29 Febbraio 2016 - 10.36

Unioni Civili, ennesimo esempio del cinismo politico di Renzi

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di Marco Osti

L’Italia ha finalmente una legge sulle Unioni Civili, ma quella che dovrebbe essere salutata come una conquista di civiltà del Paese, viene da molti vissuta come una beffa, per ciò che poteva essere e non è stato, cioè una norma ampia, capace di regolare anche ciò che sentenze della magistratura hanno già deciso e decideranno in merito alle adozioni dei figli di uno dei componenti di una coppia omosessuale, la cosiddetta stepchild adoption.
Il retrogusto amaro di questa storia coinvolge quindi anche il giudizio sul comportamento del premier e segretario del Pd Matteo Renzi, che rivendica il merito di avere introdotto la legge dopo decenni di attesa e però da molte parti è additato come il vero responsabile del fatto che alla fine sia uscita una norma monca.
In questa dicotomia sta molta della opacità che circonda i comportamenti su una materia che in altri Paesi è stata affrontata e normata in poco tempo e senza tensioni.
Dalla parte di Renzi c’è l’evidenza che il Pd ha proposto la legge e l’ha portata in Parlamento, l’ha sostenuta contro le varie contestazioni e ha provato a farla approvare interamente, ma si è dovuto arrendere a ottenere un risultato minore, di fronte al cambio di posizione del Movimento 5 Stelle durante l’iter di approvazione, con la decisione di votare contro il famoso maxi emendamento a migliaia di emendamenti, il famoso “canguro”, diversamente da come aveva dichiarato avrebbe fatto.
Questo cambio di linea ha reso indispensabili i voti del Nuovo Centro Destra di Alfano e dei senatori di Ala, il movimento di Denis Verdini, che oggi viene quindi visto come organico alla maggioranza, scatenando le ire della minoranza del Partito Democratico.
Le due componenti in questione hanno quindi alzato il prezzo del loro assenso facendo togliere la stepchild adoption e addirittura l’obbligo di fedeltà nei matrimoni omosessuali, con una scelta che vuole quindi relegarli a una condizione minoritaria.
Fin qui quello che sappiamo e che rende politicamente ineccepibile il comportamento di Renzi di accettare che la legge passasse ridotta nella sua portata, dal momento che, posta la sua volontà di farla approvare, ha compreso che avrebbe potuto non vedere la luce e subire addirittura l’onta di essere palesemente bocciata in aula.
Questa visione contiene però dei ma, sostenuti da più parti, prima e dopo l’approvazione della legge, alla base dei quali c’è la convinzione che il premier non volesse le adozioni nella legge, ma le ha lasciate senza mai sostenerle davvero, finché non ha colto al balzo il cambiamento di indirizzo dei grillini.
Non ci fosse stato avrebbe fatto approvare la legge completa, ma per questa opzione, secondo i critici, non si sarebbe mai speso davvero.
In primo luogo non ha mai ipotizzato di mettere la fiducia al governo sull’approvazione della legge nella sua versione integrale, mentre l’ha fatto per quella poi approvata, ma in linea generale, a supportare questa tesi, è stato il suo atteggiamento, che non è mai parso davvero convinto, come per altre leggi, su cui non avrebbe accettato compromessi, come il Jobs Act o la riforma delle banche popolari.
Del resto una legge sulle Unioni Civili in Italia andava comunque fatta, perché imposta dalla Corte Europea dei Diritti Umani, che lo scorso luglio condannò l’Italia e le impose di riconoscere i diritti alle coppie omosessuali.
Il premier e il Partito Democratico hanno il merito di avere raccolto questa sentenza, senza cercare di allungare i tempi, sapendo che era un’arma per imporre a tutti di arrivare a votarla, ma su quale tipo di legge non sono mai state effettive le forzature politiche nei confronti di quell’area cattolica che le adozioni non le ha mai volute.
Il premier può così intestarsi una nuova riforma e il merito di avere dato al Paese una legge su un tema rispetto al quale da decenni non si riusciva a trovare una maggioranza in Parlamento.
Resta però l’impressione che si potesse fare di più e che se avesse usato tutto il suo peso politico il risultato sarebbe stato un altro.
Resta la sensazione che lascia sempre Renzi di non fare mai nulla per vera e sentita convinzione e partecipazione, senza un calcolo politico o opportunistico alle spalle.
Resta la percezione di un premier mai realmente sincero e solo attento agli equilibri che servono per mantenerlo al potere e garantirgli il favore della maggioranza dell’elettorato, con scelte trasversali, che accontentano e scontentano a turno un po’ tutti, secondo una logica politica impeccabile quanto cinica.
Ė la sua storia che ci trasmette questi dubbi.
Come se una parte della nostra intelligenza e coscienza continuasse a sussurrarci che non può essere compatibile la sua partecipazione anni fa al Family Day, con la sua reale volontà di far approvare le adozioni per le coppie omosessuali o anche una legge sulle Unioni Civili, se non ci fosse stato l’obbligo imposto dalla sentenza della Corte Europea.
Come se essere in maggioranza con il Nuovo Centro Destra e aver sviluppato l’alleanza con Berlusconi attraverso il Patto del Nazareno, per poi accettare i voti di chiunque sia disponibile a mantenere la maggioranza che sostiene il Governo non sia in perfetta antitesi con le critiche che da sindaco di Firenze lanciava tutti i giorni alla nomenclatura del Pd, a Bersani quando cercava di formare il Governo e a Letta quando erano alla presidenza del Consiglio.
Come se avere dichiarato in televisione che l’eliminazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori non fosse neanche tra le richieste degli stessi industriali perché ininfluente per garantire più occupazione, sempre quando non aveva incarichi nel Pd e di Governo, e poi avere inserito questa misura nel Jobs Act, anche se non era necessaria.
Potremmo continuare, ma il risultato di ogni esempio ci porta a non essere mai certi che tutto l’operato di Renzi e le riforme compiute siano davvero utili e buone per il Paese.
E il fatto che per farle approvare sia arrivato ad allearsi con Verdini, che rappresenta la parte peggiore di una concezione priva di scrupoli politici, non fa che alimentare l’inquietudine.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
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