2 Ottobre 2018 - 10.47

BUONGIORNO VICENZA: L’ultima spiaggetta

C’è una discussione che attraversa le cronache di questi giorni a Palazzo Trissino e che occupa il confronto dentro e fuori la maggioranza di governo. Non la visione del futuro sulla città, non il grande tema dell’Alta Velocità, non il Parco della Pace – scomparso dalle mappe della politica cittadina -, non il Fondo Immobiliare, non gli assetti della Camera di Commercio o del ruolo di Vicenza in IEG, non le aggregazioni delle multiutility o il futuro di AIM.
La Spiaggetta di San Biagio e la stradina di Cicero.
E il livello del dibattito è tutto nell’uso dei diminutivi che danno la cifra del confronto.
Da una parte e dall’altra.
Per il Centrosinistra è una questione di principio perché l’Ultima Spiaggia di Vicenza, versione paesana di quella ben più glamour di Capalbio, buon ritiro della sinistra in cachemire, fu pensata e realizzata nel corso dell’Amministrazione Variati e rappresenta uno dei simboli dell’epoca insieme alla Terrazza della Basilica.
Una buona idea che ha funzionato e che piace un po’ a tutti, ma non va sottovalutato il bisogno di simboli della politica nel percepito degli addetti ai lavori. La Spiaggetta è una delle icone del Centrosinistra che a Vicenza vince e governa. Le nostalgie per un’epoca passata rimangono e assumono i contorni della voglia di tornare.
Sul fronte opposto il detonatore è, as usual, il vulcanico Claudio Cicero che spariglia le timidezze dei colleghi e vuole andare subito al sodo lanciando la sua proposta senza perdere tempo in lunghe e infruttuose discussioni. Il sindaco, che non vuole fratture dentro al suo gruppo, prova a mediare ma non si straccia le vesti né per il salvataggio della Spiaggetta né per la proposta di rottura di Cicero.
Detto che stiamo parlando di un dibattito che non appassiona noi, e probabilmente neppure la città, sarebbe il caso di riportare il confronto, anche faticoso, sui grandi temi che interessano tutti e che danno la cifra politica del nuovo corso inaugurato a giugno. C’è solo l’imbarazzo della scelta, ma trascorsi i 100 giorni è arrivato il momento di immaginare il futuro e, magari, iniziare a pianificarlo.
Per salvarci dal rischio di una politica fatta di diminutivi.

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