12 Febbraio 2022 - 23.00

Buongiorno Vicenza: con Draghi la nuova grammatica della politica con effetti anche a Vicenza

“Un lavoro me lo trovo da solo”. È senza dubbio quella di Mario Draghi la miglior uscita di questo tempo ingrato che ci costringe ad assistere ad una politica che da teatrino – come lo definì Silvio Berlusconi – sembra ormai declassata a circo di quart’ordine. Ieri il Premier, con una sintesi di straordinaria efficacia, ha liquidato in modo inappellabile i maldestri tentativi della nuova politica di provare a gestirlo. È la replica a chi lo vedeva come leader dell’aggregazione dell’area moderata, ma anche a chi lo candiderebbe già a commissario europeo. Lui risponde così e manda un messaggio ai naviganti che probabilmente comprenderanno tra qualche decennio quando – forse – si rileggeranno la storia di questi anni.
In primo luogo Supermario dichiara che il suo civil servant finirà con la legislatura, mettendo in atto il metodo inaugurato, a nostro avviso inconsapevolmente, da Sergio Mattarella, la tecnica della poltrona vuota.
Finisce il mandato e poi la politica si sceglierà il prossimo leader, se – come è quasi certo – la politica non saprà trovare l’accordo sul Premier finirà come con Mattarella, andranno a chiedergli in ginocchio di restare “per il bene del Paese”. Considerato che il bene del Paese sarebbe di interrompere la congiura dei peggiori che ostacolano il lavoro dei migliori, e quindi un salutare rinnovamento della classe dirigente, che a questo punto non è anagrafico o generazionale, ma di qualità della classe dirigente. Non ci importa che siano quarantenni, cinquantenni o ottantenni, basta che siano bravi ed abbiano un senso dello Stato più sviluppato del senso della poltrona e della rendita di posizione.
Ma non succederà e, probabilmente, dalle urne del 2023 uscirà un Parlamento anche peggiore di questo perché la sopravvivenza dei peggiori è uno dei mali incurabili dell’Italia. Non ne usciremo se non con il peggio di quello che già abbiamo. Non ci riferiamo alle eccezioni perché sono talmente eccezionali da risultare ininfluenti.

Allora, al di là dei ridicoli outing di alcuni leader e del voyeurismo di un certo tipo di giornalismo, sarà ancora Mario Draghi a dare le carte dopo le prossime elezioni politiche e sarà lui a decidere se restare o andare. Gli italiani, che vivono nella vita reale e non nella bolla di vetro del privilegio parlamentare, lo hanno già capito o, peggio ancora, se ne fregano, ma guardano a Draghi ed a Mattarella come al meglio del nostro Paese, mentre vedono agitarsi intorno a questi giganti solo nani ed ex ballerine. Ed è interessante osservare come stia cambiando la grammatica della politica, vince e si sta affermando l’assenza e viene drammaticamente sconfitta la presenza, cioè il contrario di quello che i leader fanno oggi con l’ossessione dei social. Mattarella prima, e Draghi ora stanno trasformando i paradigmi dall’alto della serietà e della competenza, e dell’autorevolezza che ne consegue. Tre dettagli che erano stati spazzati via dalle battute di Twitter e dai video su Tik Tok, ma che di fronte alle sfide più toste diventano indispensabili per la cosiddetta ripartenza.
E l’altro messaggio che arriva dalla miglior risposta dell’anno è che Draghi dì professione non fa il politico e non ha bisogno della politica per guadagnarsi da vivere, che in un Parlamento così preoccupato per i propri vitalizi fa da solo la differenza, tanto da renderlo libero di non farsi incantare dalle sirene al ribasso della politica dei peones.

Ma tutto questo cosa c’entra con Vicenza? C’entra molto di più di quanto possa sembrare, perché è proprio a Draghi che Francesco Rucco dovrebbe ispirarsi nelle battute finali del suo mandato, che per una curiosa coincidenze della Storia, corrisponde a quello di Supermario.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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