17 Maggio 2020 - 12.58

COVID-19- Quando Zaia lodava la sanità lombarda

Adesso che sembra, il condizionale è più che mai d’obbligo quando si parla di epidemie di origine virale, che  il Veneto stia avviandosi non ad uscire dalla crisi sanitaria, bensì dalla fase della convivenza con il Covid 19, riprendono le polemiche politiche.
Non che le stesse si siano mai fermate a livello nazionale, anzi hanno raggiunto in certi momenti toni da scontro al calor bianco, ma in Veneto non è stato così.
Finchè, parodiando la nota poesia di Arnaldo Fusinato, il “morbo infuriava”, anche se “il pan non ci mancava e sul ponte non sventolava bandiera bianca” e la figura di Luca Zaia assumeva quasi il ruolo di “conducator”, le voci dissonanti si erano sentite poco.
Con la fine della “fase acuta”, con il progressivo svuotamento delle terapie intensive, gli oppositori del Governatore hanno ripreso fiato, ed è giusto che sia così, perchè la critica è il sale delle democrazia, e deve rappresentare il giusto stimolo per chi è nella stanza dei bottoni.
Era inevitabile, vista l’attuale sensibilità sul tema dell’opinione pubblica, che la critica si concentrasse sul sistema sanitario ragionale.
E sicuramente non è un caso che a dare fuoco alle polveri sia stato Arturo Lorenzoni, l’attuale vicesindaco di Padova, che salvo sorprese dovrebbe essere il candidato delle sinistre alle prossime elezioni regionali, colui che dovrà sfidare Luca Zaia.
E qualche giorno fa, prendendo spunto dalla frase pronunciata dal Governatore, secondo cui “Se il virus perde forza potrebbe essere artificiale”,  Lorenzoni ha dichiarato: “«Ecco chi è Zaia, quello che appena possibile e per far parlare un po’ di lui inseguendo il vento se ne frega della comunità scientifica che fino a ieri lodava. Sembra tanto Trump. D’altronde sappiamo che ha protestato contro l’istituzione della zona rossa per le province di Padova, Venezia e Treviso. Quello che ha detto che le case di riposo non sono “competenza della regione” o che il virus in Veneto non attaccava perchè i veneti si lavano più dei cinesi che mangiano topi vivi. Se fosse necessario, l’uscita di oggi certifica la distanza tra la scienza e Zaia, e chiarisce una volta per tutte chi ha salvato il Veneto: i medici, gli scienziati, gli studiosi e tutto il personale sanitario. Ce l’hanno fatta nonostante Zaia”.
Un attacco in piena regola, che a mio avviso si inserisce in quelle che definirei “prove tecniche di campagna elettorale”.
E’ chiaro che anche se le elezioni si terranno in autunno bisogna cominciare a mettere “i ferri in acqua”, a farsi conoscere dagli elettori, e vista la popolarità acquisita da Zaia in virtù della gestione della crisi da Covid-19 cominciare ad attaccarlo proprio su questo tema.
Ed altri hanno seguito Lorenzoni, sostenendo la tesi che “Il modello veneto ha funzionato nonostante Zaia, non grazie a lui”.
In pratica si accusa il Governatore di prendersi i meriti dell’attuale modello sanitario del Veneto, che funzionava anche prima della pandemia, in quanto frutto di un trentennio di collaborazione affiatata di tutti i comparti del settore sanitario.  Addirittura arrivando a sostenere che Zaia questo modello stava provando a smantellarlo.
Tale tesi si sostiene partendo dal fatto che Il Veneto ha un sistema sanitario molto integrato tra ospedale e territorio, territorio inteso come distretti, dipartimenti di prevenzione e medici di medicina generale. Questa integrazione è strutturata anche con il sociale.  La riforma del 1992 prevedeva  l’aziendalizzazione e una grande riorganizzazione del sistema sanitario. Il Veneto allora decise di non seguire quella strada, tenendo gli ospedali (escluse le due cliniche universitarie di Padova e Verona) dentro le Ulss, proprio per garantire la migliore integrazione con i servizi territoriali, e scegliendo, diversamente dalla Lombardia, di avere pochi ospedali privati convenzionati.
Si deve a questa situazione “virtuosa” pregressa ad avere reso possibile una migliore gestione della crisi da parte del Veneto, il cui modello è così diventato vincente rispetto a tutte le altre “sanità regionali” italiane.   E così questa integrazione territoriale ha consentito, dopo la prima fase, ai medici di base di curare a casa molti pazienti senza scaricarli tutti sugli ospedali, e agli ospedali di gestire al meglio possibile l’assalto degli ammalati.
Queste critiche hanno poi un ulteriore corollario, e cioè che anche se ora Zaia si vanta di questo modello pubblico integrato, negli ultimi anni la Regione avrebbe cercato di smantellarlo, tagliando ospedali e posti letto, non sostituendo il personale andato in quiescenza, riducendo il numero dei primariati, depauperando i servizi di prevenzione.   Il tutto per cercare, secondo questa tesi, di seguire la Lombardia nel favorire il settore privato convenzionato.
