miliardi di debito russo!
Non facciamo ridere!
Il problema è che Banche, Finanza, e società commerciali, comprensibilmente non intendono subire perdite, ma devono realizzare che a questo mondo ci sono anche i “cigni neri”.
Concludendo, senza dubbio l’Occidente ha nelle sanzioni l’arma principale per indurre Putin a più miti consigli.
Ma il mondo non è più quello del 1998, e la Russia è adesso molto integrata nei mercati mondiali, a partire da quello dell’energia, per cui quando si impongono le sanzioni va messo in conto che le stesse possono avere costi proibitivi anche per chi le impone.
E di conseguenza anche l’eventuale default delle Russia avrebbe dei costi anche per noi.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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