17 Ottobre 2021 - 10.08

Che idea: far pagare il canone Rai anche a chi ha smartphone o tablet?

A dire la verità la notizia non ha avuto grande eco sulla stampa nazionale, forse distratta dal Green Pass, ma da qualche giorno molti siti ne parlano parecchio.
A cosa mi riferisco?
Ad una recente audizione (12 ottobre) di fronte alla Commissione Parlamentare per l’Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi ( ex Vigilanza Rai) dell’Amministratore delegato della Tv pubblica, Carlo Fuortes, in cui ha sostenuto che il canone Rai è “incongruo” rispetto alle necessità della Tv pubblica, che negli ultimi anni ha visto una diminuzione costante delle entrate, fino a un sostanziale dimezzamento, con un crollo pari a 700 milioni di euro dal 2008 al 2020, in un momento in cui “gli investimenti pubblicitari si stanno rimodulando con forme innovative.
In altri termini l ’AD di RAI imputa la responsabilità di questa perdita in gran parte alla diminuzione dei ricavi pubblicitari e commerciali, dovuti al ventaglio sempre più ampio di proposte del digitale terrestre e dei prodotti premium.
Che gli Amministratori degli Enti pubblici, o a partecipazione pubblica, siano soliti lamentare mancanza di risorse è una cosa piuttosto comune in questo Paese, in cui nessuno parla mai di tagli o ristrutturazioni, essendo abituati da sempre alla logica che Pantalone si può comunque spremere un po’ di più.
Fuortes ha anche colto l’occasione per proporre la sua ricetta; “quattro modeste proposte – così le ha definite durante il suo intervento – per invertire le dinamiche economiche, e tentare di avvicinarsi alle best practice europee.
Ma in cosa consistono queste proposte?
La prima nel “riconoscimento integrale alla Rai delle risorse del canone, eliminando le attuali trattenute da 110 milioni, e finanziando così il fondo per il pluralismo con altre risorse” (non tutti sanno che una parte del canone Rai viene destinato agli aiuti alla carta stampata).
L’Ad propone poi la cancellazione della tassa sulla concessione sul canone ordinario, e l’aumento dell’attuale limite di affollamento pubblicitario per singola fascia, ora fissato all’8%.
Ma il vero clou, oserei dire l’apoteosi della spudoratezza, si raggiunge con la proposta di ampliamento del perimetro di applicazione del canone ai device multimediali, quindi prevedendo che debba essere pagato anche da chi non possiede una tv, ma utilizza smartphone e tablet.
Avete capito bene? Roba da non credere!
Roba da premio Nobel per le facce di bronzo!
Sembra impossibile ma lo Stato riesce sempre a trovare manager che invece di risanare le aziende non sanno dire altro che “datemi più soldi”!
Quello che colpisce è l’assenza totale di una serie analisi delle motivazioni per cui la Rai perde ricavi pubblicitari e commerciali, se non una generica imputazione “alle decisioni legislative e all’evoluzione tecnologica, quindi il digitale terrestre e il grande mercato televisivo dei prodotti premium” (sic!).
Non c’è dubbio che il mercato televisivo e multimediale in generale sia profondamente cambiato dai tempi in cui la Rai era di fatto il monopolista dell’etere. Le reti sono cresciute a dismisura, ed internet ha cambiato il mondo.
Ma come succede nel Belpaese, ed in particolare nel comparto pubblico, la regola sembra quella del “rifiuto della realtà”, perchè accettare che le condizioni di mercato siano mutate significherebbe mettere le mani su assetti consolidati nei decenni, fra l’altro benedetti dalla politica.
Tanto per fare un solo esempio, quando in un Tg delle reti Madiaset propongono un servizio dall’estero, o anche dall’interno, il corrispondente è lo stesso sia per canale 5, Rete 4 e Italia 1.
In Rai invece ogni canale ha la sua struttura differenziata, e quindi lo stesso avvenimento viene commentato da tre diversi inviati; uno per Rai1, uno per Rai2, ed uno per Rai3. Per non parlare delle sedi Rai regionali.
E’ chiaro che una simile struttura organizzativa elefantiaca moltiplica enormemente i costi, ma nessuno vuole mettere in discussione una tripartizione che risale ai tempi in cui il primo canale era della DC, il secondo del Psi, ed i terzo del Pci.
Questi tre partiti di riferimento sono spariti da decenni, ma in Rai nulla è cambiato, ed in nome del cosiddetto “servizio pubblico” si continua a tenere in piedi un “carrozzone” dai costi proibitivi.
Eppure i Partiti attuali sembrano aver capito che il ruolo della Rai non è più quello di un tempo, visto che, ad esempio, dirottano la pubblicità elettorale sui siti internet.
Nonostante tutto nulla si muove in Viale Mazzini a Roma, perchè la logica imperante è la stessa di Alitalia, cioè di scaricare i costi delle inefficienze e dell’incapacità di stare sul mercato sempre sulle spalle dei contribuenti.
E in quest’ottica cosa c’è di meglio di immaginare di estendere il canone agli smartphone ed ai tablet? Giustificandola con il fatto che questi device consentono la visione dei programmi televisivi via Internet.
Ma possibile che nessuno si chieda il perchè del calo delle entrate pubblicitarie, che è diretta conseguenza del calo degli ascolti?
Nessuno si chiede perchè i programmi Rai non sono più attrattivi per il pubblico televisivo?
Forse perchè non sono di qualità eccelsa! In realtà il problema della qualità dei programmi si potrebbe fare un po’ per tutte le reti, ma le altre almeno non pretendono un canone.
Non so voi, ma per quanto mi riguarda se improvvisamente sparissero i canali Rai per me non cambierebbe niente.
Passano mesi senza che mi capiti di fare zapping su Rai1, Rai 2, o Rai 3, per l’informazione mi rivolgo a La7, e l’intrattenimento lo trovo su canali on demand tipo Netflix o Now.
La verità è che la Rai è l’emblema di un sistema vecchio che non funziona più.
Sono decenni che si parla di riforma del sistema radiotelevisivo, ed il mio pensiero personale è che la Rai andrebbe privatizzata (almeno due canali), ed il canone andrebbe eventualmente assegnato a qualunque Rete faccia progetti che abbiano un valore di servizio pubblico.
Io credo che la proposta di Fuortes rimarrà tale, a fra qualche giorno non se ne parlerà più.
Perchè nessun Partito a mio avviso può permettersi di sostenere e di portare avanti questa “genialata”.
Già il canone Rai è mal sopportano dai cittadini, che lo percepiscono come un sopruso.
Immaginatevi come verrebbe accolta una tassa sullo smartphone o sul tablet!

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

Potrebbe interessarti anche:

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
CAPITALE CULTURA
UNICHIMICA