Come sempre ogni critica ha un suo fondamento, ed in ogni caso va presa in considerazione.
Ma va evitata a mio avviso ogni impostazione di tipo ideologico.
E vanno evitate soprattutto le concezioni contrapposte secondo cui il “pubblico è sempre bello”, tipico del mondo della sinistra,  e l’altra secondo cui “il privato è meglio”.
In una società come quella attuale secondo me si tratta di categorie superate, e la dimostrazione sta nel fatto che ci sono aziende a controllo pubblico che funzionano e fanno utili (Enel, Leonardo ecc.), ed altre che fanno solo buchi (Alitalia ecc.).  Come pure ci sono aziende private che vanno bene, ad altre che falliscono.
La sanità a mio avviso non può essere equiparata ad un’azienda normale, perchè ha come mission la salute dei cittadini, e quindi non possono valere i parametri con cui si valutano le altre aziende.
E non è un caso che l’emergenza da coronavirus abbia rinfocolato lo scontro fra coloro che caldeggiano un ritorno di tutte le competenze sanitarie allo Stato centrale, e chi invece difende l’attuale struttura regionalistica, chiedendo addirittura  un ampliamento dei poteri.
Come non è un caso che sia ripartita l’eterna diatriba fra i sostenitori del sistema totalmente pubblico e quelli che invece sono per una adeguata apertura al privato.
Al di là delle differenti posizioni politico-ideologiche, sia chiaro legittime, credo  sia opportuno non inseguire modelli astratti, ma partire da quello che c’è, cercando ovviamente di migliorarlo.
E alla critica secondo cui Zaia negli ultimi anni avrebbe cercato di favorire la sanità privata, non avendo dati precisi mi limito a riportare una dichiarazione rilasciata dal Governatore all’Ansa lo scorso 27 dicembre: “I dati ufficiali dicono chiaramente che nell’ultima decina d’anni il budget e il numero di prestazioni erogate dalla sanità privata accreditata in Veneto è diminuito”  E i numeri, per Zaia, “smentiscono chi dice che abbiamo dato la sanità veneta ai privati”. Il dato di partenza è la spesa sanitaria in regione: su 8,137 miliardi del 2010 la spesa per la sanità privata era del 9% (719 milioni); nel 2018, su un budget di 8,913 mld, 634 mln sono andati al privato accreditato, pari al 7%, e una diminuzione del 12% sul 2010. Esaminando la spesa complessiva pro capite in favore delle strutture private accreditate vi sono molte Regioni in cui i valori sono “significativamente superiori a quelli del Veneto”. Secondo dati 2018, il Veneto è al decimo posto, 123 euro di spesa pro capite, dietro a regioni come Lazio, Lombardia, Campania, Puglia, Sicilia, Molise, Piemonte.
Trattandosi di una dichiarazione pubblica rilasciata ad un’Agenzia di Stampa non ho motivo di credere che contenga inesattezze.   
Ma in ogni caso a mio avviso il giusto approccio al problema sta nel fatto che la sanità privata non va demonizzata.
Io credo che fra i due mondi vadano valorizzate quelle che con termine moderno si chiamano “sinergie”, soprattutto con l’obiettivo di sgravare il “pubblico” da esami ed interventi di routine che rischiano di appesantirne la funzionalità, allungando i tempi di erogazione delle prestazioni.
E poi va salvaguardato il diritto di ciascun ammalato di potersi rivolgere ad un medico di fiducia, cosa non garantita nel pubblico.
Concludendo, non so se attaccare Luca Zaia sul tema della gestione della pandemia sia proprio una buona idea da parte degli oppositori.
Perchè il cittadino non sempre ha il tempo e la voglia di seguire i ragionamenti spesso astrusi dei politici.
Il cittadino guarda i risultati, e piaccia o non piaccia il modello sanitario veneto ha retto all’urto del Covid 19, e si è imposto se non come il migliore, almeno fra i migliori a livello nazionale.
E probabilmente il merito di Zaia, che come tutti i politici all’inizio della pandemia era “in bambola”, è stato quello di aver saputo mettere in campo i migliori specialisti disponibili in Veneto, seguendone le indicazioni anche quando le stesse non erano in linea con quelle che arrivavano dal Comitato Scientifico romano.
Ha avuto fortuna?
Può essere, ma nella vita ed in politica serve anche quella.
Di tutto il resto sentiremo ancora parlare molto nei prossimi mesi, quando saremo nel vivo della campagna elettorale.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
UNICHIMICA

Potrebbe interessarti anche:

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
duepunti
CAPITALE CULTURA
UNICHIMICA